Famiglia e omosessualità

“Mamma, papà sono omosessuale!”

ragazzo

di Giovanna Abbagnara

Sul tema così delicato e spesso sconosciuto, abbiamo intervistato il prof. Tonino Cantelmi, psicoterapeuta che invita i genitori a “trasmettere cornici di senso e di significato alle loro esperienze”.

Tonino CantelmiQual è il meccanismo che si innesca nei genitori di fronte all’outing di un figlio?

La verità è che non conosciamo i nostri figli, i loro travagli e i loro percorsi. In molte famiglie osserviamo la desertificazione dei rapporti, i silenzi, la riduzione dei dialoghi a quanto è scontato. Si tratta di una colossale banalizzazione dell’azione educativa. Cosicchè i nostri figli si affidano a Google, ai social, ai tutorial, insomma chiedono alla Rete. E non sempre ottengono risposte giuste. Per molti genitori l’outing dei figli omosessuali arriva così, all’improvviso. E la risposta può essere duplice: da un lato rabbia, inaccettazione e chiusura oppure quella forma banale di accettazione, per la quale tutto va bene, tutto è ok. Nessuna delle due è a mio parere una risposta giusta. La risposta giusta è capire, accogliere ed accompagnare. Sì, ritengo che i genitori anche in questo aspetto debbano fare i genitori. È loro il compito di educare, ma per farlo occorre capire, stare vicino, accogliere. E soprattutto accompagnare. I nostri figli sono troppo soli.

Si racconta con una certa frequenza di persone regolarmente sposate e genitori di uno e più figli che arrivano a scoprire e a confessare la propria identità sessuale solo in età matura. Potrebbe delineare l’impatto che l’omosessualità di uno dei genitori può avere su un bambino?

Anche in questo caso una certa spinta culturale porta a banalizzare. In generale noi genitori mettiamo al primo posto noi stessi, in una sorta di narcisistico trionfo dell’elefantiasi dei nostri bisogni e della coercizione a soddisfarli. Cosicché ciò che vivono i figli passa in secondo piano. Se un genitore cambia partner, rompe legami, divorzia, inizia una storia con una ragazza che ha l’età dei propri figli  o cambia la propria immagine come avviene negli outing tardivi, ebbene questo non può che essere traumatico nei figli. Tutto lecito, per carità, ma sulla pelle dei figli.

Quali consigli darebbe ad una famiglia perché accompagni e sostenga in maniera adeguata il percorso del proprio figlio/a omosessuale?

Cercare il bene del proprio figlio è il dovere di ogni genitore. Non c’è dubbio, non abbiamo bisogno di genitori rabbiosi o rifiutanti e nemmeno di genitori adolescenti, incapaci di trasmettere narrazioni di senso ai propri figli. È necessario capire, dialogare ed accogliere. È necessario un accompagnamento senza pregiudizi, ma attento al bene dei figli. È necessario non giudicare. È necessario sostenere. È necessario esserci. Questo vale per tutto. È il nostro compito di genitori. Siamo troppo assenti nella vita dei nostri figli. Abbiamo il compito di trasmettere cornici di senso e di significato alle loro esperienze. E alla fine di aver fiducia nelle loro scelte.

Cosa si può fare invece per sostenere le famiglie che hanno difficoltà ad accettare l’identità omosessuale del proprio figlio/a?

Tutte le famiglie hanno bisogno di aiuto. La crisi della genitorialità, cioè dell’essere-per, di quell’amore oblativo e generativo, è sotto i nostri occhi. Io ritengo che occorra dar vita a vere e proprie scuole per genitori, capaci di sostenere il percorso di crescita dei genitori in ogni ambito. E questa, secondo me, la sfida: aiutare i genitori nella loro crescita e trasmettere loro la bellezza del compito educativo. Assistiamo sempre di più all’indifferenza educativa: di fronte ai problemi dei figli i genitori fuggono o fingono di non vedere. E quando è troppo tardi reagiscono con autoritarismi immaturi. Il problema non è in relazione all’orientamento sessuale dei figli, ma è globale e riguarda il senso della genitorialità.




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