Gender

Educazione sessuale: cosa sto insegnando ai miei figli?

Simone Pillon

Intervista a cura di Ida Giangrande

Educare alla sessualità è un compito della scuola o della famiglia? Cosa si nasconde spesso dietro la lotta al bullismo omofobico? Lo abbiamo chiesto a Simone Pillon, ex presidente del Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria, ora consigliere del Forum regionale e vicepresidente del comitato Difendiamo i Nostri Figli.

Dott. Pillon cosa vuol dire secondo lei, educare alla sessualità? È solo un fatto di didattica o c’è qualcosa in più che ha a che fare con i sentimenti e con l’affettività?
Nel definire il senso dell’educazione alla sessualità, noi partiamo dalla dottrina sociale della Chiesa, ispirata a un principio di sviluppo integrale dell’essere umano. Pensiamo, cioè, che non si possano insegnare tecniche sessuali o tecniche di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, senza affrontare o tener presente in modo più ampio le altre dimensioni dell’essere umano.
L’uomo non è solo corpo. Non è solo scienza o fisico, ma è una commistione di tutte queste cose. Qualsiasi tipo di approccio educativo deve avere di mira uno sviluppo integrale della persona. Senza tener presente questa prospettiva, rischiamo di allevare esseri umani che hanno una conoscenza molto spinta e dettagliata di tutte le tecniche sessuali, ma sono ignoranti in termini di spiritualità e di affettività.

Quali sono i danni che un’informazione sessuale troppo precoce può causare su un bambino?
Il primo punto essenziale da cui partire è che nella società la prima agenzia educativa è la famiglia. È solo la famiglia che sa quando è il momento di passare delle informazioni al proprio figlio. Non possiamo standardizzare l’età in cui un bambino o una bambina è pronto a ricevere delle informazioni soprattutto di natura sessuale. Ognuno di noi ha una fase di maturazione diversa per accogliere la conoscenza del mondo.
Nei Paesi in cui l’educazione sessuale è una disciplina scolastica che si trasmette per fasce di età attraverso mere informazioni, si rilevano indici inquietanti. In Gran Bretagna, ad esempio, e in generale nei paesi Nordici dove questo modello educativo è già diffuso, risultano essere aumentate le percentuali di gravidanze indesiderate, di aborti e di tutto il resto.
È chiaro che se io consegno a un ragazzino una serie di nozioni sull’uso dei genitali, in una fascia di età in cui non ha la maturità per accogliere anche gli aspetti affettivi e piscologici ad essi correlati, non faccio altro che spingerlo verso l’uso indiscriminato di queste nozioni. Le conseguenze sono ovvie.

 

Possiamo davvero pensare che la Scuola del domani si arroghi il diritto di insegnare una materia così delicata ai nostri figli?

C’è una corrente di pensiero che sostiene che la famiglia vada espropriata del proprio potere educativo e che debba delegare la Scuola a svolgere questa funzione. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, la Costituzione della Repubblica Italiana e il Codice Civile riservano ai genitori il diritto di educare i propri figli come di sostenerli materialmente peraltro. Nella società non c’è un ente che si offre di sostenere i figli al posto dei genitori, arrogandosi spese ed oneri che spettano alle famiglie, non deve esserci, parimenti, un ente che sostituisce la famiglia nell’educazione affettiva e sessuale.
Nel momento in cui infrangiamo l’alleanza educativa tra scuola e famiglia, trasformiamo quella personalizzazione dell’educazione, che solo i genitori nel contatto quotidiano con i figli possono avere, e la facciamo diventare un mero esercizio di didattica fisica o peggio di estrazione di piacere dal corpo dell’altro. Costruiamo, cioè, una generazione di ignoranti nell’amore.

Cosa risponderebbe lei a chi sostiene che il gender non esiste?
Chiederei perché lo si insegna ai nostri figli!

