l'opera

Il primo atto d’amore

di Francesca Desiderio

Jan van Eyck, “Annunciazione”

Biografia 

Jan van Eyck (Maaseik, 1390 circa – Bruges, giugno 1441) è stato un pittore fiammingo. Fu un artista di fama internazionale, si formò nel campo della miniatura, dalla quale imparò l’amore per i dettagli minuti e per la tecnica raffinata, che si riflesse anche nelle opere pittoriche. La sua arte ebbe una portata rivoluzionaria, per van Eyck la pittura doveva superare le convenzioni e le pesantezze del tardogotico in nome di una concezione quanto più naturalistica e vera della realtà.

Descrizione 
L’opera, che traduce in immagini il racconto del Vangelo di Luca (1,26-38), è ritenuto un vero e proprio capolavoro. La scena, molto diversa dalle altre “Annunciazioni” è nobile ed elegante, in pieno stile fiammingo, ed è qui ambientata nella navata di una chiesa di stile Gotico. L’artista in quest’opera da il meglio di se, diventa il tramite, della bellezza che nasce dalla fede ed è capace, a sua volta, di portarci a Dio. Egli non solo dispone tre vetrate luminose dietro la testa della Vergine per alludere alla Trinità, ma lascia chiaramente capire che il fiotto di luce che irrompe da una finestra e colpisce l’Annunciata è un segno di elezione spirituale di diretta emanazione divina: è composto da sette raggi, sette sottili linee dorate, metafora dei Sette Doni, sul più lungo dei quali scorre come su di una rotaia la simbolica colomba dello Spirito Santo. Tra i due protagonisti è in corso un dialogo che, come nella tradizione trecentesca, è espresso tramite lettere dorate che escono dalla loro bocca: “AVE GRATIA PLENA” (Ti saluto, o piena di grazia); “ECCE ANCILLA DOMINI” (Eccomi, sono la serva del Signore). L’iscrizione con la frase, che esce dalla bocca della Madonna, è scritta da destra verso sinistra, perché è rivolta all’Arcangelo.

Piccoli particolari … 
Dio Padre è raffigurato sotto forma di vetrata policroma sul fondo della chiesa; ai lati della vetrata istoriata si trovano, nella penombra, due raffigurazioni: Mosè trovato dalla figlia del faraone e Mosè che riceve i Dieci comandamenti. Nessuna delle due figure ha l’aureola, secondo una consuetudine iniziata nel XV secolo per dare maggiormente un senso di realismo. Le figure di Maria e dell’Arcangelo sono dipinte con un’estrema ricchezza cromatica, con panneggi voluminosi e pesanti, che accrescono il senso d’imponenza e maestosità; in particolare la veste dell’angelo è un capolavoro di virtuosismo, con la decorazione del broccato che varia al piegarsi delle increspature e alla diversa illuminazione. Nel pavimento istoriato si riconoscono scene con le Storie dell’Antico Testamento in cui si manifesta la potenza di Dio, come: “Davide che uccide Golia” e “Sansone che distrugge il tempio dei Filistei”. Come tipico delle opere fiamminghe la linea dell’orizzonte è piuttosto alta, e dà l’impressione allo spettatore di trovarsi dentro il dipinto, come se ne fosse “avvolto”. Tra gli oggetti simbolici si trovano i classici attributi dei gigli (purezza) e del libro (avverarsi delle Sacre Scritture).




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