Affido

Minori da proteggere: #5buoneragioni

di Silvia Sanchini

Davanti a ripetuti e sistematici attacchi, accuse, messe in discussione di qualcosa in cui crediamo e che ci riguarda è possibile assumere un duplice atteggiamento. Ci si può chiudere a riccio, difendersi, arroccarsi sulle proprie posizioni perché ci si sente sotto assedio, a volte arrivando addirittura a tentare di distruggere l’avversario ripagandolo con la sua stessa moneta. Oppure si può scegliere l’atteggiamento opposto. Non distruggere ma piuttosto, come nelle parole di una bellissima canzone di Niccolò Fabi, “silenziosamente costruire”: cercare di fare verità, esporsi, mettersi in gioco.

Non è la prima volta che il sistema di presa in carico dei minorenni “fuori famiglia” (giustizia minorile, servizi sociali, comunità di accoglienza) viene messo sotto accusa.

E questo può essere finanche considerato un bene, se serve ad aumentare il livello di attenzione e a garantire ulteriori forme di tutela nei confronti dei bambini e dei ragazzi. Perché quando si ha a che fare con l’infanzia e l’adolescenza tanti sono anche i pericoli.

Ma distruggere indiscriminatamente, con facili generalizzazioni, il lavoro delicatissimo che ogni giorno viene svolto dagli operatori dei servizi competenti e dalle istituzioni per garantire protezione a minorenni che vivono situazioni difficili, penso non sia utile a nessuno.

Non è utile alle famiglie che avranno così sempre più paura di chiedere aiuto e sostegno ai servizi sociali, immaginandoli come “ladri di bambini”.

Non è utile ai ragazzi che rischiano di sentirsi sempre più marginali, diversi, stigmatizzati solo perché vivono una condizione diversa dalla maggioranza dei loro coetanei e difficile, quasi sempre non dipendente da loro.

 

Un mondo complesso: i numeri. La realtà dell’accoglienza dei minorenni che vivono per un periodo della loro infanzia e adolescenza “fuori famiglia” (in comunità, casa-accoglienza, affido) è un mondo complesso.

Dal punto di vista numerico parliamo di 28.449 bambini e ragazzi (dati al 31/12/2012) di cui 14.255 accolti in una comunità residenziale e i restanti in affido. In particolare 6.671 sono in affido a famiglie della propria rete familiare. I ragazzi in comunità sono prevalentemente pre-adolescenti e adolescenti, con una significativa presenza anche di minorenni stranieri. Una conseguenza dell’alto numero di minori stranieri non accompagnati che raggiungono l’Italia e con una quota di 2.039 ragazzi inseriti in comunità per procedimento penale.

Il 26% dei ragazzi viene allontanato dalla famiglia di origine con una misura di “protezione urgente” per maltrattamento conclamato, abbandono o altre ragioni particolarmente gravi e impellenti (Terre des Hommes).

Si evince anche solo da questi dati la grande complessità e varietà delle situazioni prese in carico, per questo risposte semplicistiche e valide a priori non esistono.

Invidio chi con granitica sicurezza ha la convinzione di sapere sempre cosa sia meglio, io preferisco sospendere il giudizio, valutare le situazioni nella loro complessità partendo da un’unica certezza: al primo posto dev’esserci sempre e soltanto il superiore interesse di chi è più piccolo e più fragile.

Costruendo quindi opportunità, invece che creare steccati.

 

#5buoneragioni. Con questa volontà di fare chiarezza e raccontarsi, non tanto per difendersi in maniera autoreferenziale e aprioristica, è nato anche il Manifesto e la conseguente campagna: “#5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti”. L’idea di fondo era che fosse giunto finalmente il momento di raccontarsi, invece di “essere raccontati”, di far conoscere i volti, le esperienze e i numeri che riguardano un lavoro difficile e appassionante: quello di aiutare un bambino, una ragazza, i loro genitori, a “ripartire”, a ricostruire la propria vita dopo una vicenda difficile e, a volte, drammatica. A partire dall’esperienza concreta degli operatori del settore ma anche degli stessi ragazzi e ragazze e delle famiglie coinvolte nei percorsi di tutela.

Non per negare i problemi o nasconderli, anzi. Ma a partire proprio dal riconoscimento di una fatica e di una complessità, per raccontare buone prassi alla luce dei dati e delle storie più significative, e per formulare proposte in un’ottica costruttiva e trasparente. Condannando le cose che vanno male (a partire dalle politiche e dai finanziamenti a sostegno della famiglia, sempre più miseri e assenti nel nostro Paese) ma raccontando anche quanto di buono esiste e può essere valorizzato.

Il Manifesto, che è stato lanciato ufficialmente lo scorso 17 luglio a Roma in Parlamento, è poi stato presentato in diverse città italiane: Trento, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Bari, Palermo, Ancona. Arriverà infine il 9 marzo a Firenze, all’Istituto degli Innocenti, dove i promotori (l’Associazione Agevolando, il Cismai, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, il Coordinamento Nazionale Comunità per Minori, Progetto Famiglia, Sos Villaggi dei Bambini) presenteranno anche 5 buone proposte per migliorare il sistema di presa in carico dei minorenni fuori famiglia.

Chiaramente si tratta di un percorso solo agli inizi. Molto ancora dev’essere fatto per garantire davvero i diritti dei bambini e dei ragazzi. E sul riconoscimento di questi diritti, più che su ogni altra forma di rivendicazione o protesta, credo che dovremmo confrontarci. A partire dal diritto di bambini e ragazzi ad essere ascoltati in ogni aspetto e in ogni scelta che li coinvolge. Il diritto ad essere protetti, laddove la loro sicurezza e il loro benessere possono essere messi in pericolo. Perché purtroppo, per quanto si tratti di un pensiero sgradevole e politicamente scorretto, i dati parlano chiaro: il 90% dei reati contro i minorenni avviene tra le mura di casa, in famiglia. Il diritto ad essere riconosciuti ed accolti nella propria sofferenza e con il proprio dolore. Il diritto ad un progetto personalizzato, il più possibile rispondente ai reali bisogni di ciascuno. Ma anche, e soprattutto, il diritto al futuro. Ad un futuro sereno, possibile, in cui realizzarsi pienamente. E questo è compito e dovere di tutti.

 




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