I Domenica di Quaresima – Anno C

Il Nemico fa le pentole, ma dimentica sempre i coperchi

Gesù scaccia satana

di fra Vincenzo Ippolito

Ogni divisione viene dal Maligno. Tanti silenzi tra gli sposi sono la causa della tristezza di Dio e della gioia di Satana! Un abbraccio, un bacio va offerto proprio in quei momenti perché l’amore disarma quando l’altro ti sta rifiutando, la misericordia spiazza quando è pura gratuità, il sorriso dell’amore tacita le battaglie di qualunque esercito di pensieri violenti.

Dal Vangelo secondo Luca (4,1-13)
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Con l’austero segno delle ceneri, accompagnato dalle parole “Convertiti e credi al Vangelo”, è iniziato lo scorso mercoledì, il tempo santo dei quaranta giorni – di qui il termine Quaresima – nei quali viviamo il deserto in compagnia del Signore. Digiuno, preghiera e carità sono i cardini di questo tempo liturgico che ha come meta la Pasqua di Cristo, il suo passaggio dalla morte alla vita e la pasqua di ogni suo discepolo, con il dono dello Spirito, il giorno di Pentecoste. Ardua è la strada del deserto, così come non semplice è l’itinerario interiore che è richiesto a ciascuno perché dalle ceneri dell’uomo vecchio sorga il nuovo, che si rinnova ad immagine del Signore Gesù.

Le sei domeniche – cinque di quaresima e l’ultima delle Palme – sono un cammino progressivo fino alla croce e alla resurrezione di Cristo. Oggi viviamo la prima tappa di questo itinerario. Come gli Ebrei che uscivano dall’Egitto, bastone in mano, sandali ai piedi, cintura ai fianchi, camminiamo verso la Pasqua del Signore.

Nella solitudine e nel silenzio del deserto

Ogni prima Domenica di Quaresima, nei diversi anni liturgici, è definita “delle tentazioni” perché la pagina evangelica proposta narra della lotta di Gesù contro il demonio. Si tratta di un momento chiave nella vita del Signore, tra l’evento del battesimo al Giordano e la vita pubblica, con l’inizio della sua predicazione. Luca, nostro compagno di viaggio in questo anno liturgico, disegna la scena con quel suo stile che stiamo imparando a riconoscere domenica dopo domenica.

Abbiamo in parte letto il capitolo quarto del suo Vangelo – Gesù nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,16-21) ed il rifiuto da parte dei suoi concittadini (cf. Lc 4,21-30) – e la scorsa domenica anche iniziato la lettura del quinto (cf. Lc 5,1-11). Oggi ritorniamo indietro con il brano delle tentazioni (cf. Lc 4,1-11), ma questo fatto è una grazia perché, così facendo, il quadro della nostra riflessione diviene più completo, recuperando la tessera che mancava al mosaico costruito in queste ultime domeniche sulla vicenda storica del Nazareno.

Sul finire della missione del Precursore, Gesù riceve da lui il battesimo e la grazia dello Spirito scende sopra l’umanità da Lui assunta nel grembo di Maria (cf. Lc 3,21-22). Dopo la genealogia che fa risalire Gesù direttamente ad Adamo (cf. Lc 3,23-38), l’evangelista Luca ci narra del tempo trascorso dal Signore nel deserto (cf. Lc 4,1-11). È come se l’autore volesse porre in antitesi il primo uomo, Adamo, e Gesù, il vero e nuovo Adamo, la ribellione del primo e la filiale obbedienza del secondo, mettendo il lettore in guardia nel seguire il Cristo come modello, rifuggendo l’altro.

