17 Giugno 2017

17 Giugno 2017

Mi fido di te

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».

Il commento

Ma io vi dico: non giurate affatto” (5,34). Il giuramento appartiene alla tradizione più arcaica dell’umanità, nelle civiltà più antiche aveva un valore giuridico, era una forma civile per stipulare un’alleanza tra persone e famiglie, il sigillo e la garanzia di un accordo. Sostituiva la firma che oggi apponiamo sui contratti. Ancora oggi viene utilizzato nei tribunali per sollecitare una testimonianza veritiera. Nelle civiltà profondamente religiose, come quella d’Israele, il giuramento fatto in nome di Dio aveva un valore ancora più grande, venir meno a quell’impegno o, peggio ancora, usare il giuramento per ingannare il prossimo, era considerato un peccato molto grave. Il giuramento può avere un duplice significato: da una parte dà maggiore valore all’accordo o alla dichiarazione testimoniale; ma d’altra parte svela una sostanziale mancanza di fiducia tra le persone. Chi esige il giuramento non si fida abbastanza dell’altro, non dà sufficiente valore alle sue parole, gli chiede perciò un ulteriore e più obbligante impegno etico e religioso. Chi s’impegna a giurare per dare più valore alle sue parole, evidentemente è consapevole che la sua sincerità e la sua onestà non hanno il dovuto riconoscimento, egli spera così di ottenere maggiore credito. Il giuramento dovrebbe perciò sanare una relazione in cui manca la reciproca fiducia. In realtà è solo una stampella che copre ma non elimina la distanza tra le persone.

Gesù invita i discepoli a non fare ricorso alla formula di giuramento. Per nessun motivo. Per interpretare correttamente il divieto, espresso nella forma più assoluta, dobbiamo ricordare che il Rabbì di Nazaret non si rivolge genericamente ai membri della società civile ma ai discepoli, cioè a quanti fanno parte della comunità ecclesiale. Condividere la stessa fede significa anche costruire legami fondati sulla lealtà e sulla fiducia. Oggi chiediamo la grazia di saper dire agli altri: “Non ho bisogno di attestati e garanzie, la tua parola mi basta. Mi fido di te”. È il primo passo di quel lungo cammino che conduce alla comunione fraterna.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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