XI Domenica del T. O. – B

La famiglia dove i piccoli gesti costruiscono l’amore

Gesù

di fra Vincenzo Ippolito

La famiglia è il luogo naturale dove Gesù è al centro e sprigiona dal suo Cuore la forza dell’amore. Quando tra marito e moglie si cerca Gesù, si legge la sua Parola, si ricerca la sua volontà, Cristo instaura il suo Regno. Ogni famiglia è il Regno di Dio quando quando regna sovrana non la propria volontà, ma quella del Padre.

Vangelo (Mc 4, 26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.


 

Il brano evangelico della Liturgia odierna – riprendiamo oggi con il Tempo Ordinario la lettura continua del secondo Vangelo nelle domeniche – è tratto dalla prima sezione del Vangelo secondo Marco (1,14-7,23), dedicato al ministero di Gesù in Galilea. Incastonato in un capitolo, il quarto, tutto dedicato al genere parabolico, la narrazione ci offre rilevanti spunti sulla potenza della Parola di Dio nella vita cristiana e su come il Regno del Padre cresce, in maniera silenziosa e nascosta, fruttificando secondo la grazia del Signore.

“Il Regno di Dio”, cuore della predicazione di Gesù

Il ministero pubblico di Gesù inizia con la predicazione della presenza di Dio nella storia – “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino” (Mc 1,15a) – e determina nell’uomo la necessità impellente di intraprendere un serio cammino di conversione e di accoglienza del Vangelo – “convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15b) – per sperimentare la salvezza che viene da Dio. Su questi due temi – Regno di Dio e conversione al Vangelo – sembra svilupparsi la predicazione che san Marco indirizza alla sua comunità perché, approfondendo l’annuncio programmatico del Maestro (cf. Mc 1,15), prenda consapevolezza della presenza sua nella storia, senza scoraggiarsi quando la dinamica di morte e di resurrezione del Signore si perpetua nella loro vita.

In questa luce le parabole che Gesù rivolge alle folle nel suo insegnamento (cf. Mc 4,1) aiutano sia a comprendere il Regno di Dio e a vivere in uno stato di conversione permanente sia anche a scorgere nella storia “i segni dei tempi”, ovvero la presenza silenziosa e nascosta, vera ma non sempre evidente di Dio che ha fatto della storia il luogo del suo rivelarsi e della vita di Gesù la massima espressione della sua volontà di amore misericordioso e fedele. Il Regno di Dio è Gesù, poiché nella sua vita la signoria del Padre è totale, la sua Parola di vita trova incondizionata obbedienza, la sua volontà è accolta con gioia. Il Regno di Dio è Gesù perché il suo tempo è abitato dal desiderio di essere gradito al Padre e di rivelare agli uomini le ricchezza del suo Cuore divino. Il Regno di Dio è Gesù perché, dando a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quale che è di Dio, porta l’armonia tra gli uomini e tra gli uomini e Dio, riallacciando il dialogo tra Cielo e terra interrotto con la disobbedienza di Adamo ed Eva. Il Regno di Dio è lo spazio della libertà creaturale dell’uomo offerta alla Potenza del Dio creatore e Padre, è il paradiso dell’Eden dove l’uomo può nuovamente camminare con il suo Signore alla brezza leggera della sera, è la morte del desiderio del cuore umano di costruire una città e una torre dove non è il nome di Dio che primeggia, ma il proprio nome (cf. Gen 11,1-9), in antagonismo con quello santo del Signore che punisce i superbi, ma fa grazia agli umili. Gesù è il Regno ed invita ad entrare nel Regno, ovvero nella sua vita poiché nessuno come Lui ha vissuto la signoria del Padre e ha offerto la sua vita – la vita del Figlio di Dio fatto uomo – perché gli uomini “conoscano te l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo tuo Figlio”. I discepoli per entrare nel Regno devono attuare una conversione di mentalità e di vita che consiste nel mettere Gesù al centro, perché senza di Lui, nulla esiste di valido e di santo.

Ponendo quale filo rosso del suo Vangelo la categoria “Regno di Dio”, Marco vuole che nella sua comunità ogni impegno venga posto per divenire figli del Regno, per essere con Gesù e come Gesù, testimoni e continuatori della sua Pasqua per la vita del mondo.

La famiglia è il luogo naturale dove Gesù è al centro e sprigiona dal suo Cuore la forza dell’amore che fa regnare la signoria del Padre. Quando tra marito e moglie si cerca Gesù, si legge la sua parola, si ricerca la sua volontà, Cristo istaura il suo regno e conduce i suoi discepoli a testimoniare la bellezza della sua presenza tra gli uomini. Ogni famiglia è il Regno di Dio quando Gesù ispira una vita modellata sulla sua e quando regna sovrana non la propria volontà, ma quella del Padre.

Chiediamoci: ricerchiamo tra noi il Regno di Dio? Siamo convinti che facendo spazio a Lui la nostra famiglia cresce nell’unità e nella gioia? Quale signoria si sperimenta tra le mura della nostra casa, la nostra signoria ed il desiderio nostro di primeggiare l’uno sull’altro oppure la volontà del Padre che vuole la nostra santificazione e la nostra gioia? Costruiamo il regno di Cristo tra noi convertendoci tutti al vero bene ed attuiamo un serio cammino di conversione permeante, convinti che non siamo mai arrivati sulla strada del discepolato? Nella nostra comunità parrocchiale siamo segno del Regno e aiutiamo gli altri ad entrare nella dinamica del Reno?