Non ci stupiamo di notare come lo Spirito sia l’agente del tempo trascorso da Gesù nel deserto. Egli, infatti, ne sperimenta la pienezza – “Gesù, pieno di Spirito Santo”, v. 1 – la guida – “era guidato dallo Spirito nel deserto”, v. 1 – e la compagnia durante i quaranta giorni ininterrottamente trascorsi in solitudine. Luca dice che Gesù è “nello Spirito” – la traduzione CEI rende con “guidato dallo Spirito” l’originale greco – e la precisazione lucana non è superflua. Nel battesimo, il Paraclito è disceso su di Lui “in forma corporea, come colomba” (Lc 3,22) e di quell’evento, l’evangelista Giovanni aggiunge alle notizie dei Sinottici, per bocca del Precursore: “Ho visto lo Spirito discendere come colomba dal cielo e rimanere su di lui” (Gv 1,32). Gesù vive nello Spirito Santo, ovvero chi pensa, agisce, ama, parla è Gesù, il Figlio di Maria, il Verbo incarnato, ma tutto ciò che Egli opera, è compiuto nello Spirito, nell’energie che effonde, nella compagnia che dona, nell’amore del Padre che gli fa sperimentare. Questo ci porta a ripensare l’azione del Paraclito in noi. Lo Spirito non prende il nostro posto in ciò che facciamo, né ci sostituisce quando pensiamo, dirottando la nostra mente. Non siamo dei burattini nelle mani dello Spirito. Dio vuole delle persone libere, dei figli responsabili, adulti e maturi nel compiere il bene e nel costruire la propria vita su solide basi. Lo Spirito illumina la mente, donandole di vedere ciò che sfugge, apre il cuore perché la carità abbia sempre la meglio; dona energie nuove perché la debolezza non ci induca al male, ma determini sempre la ricerca sincera del bene. Il Paraclito è presenza attenta e delicata di Dio che interviene se chiamato, voce dolce percepita nel silenzio se ricercata, forza che abita la nostra esistenza se le energie umane non gli fanno guerra. Dio vuol collaborare con noi, potenziando le nostre capacità, non mortificandole, ma per far questo ha bisogno del nostro docile “Eccomi”, del nostro obbediente abbandono, della nostra fiducie filiale, del nostro amore che accoglie. Come avrebbe fatto Maria a generare il Verbo della vita senza lo Spirito? Avrebbe forse realizzato il disegno presentatole dall’Angelo se il Paraclito non l’avesse adombrata, carezzata, interiormente abitata? Lo Spirito realizza in Maria il progetto di Dio – la nascita di Gesù – partendo dalla sua umanità, perché “Colui che nascerà sarà santo e chiamato figlio di Dio”, ma il Figlio di Dio “nascerà da te” dice ancora Gabriele alla docile Fanciulla di Nazaret. Noi siamo chiamati a collaborare con lo Spirito perché Egli conosce i segreti di Dio, il suo disegno di salvezza, Egli ci può guidare alla conoscenza della verità tutta intera, Egli solo – chi confida nelle proprie forze per realizzare la salvezza propria e altrui, vive l’illusione più grande che ci possa essere, divorato dalla superbia e dalla supponenza di poter fare da solo! – può farci passare dal dire al fare, saltando quel guado che spesso è insuperabile solo a pensarlo. Lo Spirito rende possibile all’uomo ciò che l’uomo non può compiere con le sole sue forze.

C’è solo da contemplare la compagnia dello Spirito in Gesù. Cristo vive nello Spirito, ama nello Spirito, parla nello Spirito, guarda nello Spirito, cammina nello Spirito. Gesù tutto compie nello Spirito-Amore e dell’amore Egli sperimenta in sé la pienezza. Luca lo lascia facilmente intendere successivamente quando, ritornati i settantadue dalla missione, Gesù “esultò nello Spirito Santo” (Lc 10,21). Da questo comprendiamo che il deserto, come anche per il popolo d’Israele che usciva dalla schiavitù, non è solo il luogo della prova e della tentazione, della tribolazione e della difficoltà, ma prima di tutto rappresenta il tempo della pienezza dell’amore. Per Gesù il deserto è il luogo dell’esperienza dell’amore che il Padre nutre per Lui. Nel battesimo ha sentito la sua voce “Tu sei il mio figlio, l’amato, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3,22) ed ora, nella solitudine, gusta la paterna compiacenza, si bea di quella dolcezza, si abbandona a quell’amore, gode della Presenza di Colui che è la Consolazione di Dio, approfondisce la consapevolezza di essere Figlio del Padre, unto dell’olio di letizia dello Spirito per fasciare le piaghe dei cuori spezzati. In questa luce il deserto è il luogo dell’amore – “Ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore” Os 2,16– della compagnia, del discernimento, della consapevolezza di chi siamo noi e di chi è Dio. L’uomo nel deserto deve conoscere la sua identità di debole creatura e dell’onnipotenza del Dio creatore, debolezza la sua che non deve rattristarlo, ma spingerlo a vedersi in verità per abbandonarsi a Dio in totalità.

