Separati fedeli

Fedele al mio “per sempre”

separazione

di Mariarosaria Petti

Dall’aiuto reciproco con altri separati, nasce l’esigenza di aprire le porte a coloro che vivono il difficile epilogo coniugale. Abbiamo intervistato Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione dei separati fedeli. L’ingegnere che dal 1990 ha portato nella Chiesa e nella comunità cristiana la voce dei separati.

«Quando mi sono reso conto che il mio matrimonio era finito ho parlato con a Dio, quasi prendendolo per il bavero della giacca. Gli ho detto “Ti prometto di restare fedele al sacramento del matrimonio, ma Tu mi devi aiutare in questa scelta”. Poi ho pregato affinché tutto quello che mi stava capitando non mi allontanasse dai miei figli e non ne avessero dei danni psicologici». È così che Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione dei “Separati fedeli” si è rivolto al Signore, in seguito alla separazione dalla moglie. «Io ero un credente cittadino normale, ero un padre di famiglia. Mi occupavo del mio lavoro, non mi occupavo di associazionismo o di Chiesa, cercavo di vivere da buon cristiano, ma niente di più». Dall’aiuto reciproco con altri separati, nasce l’esigenza di aprire le porte a coloro che vivono il difficile epilogo coniugale. Abbiamo intervistato l’ingegnere che iniziando dal 1990 ha portato nella Chiesa la voce dei separati ed è stato senz’altro uno stimolo, non irrilevante, perché la Chiesa e la comunità cristiana iniziasse lentamente, inizialmente a Milano  poi in molte diocesi, ad occuparsi di separati.  

Nel 1998 nasce l’Associazione Famiglie separate cristiane. Come è nata questa idea?

Il mio impegno per i separati è iniziato nel 1990, molto in anticipo rispetto alla nascita delle varie iniziative per i separati delle diocesi italiane. Con altri separati, in quell’anno, abbiamo iniziato ad aiutarci tra di noi. Soltanto dopo esserci aiutati a vicenda, abbiamo iniziato ad aiutare gli altri. In quei primi mesi, una frase di un componente del gruppo mi ha fatto molto riflettere: «Quando mi sono sposato c’erano tre preti, quando mi sono separato ero completamente solo». Un inciso che fa comprendere come il separato si senta allontanato un po’ da tutto, anche dagli “amici del bar”. Ho pensato che l’associazione che stava nascendo – che era completamente laica – doveva da subito essere un’associazione cattolica di separati. Nel 1995 in un colloquio in Curia a Milano il “Moderatore Curiae” non ha manifestato una particolare adesione a quello che pensavo di creare, ma mi ha lasciato molto libero di fare. Ho iniziato a creare una piccola rete di persone addentro al mondo cattolico che mi consigliassero come muovermi in una realtà che non conoscevo, senza fare come un elefante che si muove in un negozio di cristalleria.

C’è stato qualche incontro decisivo affinché l’associazione prendesse il largo ?

Dapprima i contatti con Francesco Belletti e Pietro Boffi del Cisf. Nel 1998 chiesi  di incontrare mons. Renzo Bonetti, (l’allora direttore dell’Ufficio di pastorale familiare della CEI, ndr). Gli telefonai, proponendogli una data in cui ero già a Roma per lavoro,ma lui mi disse subito che avrebbe avuto una settimana molto intensa, a causa di un importante convegno che si sarebbe svolto a Roma nei giorni seguenti. Insisto e ottengo la promessa di “soli cinque minuti” del suo tempo. Il colloquio con don Bonetti è durato invece due ore e, ad un certo punto del colloquio, mentre gli raccontavo il dolore della mia separazione, mi è persino parso di vedere in lui un momento di commozione. Dopo, mi propose di partecipare al convegno che iniziava il giorno dopo e che aveva come titolo “Cristo sposo della Chiesa sposa”. Accettai e subito mi affidò anche una commissione di lavoro. In ultimo, per la celebrazione eucaristica, lessi un’intenzione di preghiera per i separati e per i separati risposati tra l’incredulità di tutti. Eravamo nel 1999!

Piano piano mi sono reso conto di essere portatore di qualcosa che poteva essere utile alla Chiesa. Al convegno incontrai Mons. Fregni, responsabile della pastorale familiare della Diocesi di Bologna e relatore poco dopo in una delle sessioni di quella giornata. Parlando un momento con lui gli dico che a mio avviso il comandamento “Onora il padre e la madre” non si rivolge solo ai figli, ma si rivolge ai genitori che spesso, soprattutto – ma non solo – nella separazione, non si onorano di fronte ai figli. Si rivolge, infine, alle istituzioni, allo Stato che con la legge sulla separazione vigente allora non permetteva ai genitori di educare in due. Si rivolge infine al Magistero che fino al 1980 (Enciclica Arcanum Divinae Sapientiae) ha messo in luce la figura paterna e nello scorso secolo ha parlato e scritto molto sulla donna (Mulieris Dignitatem, Lettera alle donne, La donna angelo del focolare, La donna educatrice alla pace…). Poco dopo nella sua relazione questo teologo cita la mia riflessione. Ho intuito allora di poter essere utile non solo alle persone che aiutavo, ma anche al Magistero, nell’affrontare i problemi dei separati.

