Società

C’era una volta il matrimonio

di Silvio Longobardi

Vi sono quelli che vorrebbero scrivere un libro con questo titolo, quelli che sperano di porre fine a una forma di vita che da sempre accompagna la storia dell’umanità, quelli che propagandano le unioni civili come il modello più adeguato in una società dove tutto è segnato dalla precarietà.

Vogliono dare la definitiva spallata al patto nuziale del tutto anacronistico nel tempo della modernità liquida, come dice il sociologo Bauman, in cui non ci sono valori immutabili che valgono per tutti e per sempre. L’unica legge che resiste e che anzi sempre più s’impone è quella della provvisorietà.

Quarant’anni fa il referendum sul divorzio ha aperto la stagione dell’amore debole dando spago ad una cultura in cui ciascuno insegue soltanto il proprio diritto alla felicità, mettendo tutto il resto, e tutti gli altri, in secondo piano. È la vittoria dell’individualismo. In quegli anni nessuno avrebbe immaginato l’attuale deriva, al contrario chi lottava per il divorzio riconosceva il valore del matrimonio e voleva permettere agli sposi separati di ricostruire un altro nucleo familiare, perfettamente legittimato sul piano giuridico. Ma la storia non segue le nostre intenzioni. Chi semina vento raccoglie tempesta, dice la Scrittura. La nostra generazione non si riconosce più in questa cultura, vede il divorzio come fumo negli occhi, meglio puntare sulla convivenza riconosciuta per legge, che conserva tutti i diritti e libera da tutti i doveri. La convivenza, dicono i figli della stagione liquida, risolve alla radice tutti i problemi, lasciando gli avvocati a bocca asciutta.

Il matrimonio c’è ancora oggi, anzi, nonostante la crisi e l’aumento delle separazioni, per i giovani rimane un sogno a cui affidano una speranza di felicità. È vero, aumentano le coppie che scelgono di vivere insieme senza dare al loro patto un sigillo, hanno paura di dire per sempre. Eppure la grande maggioranza dei giovani in Italia mostra di avere ancora fiducia nel matrimonio e vogliono essere aiutati a realizzare il loro sogno.

Come le lancette dell’orologio, il tema delle unioni civili ritorna con periodica puntualità. Anche Matteo Renzi scommette su questo tema, anzi lo presenta come uno dei pilastri di quella radicale riforma della società che promette di fare. Perché invece non partire dalla famiglia? Perché non aiutare i giovani che intendono sposarsi ad ottenere particolari agevolazioni per la casa? Perché non offrire alle coppie supporti e sussidi per favorire un intreccio fecondo tra vita familiare e attività lavorativa? Perché non prevedere finanziamenti per gli asili nido evitando che questa spesa diventi una tegola sul già traballante bilancio familiare? Questo dovrebbe fare la politica, cose concrete che servono a tutti. In un’intervista molto confidenziale Zygmunt Bauman parla della sua avventura nuziale e rivela di aver fatto la proposta di matrimonio nove giorni dopo il primo incontro con Janina. “Un amore a prima vista”, dice. E aggiunge: “Ma c’è voluto molto di più per far durare il nostro amore, e farlo crescere, per 62 anni”. Un tempo non privo di crisi ma: “fin dall’inizio abbiamo deciso che lo stare insieme, anche se difficile, è incomparabilmente meglio della sua alternativa. Una volta presa questa decisione, si guarda anche alla più terribile crisi coniugale come a una sfida da affrontare”. Una vicenda d’altri tempi ma capace di insegnare molto ai giovani che vogliono dare una casa al desiderio di felicità.




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