Autismo

Francesco ci ha aperto la porta del suo mondo

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di Maria Grazia Lombardi (pedagogista-terapista ABA)

La malattia di un figlio spaventa e spesso rinchiude la famiglia in un hangar di solitudine. Così non è stato per il piccolo Francesco, affetto da autismo. La sua mamma Carmen lotta ogni giorno per aiutare il suo bimbo a crescere, aiutata da tre angeli. Il racconto di Maria Grazia, che da quattro anni affianca questa famiglia.

Hai aiutato mio figlio con il tuo amore: queste le parole di mamma Carmen che porto dentro di me, queste le parole che nei momenti difficili del mio lavoro mi aiutano a non mollare. Quando ripenso alla mia storia professionale, alle scelte che ho fatto, ai motivi che mi hanno spinto ad occuparmi dei bambini speciali mi viene da sorridere. Non credo di aver scelto, credo semplicemente che il piccolo Francesco abbia voluto regalarmi il suo mondo speciale, credo che abbia aperto piano piano la porticina del suo cuore e mi abbia permesso di entrare un po’ per volta. Intendiamoci, il nostro – come terapiste ABA – è un lavoro specifico, settoriale, di competenza, ma tutte queste cose da sole, non bastano, sono solo i nostri “bimbi” che possono darci il permesso di esserci nel loro mondo.

Ma andiamo con ordine. Francesco è il primo bimbo che quattro anni fa, comincio a seguire come terapista ABA.

Era una grigia mattina di ottobre, scendo di casa e mi dirigo verso casa di Francesco, dove ad attenderci, per la progettazione del suo percorso educativo, ci saranno altre due terapiste (il bambino segue una terapia di circa 40 ore settimanali alternata con tre operatrici) e la Supervisor.

Francesco aveva 3 anni e mezzo, chiudendo gli occhi rivivo la scena: un bimbo piccolo, impaurito, chiuso nel suo mondo e poi quell’attimo in cui i suoi occhi incrociano i miei, quella luce speciale. Credo che sia stato quello il momento in cui Francesco mi ha dato il permesso di esserci nella sua vita. È da quel momento che comincia la nostra storia: io, Francesco e l’autismo.

L’autismo è come una corazza che ti isola dal mondo, dalla vita, dai colori. È quella corazza a far paura, è in quella corazza che le certezze di mamma e papà all’improvviso si sgretolano. All’improvviso sì, perché nei primi due anni di vita un bambino autistico è come tutti i suoi coetanei. Poi comincia il calvario: si isola, gioca soltanto con alcuni giocattoli, passa ore a fare cose strane, allinea gli oggetti, non ti guarda negli occhi, se lo chiami non si gira, non parla più.

Le visite, gli specialisti, la diagnosi: lo smarrimento di mamma e papà, le paure, gli interrogativi, le terapie. Mamma Carmen e papà Francesco le provano tutte: ASL, psicomotricità, logopedia, ma Francesco sta sempre peggio: crisi, notti insonni, stereotipie che aumentano, le paroline che Francesco non pronuncia più: il suo mutismo. Mamma Carmen non si arrende, guarda quella corazza e cerca un modo per entrare. Legge, si documenta, conosce la terapia ABA. Ci prova e, carica di attese, contatta un istituto che, privatamente (perché questo è un altro dei paradossi dei nostri livelli istituzionali: sebbene la terapia ABA sia riconosciuta nelle Linee Guida SINPIA come terapia efficace per l’autismo, non esistono centri convenzionati in grado di garantire tale terapia), comincia a redigere un programma personalizzato per le esigenze di Francesco.

Con il supporto di mamma Carmen, che segue alla lettera le indicazioni, comincia la nostra avventura con Francesco.

Cinque, sei ore di terapia al giorno, nella sua cameretta per insegnargli tutto quello che gli altri bambini imparano da soli.

All’inizio le immagini sono il nostro mondo, quei disegni colorati che fanno sorridere Francesco, che ci guarda divertito quando pronunciamo i nomi delle cose, poi le lettere, i numeri diventano la sua passione e finalmente la sua voce che dice mamma!

Tante le difficoltà, i pianti, il suo sguardo smarrito davanti alle situazioni nuove ma altrettanta la sua voglia di farcela. Con la febbre alta, Francesco cerca le sue tre amichette per giocare: è così che definisce le sue terapiste!

Oggi Francesco frequenta il primo anno della scuola primaria: legge, scrive, sta seduto per tutte le quattro ore nel suo banchetto. È il primo della classe.

Dall’autismo purtroppo non si guarisce, la storia di Francesco però racconta di una speranza, di un piccolo miracolo: di un bimbo speciale che ci apre la porta del suo mondo, che ci fa guardare il nostro mondo con occhi diversi, insegnandoci ad amare incondizionatamente, a meravigliarci davanti alle piccole cose, ad ascoltare i silenzi smarriti, le paure non dette.

Se a Francesco abbiamo insegnato ad entrare nel nostro mondo, lui, ogni giorno ci regala la spontaneità del suo mondo, fatto di sguardi rubati, abbracci stretti, manine che si incrociano…quel mondo speciale che ogni mattina mi fa dire “amo il mio lavoro!”.




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1 risposta su “Francesco ci ha aperto la porta del suo mondo”

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