Qualche anno dopo è nata anche l’associazione dei Separati fedeli, può spiegarci la specificità di questo cammino?

Nel 1999 abbiamo lavorato insieme alla CEI per l’organizzazione del primo convegno sui separati con don Bonetti. Già nel 1998 avevamo fondato l’associazione “Famiglie separate cristiane”, l’associazione che raccoglie tutti, sia i risposati che fedeli sia persone che non si sono mai sposate. Al convegno CEI del 1999, parlo a don Bonetti, oltre che di Famiglie separate cristiane, anche di un’idea che avevo su una ipotetica associazione di “Separati fedeli”. Anche io sentivo la necessità di un gruppo che accogliesse i separati che hanno maturato la scelta della fedeltà. Nel 2001 iniziano i primi incontri dei “Separati fedeli”. Eravamo solo in tre o quattro a vederci più don Bonetti. Abbiamo iniziato così il cammino da separati che hanno fatto la scelta di restare fedeli anche laddove l’amore non è più ricambiato. Non si tratta di un percorso solo spirituale, ma di un sentiero da percorrere per portare la verità nella carità: la fedeltà è possibile anche laddove l’amore umano non è più ricambiato. Dal nostro Statuto: «Un cammino di spiritualità rivolto a persone separate o divorziate che hanno fatto una scelta di fedeltà al matrimonio-sacramento, scegliendo, con l’aiuto della Grazia divina, di vivere un amore “per sempre”, oltre la sfida del fallimento umano».

Quanto la sua esperiena personale è stata uno stimolo a guidare le due realtà associative? Come il suo vissuto ha costituito la trama su cui tessere la storia di un porto sicuro per molti separati?

Il passaggio importante è quello sotto la croce, per una persona come me che credeva nella famiglia e nella sua indissolubilità. Quando mi sono sposato ho aggiunto al testo due volte “per sempre”. Il “per sempre” per me era fondamentale. La mia esperienza è stata quella del dolore per ciò che la separazione poteva nuocere ai miei figli. Quando anni addietro ho capito che non c’era più niente da fare per il mio matrimonio, la prima cosa che ho pensato è stata: “I miei figli saranno figli di separati”.

Uno dei progetti realizzati dall’associazione è il telefono SOS separati. Avrà sicuramente ascoltato tante storie, incrociato voci ed esperienze diverse. Ne ricorda qualcuna in particolare e perché?

Grazie al telefono SOS separati, ho raccolto tra i 4 e gli 8 mila contatti, tra telefonate e colloqui di persona.

I nostri pilastri sono le tre “A”: “ascolto, accoglienza, accompagnamento. Ma delle 3 parole il più importante è l’ascolto.

Un giorno arriva una telefonata. Un uomo mi dice: «Io mi sono sposato una volta, ho avuto una figlia poi mi sono separato, senza avere problemi con alcuna delle due. Ho poi iniziato una nuova unione, e non vedo né mia moglie né mia figlia. Poi mi sono risposato civilmente, anche questa unione è finita con la separazione e ho avuto una figlia, però non la vedo da tanto tempo». Se mi fossi fermato al primo stadio d’ascolto avrei commesso un errore. Infatti, l’uomo proseguì: «Perché sono stato a lungo fuori casa». Era qualcosa in più, ma bisognava ascoltare ancora: «Perché sono stato a lungo in carcere. Ho ucciso un uomo». Questo è l’ascolto. L’ascoltare è quando uno sente per dieci volte sempre le stesse cose. Alla fine, ciascuno trova la verità dentro di sé.

L’associazione è nata e si muove particolarmente in una dimensione pastorale, con l’ascolto e la meditazione della Parola. Ma ha una proposta chiara anche a livello culturale, attraverso la promozione del valore della pari dignità educativa dei genitori. Quali sono le battaglie che state sostenendo adesso?

Abbiamo promosso un convegno con il Forum delle associazioni familiari, il cui titolo era “Educare in due, educare sempre, educare comunque”. Mi avevano obiettato la triplice ripetizione della parola “educare”. Quando l’ex coniuge non ti fa vedere i figli, si impara che nelle condizioni più avverse si può comunque educare. L’intento era quello di portare questo discorso dell’educazione sia nella famiglia separata che in quella unita, dove ci sono delle deleghe educative che fanno spavento.

Inoltre, abbiamo sostenuto la battaglia della legge sull’affido condiviso. Per un cittadino normale far passare una legge è incredibile. Un’avventura umana eccezionale.




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1 risposta su “Fedele al mio “per sempre””

Sto vivendo una separazione…nn riesco ad accettarla e a dire e’ finita che senso assume il patto matrimoniale il per sempre….vanità delle vanità nulla più solo silenzio e vuoto.questa e’ una fase iniziale…però condivido a pieno che se pur finisce il rapporto di coppia quello genitoriale resta per sempre…i figli almeno su questo devono essere garantiti …avranno per sempre una mamma e un papà che li amano da morire e che li accompagnano lungo il sentiero della vita

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