La forza che si sprigiona dalla Parola

Nelle sue parabole, Gesù prende immagini di vita quotidiana, situazioni che riflettono l’esistenza ordinaria dei suoi ascoltatori. Due sono i punti di riflessioni delle nostre parabole: nella prima (cf. Mc 4,,26-29) l’accento è posto sull’efficacia della Presenza del Regno, mentre nella seconda (cf. Mc 4,30-32 ) sulla sproporzione (piccolezza/grandezza) che il Regno vive nella storia.

Il seme che l’agricoltore sparge porta frutto di per sé. È vero, le cure che riceve sono importanti e creano le condizione perché la germinazione si sviluppi fino alla mietitura. Ma “dorma o vegli [l’uomo], di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27). La Parola di Dio, la grazia della presenza di Cristo nella storia non dipendono dall’uomo e dalle sue buone disposizioni, pur se importanti. La grazia ha in sé la potenza di fruttificare, di germinare e crescere; la Parola del Signore contiene le energie di una trasformazione che non si può né pensare né sognare, la forza della presenza del Redentore nella nostra vita supera le categorie umane, al pari del vino che rompe gli otri vecchi (cf. Mc 2,22). Gesù poi indica anche i tempi di questa trasformazione prodigiosa ed impensabile “Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga poi il chicco pieno nella spiga” (cf. Mc 4,28). I tempi del Regno sono di Dio come il Regno appartiene a Lui. L’uomo deve attendere i tempi stabiliti e scorgere, con lucida fede, la presenza della trasformazione che il Signore opera nel cuore dei suoi discepoli.

Questo vuol dire che nelle nostre famiglie bisogna seminare senza attendere frutti a breve termine, senza pretendere di vedere la stagione del raccolto, mai imponendo che i figli, con eguali tempi, maturino e crescano in responsabilità, aprendosi alla realizzazione e all’indipendenza. Nelle nostre famiglie la seminagione deve essere continua, seminagione di Vangelo, di valori cristiani, di esempi trainanti. Quello che si dona ai figli ha in se stesso la forza di portare frutto a suo tempo se è buon seme. La pazienza ed il rispetto dei tempi fanno poi il resto perché si realizzi la volontà del Padre sempre! È l’amore la forza che opera in noi e tra noi la trasformazione. Solo chi si lascia abitare dall’amore dell’altro, segno poi dell’amore di Dio in lui, è capace di essere con l’altro e nell’altro Regno di Dio. Solo l’amore attende i tempi e non impone stagioni.

Chiediamoci: crediamo nella potenza della Parola di Dio in noi? Spezziamo insieme il Vangelo nella nostra casa? La doniamo con convinzione ai nostri figli? La dinamica del seme come la viviamo? Il nostro amore cade nella terra del cuore dell’altro e porta frutto con gioia? Il seme deve morire per germinare: come svelgo la morte a me stesso perché la vita fiorisca nel rapporto di coppia e nella vita familiare?

Le piccole cose, pietre per grandi costruzioni

Nella seconda parabola Gesù chiarisce meglio la modalità che il Regno del Padre sperimenta nella storia. La piccolezza – quella che Francesco d’Assisi chiama povertà e minorità ed in Teresa di Lisieux è la piccolezza interiore, l’infanzia spirituale – è il segno della presenza di Dio tra noi. Il Signore, infatti, nasconde la sua onnipotenza nell’umana debolezza e nella stoltezza manifesta la sua sapienza. Il cristiano, guardando a Gesù, al mistero della sua Pasqua deve abituarsi ad entrare in questa dinamica, vivendo la sproporzione del piccolo che diviene il più grande e del nascosto nel quale Dio si manifesta agli occhi del mondo.

La dinamica delle piccole cose è il cardine della vita familiare. L’amore è fatto di piccole cose, di gesti che possono sembrare insignificanti e che invece, per chi ama, sono il segno della differenza che proprio l’amore richiede. Spesso nelle famiglie tutto è dato per scontato ed invece quando questo accade si cade nella dinamica della pretesa. È inutili voler fare cose grandi partendo in quarta perché si rischia la solitudini ed il fallimento. La nostra famiglia deve, come Gesù, fare affidamento sulla ferialità del dono e sulla fedeltà del quotidiano: questo è il segno che in noi opera la potenza del Risorto.

Ridiamo alle nostre comunità domestiche la capacità di stupirsi delle piccole cose! Gesti come regalare un fiore, scrivere un biglietto, dire grazie, donare un abbraccio rinsaldano i rapporti familiari e rendono le nostre famiglie più forti nel vivere il Vangelo e nella testimonianza del Regno. Non sono le grandi cose che cambiamo al vita, ma quelle piccole, come dire “Ti amo” alla persona che ho accanto come dono di Dio e mia carne. Se riuscissimo ad entrare nella dinamica evangelica della piccolezza, metteremmo al bando tante cose inutile e lavoreremmo con più attenzione e convinzione sui gesti che contengono in sé la forza di costruire grandi cose.

 




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