Quando la vita vince

Simone, una determinazione da cintura nera

Cintura nera

di Ida Giangrande

Diciotto anni, diplomato, cintura nera di judo. Segni particolari? Down. Quella che sto per raccontare non è la storia di una vittoria, né della rassegnazione passiva. Questa è semplicemente la storia di una famiglia speciale, che accetta di far parte di un mistero sfuggente e grandioso, quello della vita.

Lui si chiama Luigi e lei Maria, sono sposati da vent’anni ormai e ne hanno di cose da raccontare. L’album della loro vita è pieno di bellissime foto, dal giorno del matrimonio a quelle con il pancione in bella mostra esibito come un trofeo desiderato, voluto, sofferto.

Ci avevano provato tante volte ad avere un figlio e quando scoprono di essere finalmente in attesa, festeggiano la notizia con grande clamore. In seguito, qualcosa è cambiato.

Le prime ombre. L’ecografia morfologica mette in evidenza alcune anomalie. L’amniocentesi conferma che il nascituro è affetto da sindrome di Down.

Sebbene alle spalle abbiano un matrimonio celebrato con rito cattolico, sulla carta d’identità della fede, Luigi e Maria preferiscono non dichiararsi praticanti.

Non si erano mai interrogati sul valore della vita, né qualcuno aveva mai parlato loro della sua sacralità e inviolabilità. Quella dell’aborto era quindi la soluzione più naturale, la più legittima e per alcuni anche la più responsabile. Ma non è così semplice decidere di abortire.

La decisione. L’esistenza di quel bambino ancora nascosto, diventa presto motivo di divisione tra gli sposi, occasione di scontro, di litigi continui. Quella che per Maria era diversità, per Luigi era handicap. Ciò che per Maria era istinto materno, per Luigi era istinto di protezione. Ciò che per Maria era ricchezza, per Luigi povertà.

Desiderare un figlio con tutto il cuore, essere disposti a tutto pur di averlo e scoprire poi che non è come lo si immaginava: non è facile da accettare. Sembra uno scherzo del destino. Come avrebbero potuto rintracciare nel suo visino la somiglianza a mamma o a papà? Avrebbero dovuto combattere per sempre contro il pregiudizio sociale, le carenze delle istituzioni e chissà cos’altro.

La nascita. Il giorno della nascita del piccolo mette finalmente fine a tanta agitazione. Le sembianze orientali non fanno tanta paura. Simone, questo il nome scelto per il bambino, sorrideva istintivamente, come fanno tutti i neonati quando sentono la voce della mamma. Rideva, mangiava, piangeva, dormiva. Un bambino. Semplicemente. Stupefacente, come ogni bambino. Un miracolo che si ripete continuamente sotto gli occhi quasi assuefatti di un’umanità che sembra non riuscire più a interpretare la vita come un prodigio.

Anche Luigi riconosce in quella creatura così fragile e sensibile il segno visibile di una maestosa entità nascosta a cui non sa dare un nome. Però, il senso di colpa lo schiaccia mentre ha tra le braccia suo figlio. Se non fosse stato per la tempra dura di sua moglie, quell’esserino con la pelle delle gote rosa non avrebbe mai visto la luce. Eppure è così tenero seguire i suoi movimenti, così soave il profumo di pulito che la sua pelle appena nata emana.

La diversità, una ricchezza. Come le ombre oscure di un incubo che diventa realtà le prime incertezze per il futuro cominciano ad affacciarsi nella vita degli sposi, all’indomani della nascita di Simone.

La diversità emerge poco a poco durante l’inserimento scolastico, prima all’asilo e poi alle elementari.

La spontaneità dei bambini può diventare facilmente crudeltà e Simone si ritrovava spesso da solo, allontanato dal resto della classe, emarginato nei confini di un pietismo, che – senza alcuna intenzionale cattiveria – tende a ghettizzare i bambini Down. Le sofferenze non sono facili da sopportare, ma Simone è un ragazzino forte, di una tempra dura e determinata. Mostra un amore particolare per le arti marziali e per la socializzazione. Luigi e Maria lo incoraggiano e lo aiutano a realizzare la sua passione. Lo accompagnano in palestra, assistono agli allenamenti e agli esami di passaggio, esultano con lui, festeggiando ogni vittoria, consolando ogni insuccesso, insegnandogli ad incassare i colpi come un vero sportivo. Pronto a combattere e anche ad accettare la sconfitta.

Un eroe silenzioso. A lezione Simone rifiuta ogni privilegio, ogni aiuto. Si impegna a fare bene e a lavorare sodo e i risultati arrivano subito. Come una danza sui colori dell’arcobaleno, il ragazzino passa dalla cintura bianca a quella arancio – guadagnandosi anche le cinture verde, blu, viola e marrone – fino a raggiungere la tanto agognata cintura nera.

Oggi Simone è un uomo, uno dei pochi ad essere riuscito a fare della sua passione un lavoro meraviglioso. Segue una classe di 10 bambini Down, che come lui amano il judo. Per questi piccoli, Simone non è solo un maestro, ma una virtù incarnata.

Luigi e Maria lo osservano sempre con grande trepidazione, perché la sua vita, le sue scelte, il suo carattere, rappresentano una sorpresa sempre nuova e avvincente.

Ho ascoltato la loro storia e una domanda continua ad assillarmi: quanti eroi nascosti abitano il mondo? Quante esperienze straordinarie si perdono nel silenzio del tempo e della storia? Quante – come quella di Simone – diventano invece monito, esempio e guida per molte altre? E se i suoi genitori si fossero fermati a quell’amniocentesi, a quella scioccante sentenza di anormalità? Ma non così. Simone è qui, su questa terra, a raccontare la meraviglia di esistere.




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2 risposte su “Simone, una determinazione da cintura nera”

Evento indesiderato che si trasforma col tempo in VITTORIA. Assistere all’inserimento del proprio figlio nel sociale é sicuramente una soddisfazione anche personale; lo é ancora di più se quel figlio presenta diversità rispetto alla consuetudine riuscendo peraltro a raggiungere traguardi difficili anche peri cosiddetti normali; allora viene da chiedersi se l’uomo puo’ avvalersi il diritto a determinare la normalità di altro essere vivente.
Bravi e complimenti a Luigi e Maria.

Che Dio benedica Luigi, Maria e Simone. Che Dio benedica, consoli e fortifichi tutte le famiglie che hanno accettato un figlio diverso e lo amano. Che Dio ci rende tutti più cristiani.

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