Dobbiamo entrare in intima familiarità con lo Spirito Santo perché è Lui che ci apre i segreti di Cristo e ci fa camminare spediti sulla strada di Dio. Ogni giorno, nelle nostre famiglie, dobbiamo insieme invocare lo Spirito, chiedere la sua Presenza, domandare la sua assistenza, offrire la nostra docilità alla sue ispirazioni. Gesù lo ha promesso: “Il Padre vostro darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11,13). Dobbiamo allora pregare senza mai stancarci, ma alla preghiera dobbiamo aggiungere il desiderio di stare con Lui, la volontà di offrirgli del tempo per intessere quel dialogo che ci dona l’intima sua amicizia. Che rapporto possiamo dire di avere con una persona se poi non la frequentiamo, non la accogliamo quando ci fa visita, cerchiamo di evitare di trascorrere del tempo con lei? Lo Spirito è una Persona divina, sfugge alla nostra mente, ma la sua pienezza è coglibile con il cuore. È possibile parlare, pensare, agire nell’energia amorosa dello Spirito Santo? Quando non è Lui a determinare le nostre azioni, è preoccupante, vuol dire che il Nemico si insinua nella nostra mente e ci propina i suoi piani, diametralmente opposti a quelli di Dio che rappresentano il nostro vero bene.

La radice della tentazione, scalzare la volontà di Dio

Il deserto è il luogo della compagnia del Signore, ma diviene anche, per istigazione del demonio, il crogiolo della prova e della tentazione. Colui che è mentitore fin dal principio, utilizzando le macchinazioni che gli sono proprie, cerca di far deviare l’uomo dalla strada del bene e di dare le spalle al Dio della vita. È l’esperienza fatta dal popolo per quarant’anni: ogni difficoltà è l’occasione per abbandonarsi alla ribellione nei riguardi di Dio, considerando erroneamente terra promessa quell’Egitto dalla cui schiavitù sono stati da Dio liberati. È questo il retroterra che i Sinottici utilizzano per descrivere la scena delle tentazioni. In Luca, però, sembra prevalere la solidarietà vissuta da Cristo con l’umanità immersa nelle tenebre. Il suo desiderio di incarnarsi, di entrare nelle piaghe della nostra storia, porta il Figlio di Dio alla condivisione totale, alla solidarietà estrema con noi, per la natura presa da Adamo, ribelli a Dio e alla sua volontà. Gesù come ogni uomo vive la prova e, diversamente da noi, non ha paura della tentazione. La pienezza dello Spirito non lo fa vacillare, la gioia del Paraclito non lo fa barcollare, la certezza dell’amore del Padre suo lo sostiene, sempre. Non mangia perché suo cibo “è fare la volontà del Padre e compiere la sua opera” (cf. Gv 4,34) e la presenza di Dio nella sua vita è il suo unico nutrimento. Il digiuno è un’arma potente contro il male, perché ci porta a vincere gli istinti primari che spesso divengono l’orizzonte unico della nostra vita. Il digiuno ricorda all’uomo l’essenziale e lo rende più consapevole del dramma dell’umanità oppressa dalla fame. Nella nostra società opulenta non solo non c’è più posto per il digiuno – un tempo era normale vivere tutto l’anno la quaresima per le scarse possibilità economiche di gran parte delle famiglie – ma neppure c’è la sensibilità e la maturità di imboccare strade alternative di astinenza che oggi possono aiutarci ad intessere un rapporto più vero con Dio e con gli altri (digiuno da pc, internet, cellulari, tablet …). Il digiuno serve per spezzare le catene dalla dipendenza e per riequilibrare le relazioni, vincendo le assolutizzazioni. Oggi è più che mai indispensabile combattere la dinamica dello scarto e dello spreco, educando le nuove generazioni all’essenzialità, alla condivisione e al rispetto del creato. Se la quaresima non ci conduce a questo riequilibrio e a questa armonia, continueremo a vivere nei nostri sepolcri e per noi non verrà Pasqua.