Secondo lei quindi la teoria del gender è già presente nelle scuole?
Assolutamente sì! Noi riceviamo tutti i giorni delle segnalazioni allarmanti da varie parte di Italia in cui si propinano contenuti di natura gender.
Il gender è quella teoria per la quale un essere umano può scegliere la propria sessualità. Quindi il maschile e il femminile non sono più caratteristiche connaturate alla propria fisicità, ma sono scelte dell’individuo. Anche la parola individuo non è a caso. L’obiettivo del gender è proprio standardizzare gli essere umani, privandoli della loro più profonda identità che è appunto l’identità sessuata. Se a un ragazzino viene insegnato che può scegliere la propria sessualità, in qualsiasi istante e a proprio piacimento, è chiaro che si ingenera confusione e disorientamento in lui e in tutta la società. Quando togliamo la certezza della propria identità a un adolescente di 15 o 16 anni, abbiamo generato un disastro.
Tutto questo viene gabellato nelle scuole attraverso il canale della lotta al bullismo omofobico e della discriminazione, cose sulle quali i genitori sono più che concordi, ma che spesso nascondono un grosso inganno. Fermo restando che anche noi siamo ferocemente contrari ad ogni forma di discriminazione o di bullismo, il canale di contrasto non può essere quello della omologazione delle differenze, bensì della valorizzazione delle differenze. Perché la differenza tra uomo e donna è ricchezza, è complementarità, è armonia.

Come si sta muovendo il Comitato Difendiamo i nostri figli?
Abbiamo un dialogo aperto e costante con il Ministero, le Istituzioni scolastiche e le autorità. Abbiamo una commissione dedita a raccogliere le segnalazioni di abusi e quando è il caso a far intervenire le autorità.

Noi genitori dunque possiamo richiedere l’intervento delle autorità in caso di abuso? In base a quale norma queste possono intervenire?
Quando si rilevano abusi, noi consigliamo sempre alle famiglie di non agire da sole, ma di passare attraverso la forza dell’associazione. Agire in sinergia è sempre il modo migliore per affrontare l’eventuale abuso, perché l’associazione è più libera. In base a quale norma? La Costituzione della Repubblica Italiana tanto per cominciare, ma anche il Codice Civile. Qualora i genitori rilevino contenuti inappropriati sono legittimati anche a tenersi a casa i propri figli durante le ore in cui si propinano tali contenuti.

Spesso lei viene accusato di essere un radicale cattolico e di limitare l’informazione sessuale ai bambini perché avrebbe paura del sesso. Cosa vuole rispondere a queste persone?
Il problema non è di essere radicali cattolici, bisogna discernere il bene effettivo delle persone. Se andiamo nei Paesi in cui la cultura gender è già diffusa, raccogliamo frutti amari. I ragazzi hanno perso la propria identità, non conoscono più la gioia di una relazione, vivono una sessualità selvaggia, alterata. Si tratta di scegliere ciò che fa effettivamente bene alle persone oppure no, e non perché lo dico io o un’altra persona, ma perché si riscontra direttamente nella società.
È anche vero che tra i nostri sostenitori non ci sono solo persone di fede cattolica, ma anche rappresentanti di altre religioni e anche non credenti. Il criterio limite sta appunto nel riconoscere l’autonomia educativa dei genitori. Noi dobbiamo aiutare le famiglie a riscoprire il proprio posto nell’educazione dei figli.




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2 risposte su “Educazione sessuale: cosa sto insegnando ai miei figli?”

Molto spesso i nostri genitori sono preoccupati su come noi adolescenti gestiamo la questione della sessualità. Talvolta,i genitori hanno difficoltà a parlare di argomenti del genere con i propri figli.
O ancora,molto spesso gli adolescenti credono di sapere tutto su ciò.
I genitori che non affrontano questi argomenti possono far correre,inconsapevolmente,rischi ai propri figli,ai quali,spesso per riparare,si fanno scelte drastiche che possono cambiare per sempre un ragazzo. La nostra nuova società infatti,fa si che noi ragazzi veniamo precocemente informati e quindi altro non si far che aiutare noi adolescenti a capire ciò che esso comporta. Occorre precisare che noi adolescenti riceviamo molti condizionamenti al di fuori del nucleo familiare,media,giornali ecc.
E infatti gli adolescenti cercano di estrapolare vari pensieri fra queste fonti e trovare quindi il proprio punto di vista.In tutto ciò,è importante conoscere se stessi e comprendere tra cio che è bene e ciò che è male.

In effetti non sono proprio d accordo.. per quanto rigurda i bambini si bisogna fargli capire ciò che bene e ciò che è male per farli crescere bene.. Ma una volta che diventano grandi ognuno va per la propria strada assumendosi le proprie responsabilitá, per quanto si voglia in tutti i modi farli crescere bene.
Anche se è importante a non far perdere importanza al sesso del bambino, che poi se il suo “essere” un giorno tipo a venti anni cambierá i genitori non potranno dire nulla..
Tuttavia questo articolo mi sirulta molto interessante ed educativo.

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