CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

“Occorre assolutamente che non perda il poco tempo che mi resta da vivere”

17 Agosto 2015

Ad un mese dalla morte, Zelia scrive a sua cognata: la donna è consapevole della sua malattia e delle poche settimane che le restano, ma non smette di confidare in Dio. Parole dense di fede e speranza, che possono illuminare coloro che vivono il tempo della croce in famiglia.

Alla cognata

15 luglio 1877

Mia cara sorella,

la sua lettera è veramente commovente, come quella di mio fratello; mio marito ne aveva le lacrime agli occhi. È pieno di ammirazione per la vostra devozione e le assicuro che mi consola grandemente, quando considero la mia partenza da questo mondo, il pensare all’aiuto che avrò in voi per le mie care figliole. Quando a venire a stabilirsi a Lisieux, mio marito non dice né sì né no: bisogna lasciare passare il tempo1. […]

Ma lei sa: «L’uomo propone e Dio dispone». Non è facile dire quello che si farà in un avvenire un po’ lontano. Come è accaduto a me che contavo, a ragione, su quella persona di Ancines. Ebbene, ho ricevuto una sua lettera giovedì. Quella povera santa donna ha, da tre mesi, un male al piede che pare pericoloso. Mi racconta le sue sofferenze, le offre tutte al Cuore di Gesù per la mia guarigione, aggiungendo che farebbe volentieri il sacrificio della propria vita per salvare la mia. Non si sente buona a nulla sulla terra e dice che sarebbe un compenso se la sua vita potesse riscattare un’altra che considera utile. Non mi ero sbagliata, è un’anima di eccezione. Le invierò dell’acqua di Lourdes e farò una novena per lei: bisogna assolutamente che il buon Dio, di noi due, ne guarisca una. Sarei quasi più contenta se fosse lei; tuttavia non ho affatto il suo disinteresse e non mi sono decisa a fare il sacrificio della mia vita per lei.

Come le ho detto, la domestica doveva andarsene il mese prossimo, ma, vedendo che io non sono più capace di nulla, vuole restare fino alla mia morte. Non posso rifiutare questo, nelle attuali circostanze, è molto devota e farà meglio che potrà; peccato che abbia a rimproverarle delle cose tanto gravi. Pretende che nessuno mi curerà come lei e lo penso anch’io.

Lei mi chiede ancora che le parli della mia malattia. Ahimè, che cosa gliene posso dire, se non che il male si aggrava di giorno in giorno? Non posso né vestirmi, né spogliarmi da sola; il braccio, dalla parte malata, rifiuta ogni servizio, ma la mano almeno mi serve ancora a tenere un ago! Di più ho un malessere generale, dei dolori agli intestini e la febbre da una quindicina di giorni; insomma, non posso restare in piedi, bisogna che stia seduta. Quanto al collo, non è guarito, ma non ho patito sofferenze così grande come quelle sentite la domenica in cui le ho scritto. Di giorno non ho quasi crisi, è solo la notte che i miei nervi si irrigidiscono ed allora mi occorrono precauzioni inaudite per cambiare posizione. Però, ho imparato il mio mestiere comincio a sapere come fare per sollevarmi: riesco così ad evitare le crisi. Da tre notti dormo abbastanza bene; le altri notti sono state pessime perché ero troppo agitata. Il fatto di non potermi muovere, mi sovreccitava di più, perciò ho deciso di uscire, tutte le sere, in giardino e di stancarmi un po’; l’esperimento è riuscito.

Lei mi dice di non perdere la fiducia: è quello che faccio. So benissimo che la Santa Vergine mi può guarire, ma non posso astenermi dal temere che non lo voglia e le dirò francamente che un miracolo mi sembra ormai molto dubbio. Ho preso la mia decisione e procuro di fare come se dovessi morire. Occorre assolutamente che non perda il poco tempo che mi resta da vivere: sono dei giorni di salvezza che non ritorneranno mai più, ne voglio approfittare. Ne avrò doppio profitto, soffrirò di meno rassegnandomi e farò una parte del mio Purgatorio sulla terra. Chieda per me, la prego, la rassegnazione e la pazienza, ne ho gran bisogno; lei sa che di pazienza non ne ho affatto.