Proprio nella sua esperienza di pienezza divina interviene il demonio per tentarlo. Non c’è da meravigliarsi, lo stesso capitò anche a Giobbe, nella sua abbondanza venne colpito da Satana che desiderava la sua rovina. Non c’è da stupirsi se persino Salomone, con tutta la sua sapienza, offrì inconsapevolmente una breccia al Nemico che condusse alla rovina lui e il suo regno. Il demonio c’è ed agisce, è bene dirlo a chiare lettere. Non bisogna estremizzare il suo potere perché Dio è più grande e la sua grazia lo sbaraglia, ma neppure sminuire le sue trame e misconoscerne l’azione. Il demonio ha numerosissimi canali per agire, entra nella nostra vita attraverso le porte che lasciamo aperte, ignari del pericolo che corriamo, noi custodi imprudenti che facciamo entrare nella cittadella del cuore i tanti cavalli di Troia che sono la causa della nostra stessa rovina.

A questa realtà non è estraneo Gesù e Lui per primo, corazzato dallo Spirito, affronta il combattimento, povero come Davide nel presentarsi al gigante Golia (cf. 1Sam 17,32-45), sapendo che il Signore difende con forza coloro che in Lui confidano. Il demonio inizia a parlare, quando la debolezza si fa sentire, lo tenta in tutto il periodo di permanenza nel deserto, ma c’è un momento in cui la tentazione si fa più forte e la voce del Nemico più pressante. Egli ci sfianca, ci sfinisce, ci logora interiormente, ci limita esteriormente attraverso situazioni contrastanti, consuma in noi il desiderio di reagire, esaurisce le nostre energie. Il demonio è perseverate nell’incalzarci, nel farci vacillare, dandoci il colpo finale per prostraci nella polvere e deriderci, dopo essersi manifestato nostro amico. Ma cosa vuole il demonio da Gesù, cosa cerca in noi il Nemico? La risposta è nel suo stesso nome: vuol dividerci da Dio, dalla realizzazione del suo progetto. Egli non sopporta che la pienezza divina trasbordi dalla vita e dal cuore dei figli della luce e cerca in ogni modo di intervenire per deviare dalla strada maestra quanti operano il bene. Il demonio vuol dissuadere Gesù dal vivere nell’obbedienza filiale, insinua nel cuore il desiderio di essere superiori agli altri e, come un tarlo, incunea il dubbio sulla bontà divina. Luca, mostrando la lotta di Gesù con il demonio, desidera che la sua comunità si prepari al combattimento. È quanto farà anche Paolo scrivendo agli Efesini: “Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. […] State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio” (Ef 6,10-11.14-17).

