pedofilia

I bambini di Caivano ci strappano dalla nostra cecità

murales

di Tonino Cantelmi

Come una sberla improvvisa, Parco Verde, così si chiama il comprensorio dove si è consumata per anni la catena di violenze sui bambini, viene a svegliare la coscienza sonnacchiosa e intermittente di noi benpensanti.

Sì, perché la mostruosità di Caivano ci interpella tutti. E soprattutto interpella noi, noi che stiamo scrivendo e leggendo queste parole, noi pronti a scandalizzarci e a gridare lo sdegno, ma incapaci di essere prossimi, solidali, attenti.

Tanto che gli abitanti di Caivano chiedono che il Presidente della Repubblica volga il suo sguardo sui loro luoghi e vada a visitarli: vogliono cioè quell’attenzione negata da una sorta di cecità sociale. E il Presidente della Repubblica, in una nota inusuale, parla di “delitto sociale”. Ecco appunto. Siamo sgomenti, ma colpevolmente sgomenti. Il degrado di Parco Verde è legato sì a perversioni individuali: la pedofilia e la violenza sessuale sui bambini sono comportamenti aberranti che si intrecciano con disturbi della personalità gravi, caratterizzati dalla mancanza di sensi di colpa, dal narcisismo maligno, dal sadismo e da quote di antisocialità, caratteristiche personologiche che spingono verso forme di crudeltà anche estreme. Questo mix esplosivo fa sì che quasi mai il pedofilo sia in grado di modificare il suo comportamento, che tenderà a ripetere con micidiale efferatezza una volta scontata la pena. Sì, a volte i carnefici sono stati essi stessi vittime abusate e la mostruosità ha trovato terreno fertile in situazione sociali di grave degrado e trascuratezza.

Ma a Caivano è successo qualcosa di più: una intera comunità di adulti, in un modo o in un altro, è stata abusante. Complicità, intrecci perversi, crudeltà, omertà hanno determinato un reticolo melmoso dove tutti si sono sporcati.

E questo nella totale incapacità di tutti di leggere i fatti: cosa hanno percepito le istituzioni, le scuole, gli oratori, gli ambulatori medici, i servizi, insomma i tanti luoghi in cui si articola e si interfaccia la nostra complessa società con eserciti di educatori, operatori sociali, professionisti della salute, volontari delle tante associazioni umanitarie, animatori di organismi pastorali, politici, uomini e donne delle istituzioni? Parco Verde era davvero un pianeta sideralmente distante da tutto, una sorta di isola inaccessibile? Oppure dobbiamo ammettere che nessuno, davvero nessuno è stato in grado di intercettare almeno un anello di una catena di perversioni, crudeltà e atrocità? Ecco, sì, ci sgomenta il degrado in cui era immersa quella comunità di adulti, ma ci dovrebbe sgomentare ancora di più che tutto ciò avvenga per anni e in modo così diffuso e sistematico senza che nessuno riesca ad intercettare il dolore delle vittime.

Ci dovrebbe sgomentare ancora di più lo strabismo sociale dei nostri tempi, l’incapacità di una intera società di cogliere segnali oggi inequivocabili e ieri ignorati.

Possiamo dirci davvero sorpresi da quello che le carte degli inquirenti vanno dolorosamente svelando? No, spiace dirlo, ma quel palazzone di Parco Verde a Caivano non è un altrove, come qualcuno oggi scrive, e il sorprendersi è solo il frutto della nostra assurda e ipocrita cecità.

Fonte: Sir




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