Non speravo più questa mattina di poter venire a Lisieux, ma mi sento veramente meglio. La febbre è scomparsa e credo che potrei fare ancora una volta questo viaggio. In ogni caso, le condurranno Maria e Paolina; ci tengo assolutamente. Non posso dirle quanto tempo rimarranno: dipenderà dalle circostanze.

Vedo che la sua piccola Giovanna è sempre sofferente e da molto tempo. Io sono stata così all’età di sette anni fino agli undici o dodici. Dopo, ho avuto una grande malattia e sono guarita di tutto. Ma credo che lei guarirà più presto, perché io ero molto meno robusta ed anche molto meno curata. Ecco Leonia che vuol morire al mio posto: ha fatto tutti i giorni delle preghiere per questo, ma comincia a perdere coraggio, la malattia non viene!

Non dovevo scriverle oggi, lo faccio perché ho capito che le avrebbe fatto piacere. Devo pure scrivere a Paolina per l’ultima volta: il 1° agosto andranno a prenderla. Verserà molte lacrime, perché ama tanto la Visitazione. Temo il suo arrivo fra noi: non sarà molto felice. Vorrei che ritornasse ancora il prossimo anno, ma suo padre e soprattutto Maria non sono di questo parere; bisogna che prenda la sua parte di croci.

Non occorre, mia cara sorella, che risponda a tutte le mie lettere, le scrivo troppo spesso; risponderà alla mia prossima, che non si farà attendere. Spero di poterle dire, domenica, che il miglioramento continua.

L’abbraccio come l’amo.

Sua affezionata sorella


1Risposta ad un delicato suggerimento dei coniugi Guérin di vedere il signor Martin venire ad abitare presso di loro, a Lisieux, se gli fosse morta la moglie.




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2 risposte su ““Occorre assolutamente che non perda il poco tempo che mi resta da vivere””

Grazie don Silvio, per aver condiviso con noi questa bellissima lettera che è una grande testimonianza di fede autentica. In questo tempo di vacanza ci aiuta a comprendere che la salute è il primo grande dono per cui dobbiamo ringraziare Dio. Poterci muovere ed essere autosufficienti a noi stessi è una grazia. Zelia ci invita a non vivere con noia e superficialità il riposo estivo alla ricerca del “nulla” o di una felicità “effimera” ma di dare un senso al nostro esistere osservando la nostra vita in maniera diversa riscoprendo quei valori o quelle azioni che diamo per “scontate” e dal cui incanto troppo spesso la vita moderna ci tiene lontani. La santità è nella quotidianità e nel nostro vivere ordinario. Sagge parole da non dimenticare : «L’uomo propone e Dio dispone». Non è facile dire quello che si farà in un avvenire un po’ lontano>> .Occorre che ognuno di noi non perda il tempo che gli resti da vivere, occorre far nascere nel nostro cuore un sentimento di gratitudine, che si trasforma in preghiera. Una preghiera che aiuti a non pensare di sfuggire a noi stessi nel riposo ma che insegni ad incontrarsi con se stessi per riconciliarsi con il proprio intimo nella verità della nostra esistenza.

Grazie don Silvio, per aver condiviso con noi questa bellissima lettera che è una grande testimonianza di fede autentica. In questo tempo di vacanza ci aiuta a comprendere che la salute è il primo grande dono per cui dobbiamo ringraziare Dio. Poterci muovere ed essere autosufficienti a noi stessi è una grazia. Zelia ci invita a non vivere con noia e superficialità il riposo estivo alla ricerca del “nulla” o di una felicità “effimera” ma di dare un senso al nostro esistere osservando la nostra vita in maniera diversa riscoprendo quei valori o quelle azioni che diamo per “scontate” e dal cui incanto troppo spesso la vita moderna ci tiene lontani. La santità è nella quotidianità e nel nostro vivere ordinario. Sagge parole da non dimenticare : «L’uomo propone e Dio dispone». Non è facile dire quello che si farà in un avvenire un po’ lontano>> .Occorre che ognuno di noi non perda il tempo che gli resta da vivere, occorre far nascere nel nostro cuore un sentimento di gratitudine, che si trasforma in preghiera. Una preghiera che aiuta a non pensare di sfuggire a noi stessi nel riposo ma che insegni ad incontrarsi con se stessi per riconciliarsi con il proprio intimo nella verità della nostra esistenza.

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