È necessaria una vigile custodia della propria vita e dei rapporti in famiglia perché “il demonio, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8). Quando c’è divisione e discordia, è sempre lui, il principe della divisione e la causa di ogni discordia, a seminare zizzania. Il Nemico è così astuto – poveri noi che crediamo di poter vincerlo con le nostre forze, misconoscendo la sua perspicacia e la conoscenza profonda che ha delle nostre debolezze ed inclinazioni! – da sapere attendere i momenti migliori, quelli più opportuni per insinuare la sfiducia nell’altro, il dubbio sulla rettitudine delle altrui intenzioni, la paura circa una dimenticanza oppure su una omissione involontaria dell’altro. È sempre lui a raggirarci, perché tutto divori la tenebra.  Sei caratterialmente pauroso, tremi dinanzi alle novità che non sai gestire? Questa sarà la porta che il demonio utilizzerà per allontanarti da Dio e dai fratelli. Vivi un rapporto conflittuale con i tuoi suoceri che vogliono sempre averla vinta su tutto? Stai sicuro, prima o poi, il Mentitore seminerà l’invidia e la superbia. Il demonio non è così sprovveduto da ambire un combattimento su un campo dove sa di essere perdente e neppure affronta a viso aperto il suo avversario, se non in casi particolari – si pensi alle possessioni diaboliche, che non sempre vengono riconosciute, affidando il malcapitato alle cure di un medico, raramente di un esorcista! – perché il segreto è la sua arma vincente, far credere che lui non c’entra è il modo per agire inosservato.

Ogni divisione viene dal Maligno. Egli conosce le nostre inclinazioni e, poiché la lingua batte dove il dente duole, in maniera perniciosa insiste, richiama, suscita i desideri, accende le fantasie, muove i sogni. Tanti silenzi tra gli sposi sono la causa della tristezza di Dio e della gioia di Satana! A volta si salta per un nulla, si butta tutto all’aria per un malinteso, una parola non detta bene, al momento ed al posto giusto. “Risponde così!” ci sussurra il Nemico istigandoci. “Hai visto cosa ha fatto? Come si è difeso?” è il veleno del dubbio che inietta nel cuore del rapporto. Ed è lì che dobbiamo avere il coraggio, cambiando registro, di riprendere il linguaggio dell’unità e dell’amore. Un abbraccio, un bacio va offerto proprio in quei momenti perché l’amore disarma quando l’altro ti sta rifiutando, la misericordia spiazza quando è pura gratuità, il sorriso dell’amore tacita le battaglie di qualunque esercito di pensieri violenti. Questo significa vincere il male con il bene (cf. Rm 12,21), vivere la misericordia quando l’altro non la vuole e non la cerca o neppure l’accoglie. Il demonio va sbaragliato con l’unica forza che egli non sopporta, l’amore, la misericordia, il perdono. Dobbiamo far divenire le tentazioni occasioni di grazia, momenti per non assecondare le nostre ire e rancori, ma per accogliere quel surplus di grazia che il Signore è sempre pronto ad elargirci. Le prove si superano con l’umiltà che è l’altra faccia dell’amore. Solo chi ama veramente dell’amore di Dio, rimane nell’umiltà e vince il Nemico con i suoi dardi infuocati. Quante volte rapporti disastrosi sono stati trasformati dalla forza misteriosa di Dio! Quante volte un amore si è rinnovato attraverso un non semplice cammino di prova. Il nostro è il Dio che trasforma le trappole del demonio in occasione di vera trasformazione nell’amore, perché il Nemico fa le pentole, ma dimentica sempre i coperchi. Ed è allora che Dio interviene e porta l’armonia e la pace, come ha fatto con il mistero pasquale del suo Figlio Gesù.

Lottare senza paura

Siamo solo all’inizio del cammino quaresimale e la Chiesa ci propone senza mezze misure di guardare a Gesù per imparare a considerare la lotta realtà permanete della vita cristiana. Bisogna combattere ogni giorno contro le potenze delle tenebre e percorrere la via ardua della sequela di Cristo con perseveranza, vegliando perché il sonno dell’oblio non ci sorprenda. Non è semplice combattere, ma “noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati” (cf. Rm 8,37). Dio ci è accanto e, senza saperlo, nelle nostre famiglie sperimentiamo una marcia in più nel cammino arduo della vita: al nostro fianco c’è la persona che ci ama e che amiamo, colei/colui che è il segno tangibile del Dio che ama e lotta con me, virgulti intorno alla nostra mensa sono i figli che ci ricordano come l’amore, non l’egoismo genera la vita e vince le tenebre. Al pari di Cristo, anche noi, corazzati dalla grazia, combattiamo contro le potenze del male sapendo che nulla e nessuno “potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù” (Rm 8,39).




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