Madri e padri

Educare a due voci

di Giovanna Pauciulo

Alleati l’uno per l’altro nella sfida educativa: è lo statuto dei genitori, complici nella missione genitoriale: il marito aiuta la moglie ad essere madre; la moglie aiuta il marito ad essere padre. Come valorizzare e armonizzare le differenze.

Alleati l’uno per l’altro nella sfida educativa: è lo statuto dei genitori, complici e uniti nella missione genitoriale: il marito aiuta la moglie ad essere madre; la moglie aiuta il marito ad essere padre.

Un uomo che si trasforma in padre, però, segue un processo differente rispetto alla donna che diventa madre.

La madre fa “nascere” il padre.Come parte della psicoanalisi contemporanea ha dimostrato, è la madre in primo luogo che fa “nascere” il padre: perché un uomo diventi padre, non basta la nascita/esistenza del figlio, occorre che la madre l’abbia nella sua mente e nel suo cuore, e compia il gesto-Annunciazione (ripetuto nel tempo) di indicarlo come tale e continui a nutrire nella mente del figlio la fiducia in quell’uomo. Occorre da parte della madre la formazione e la cura di un’immagine sufficientemente buona del padre, anche quando è assente. La madre è infatti al principio del riconoscimento del padre da parte della creatura. Dice Françoise Dolto (1996) – confermando Winnicott – nel riconoscere al padre, all’inizio della vita, il ruolo di compagno sensibile e valido collaboratore della madre: «È sentito padre, dal bambino piccolo, l’uomo che rende più felice la mamma. Non ogni genitore è padre. Lo è l’uomo che dà più sicurezza alla mamma, sia quando è presente, sia quando non lo è. E il posto del padre è quello del terzo, l’eletto (designato dalla madre), che modifica la presenza della madre per mezzo di un’energia visibilmente aggiuntiva, che intensifica la sicurezza data dalla madre».

Per questo motivo falliscono la relazione genitoriale quei padri che, in una situazione di crisi di coppia, assolutizzano il proprio rapporto con i figli in chiave di rivalsa, escludendo la madre e negando ogni legame tra il bambino e la donna che l’ha messo al mondo. Certo vale anche l’inverso: troppe donne ancora, quando si allontanano dal proprio partner, annullano il posto del padre, sottraendo ai figli un riferimento importante e la possibilità di elaborare positivamente la nuova situazione. Ma il legame con l’origine – la madre – è fondante e resta incommensurabile, anche nei casi in cui il padre si trova a sostituire in tutto e per tutto la madre.

“Nessuno può essere genitore da solo”.Vi sono atteggiamenti che appartengono all’uno piuttosto che all’altro e scelte comuni che devono essere portate avanti con identica passione. È questa la strada da perseguire. Occorre dapprima segnalare le differenze e individuare quello che appartiene a ciascuno, inserendo poi ogni soggettività in una comunione che non è data dal superamento di esse ma dal loro armonico intrecciarsi. Valorizzare la soggettività nella luce della comunione e pensare alla comunione come all’incontro della diversità.

Non che sia facile. E difatti, come abbiamo già detto, è proprio questa la pietra d’inciampo. Bisogna che ciascuno prenda coscienza di avere una funzione e cerchi di svolgerla con passione senza togliere al partner il posto che gli compete. È un esercizio di presenza intelligente e umile, capace di dare tutto senza invadere l’altrui competenza e senza svuotarla di significato. In realtà l’esperienza ci dice che in molte famiglie la genitorialità s’identifica con il ruolo materno. Contro questa situazione i coniugi Gillini, psicoterapeuti della famiglia, affermano: «Nessuno può essere genitore da solo». La madre non deve istruire il marito sul modo in cui deve comportarsi, compirebbe «un furto e un autoinganno».

La comunione è difficile, non basta un vago desiderio che s’infrange immediatamente sui primi scogli, occorre un desiderio paziente e tenace e soprattutto una certezza: che l’altro abbia davvero qualcosa da dire e da dare. Sarebbe bello, scrivono ancora i Gillini, che una madre possa dire: «Desidero avere un figlio da te», cioè un figlio che «non solo abbia le tue mani o i tuoi occhi, ma che tu, proprio tu, lo conduca per le strade della vita, insieme a me: con i tuoi modi, necessariamente diversi dai miei». Questa consapevolezza non si raggiunge senza fatica. Tante volte occorre armarsi di prudenza e frenare l’istintiva invadenza, anche quando sembra dettata dalla necessità. Ciascuno dei genitori deve fare la sua parte senza sostituirsi e senza confondersi a quello che spetta all’altro. Questo atteggiamento favorisce l’unità coniugale e arricchisce il compito educativo. Non si tratta tanto di prevedere una rigorosa ripartizione dei compiti e delle funzioni, quanto di vivere tutto nel segno della condivisione che permette a ciascuno di mettere il proprio timbro sulle attività comuni.

Nel segno della condivisione.La funzione paterna quindi è una funzione naturale, necessaria e irrinunciabile come quella materna e ben distinta da essa. La funzione materna è quella dell’accoglienza, del contenimento e del nutrimento, quella paterna si riferisce a quella funzione che ci consente di separarci dall’utero in cui siamo stati accolti per nove mesi, per entrare in un nuovo mondo. È la stessa funzione che poi ci consentirà di separarci dalla famiglia ed entrare nel mondo sociale.

Le funzioni materna e paterna sono presenti entrambe in ognuno di noi e sono la nostra eredità profonda: il bagaglio cromosomico che portiamo con noi dalla nostra famiglia di origine e dalla nostra storia. Pur essendo presenti in ciascuno di noi queste due funzioni, non è possibile sostituirsi all’altro. Le funzioni materne e paterne sono necessarie entrambe, ma una madre non può fungere contemporaneamente da madre e da padre. Così facendo non si aiuta il figlio a definirsi. La stessa cosa vale per i padri. Un padre che si sostituisce alla funzione della madre e fa il mammo, non può aiutare il figlio ad uscire dal mondo materno ed entrare nel sociale. Se il figlio non vive nella confusione, potrà trovare altri spazi, luoghi e riferimenti per vivere e completare le eventuali parti mancanti.




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