Violenza domestica

Schiaffi, calci, urla tra le mura domestiche: il dramma dei figli

di Elisabetta Cafaro

Violenza domestica, un male nascosto nelle pieghe della normalità apparente. Oggi il drammatico appello di una ragazzina appena maggiorenne che ha trovato il coraggio di rompere l’isolamento parlando con la sua insegnante.

“Non sta succedendo a me…” continua a ripetermi in lacrime Marika (nome di fantasia), 18 anni appena compiuti. Mentre mi parla, la sua inseparabile amica le tiene un braccio intorno alle spalle come per sostenerla.

Siamo alla fine di una giornata scolastica. È giugno, il sole scotta, sembra fuoco sulla pelle, come le parole che tardano ad uscire dalle sue labbra. Il mio silenzio di fronte alla sua titubanza, mi permette di ascoltare la tensione repressa nel suo cuore adolescente. Avverto un peso che la soffoca, di cui vuole liberarsi e allora le prendo una mano e la invito a sedersi accanto a me sulle sedioline della postazione dei collaboratori scolastici.

Non c’è quasi più nessuno ormai nell’istituto. La campanella è suonata da un pezzo e le nostre parole rischiano di echeggiare tra le pareti. “Dai racconta alla prof quello che hai detto a me”, incoraggia l’amica. Le parole escono dalla prigione dove sono state relegate. Gridano aiuto, cercano un diritto perso, forse mai conosciuto. Il diritto di essere bambini, spensierati, amati, protetti.

Violenza domestica, è così che si chiama la sofferenza di Marika. Io non ne sapevo niente, nessuno lo sapeva. L’avevo vista ogni mattina di ogni giorno nell’ultimo anno, eppure non avrei mai detto che quella ragazza, un po’ silenziosa e timida, nascondeva una piaga così profonda.

Lei era sempre stata brava a celare ogni cosa per paura, per vergogna, per il desiderio di sentirsi una ragazza normale come tutti i suoi compagni. “Vi prego – mi ripete mentre mi stringe le mani – non dite niente a nessuno. Mio padre non deve venire a saperlo!”. La madre, come lei stessa spiega, subisce continui maltrattamenti fisici e verbali da parte del padre. Scene di vita ordinaria a cui Marika assiste da sempre. Inizia tutto con un pretesto qualsiasi, la marca sbagliata della pasta, la camicia non stirata bene e via con insulti e poi le botte, schiaffi, calci e tutto il resto.

L’ultima crisi appena la sera prima: una tazzina di caffè caduta. Era bastato questo per scatenare l’inferno. Questa volta però la lite aveva superato il limite e Marika era stata costretta a fuggire dalla sua casa nella consapevolezza di aver lasciato sola sua madre.

Sulle prime penso che si stia inventando tutto, ma poi la guardo intensamente e la sento parlare. Le sue lacrime sono vere. È vera l’esitazione nel suo tono di voce, quelle goccioline di sudore che le imperlano la fronte, mentre le mani tremano. Marika non riesce ad accettare né a dimenticare una situazione che con coraggio e non senza fatica sta esternando. Mi sta chiedendo aiuto, eppure io non so cosa dirle. Consigliarle di denunciare la cosa vorrebbe dire metterla contro suo padre. Dovrei farle capire che un uomo violento è semplicemente un uomo malato, ma c’è bisogno di tempo e di competenza per parlare ad un’adolescente di queste cose. Alla fine tutto quello che riesco a fare è abbracciarla.

La stringo più forte che posso. Vorrei imprimere sulla sua pelle una traccia del calore umano. Vorrei farle capire che al mondo esiste un amore tenero, capace di infondere fiducia. Vorrei farle capire che non tutti gli uomini sono violenti e che esistono delle persone straordinarie. Vorrei poterle donare telepaticamente i miei pensieri, i ricordi delle mie esperienze, per farle vedere la vita con altri occhi. Quando torna a guardarmi, mi sembra di capire dal suo sguardo che è riuscita a leggere ciò che le mie parole non sono state in grado di esprimere.

Le sorrido mentre le ravvivo una ciocca di capelli. Le sorrido commossa; la nostra storia insieme è appena iniziata, lo avvertiamo entrambe. Non sono più solo la sua insegnante di religione, ma lo strumento e l’emblema di una società educante e civile per la quale il figlio di uno è il figlio di tutti. Il problema di uno è il problema di tutti.




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4 risposte su “Schiaffi, calci, urla tra le mura domestiche: il dramma dei figli”

Ciao Marika, ho letto appassionatamente la tua storia familiare, tra te e tuo padre, ne sono veramente dispiaciuta anche perché da come ho letto ho capito che sei davvero una ragazza silenziosa timida e che hai davvero un cuore grande a sopportare tutte questi maltrattamenti…Io penso che dovresti parlare con tuo padre,con molta gentilezza, e gli dici che non deve essere cosi con te e con tua mamma, e che sicuramente non si deve arrabbiare per motivi stupidi e che nell’ambito dell’abitazione un individuo possa dimenticarsene di fare una qualsiasi faccenda. Sai, un carattere più o meno così, come il tuo papà, è anche il mio papà nel senso che se non trova un fatto messo al posto bestemmia e inizia ad urlare e si arrabbia con tutti i membri della famiglia. Marika, la soluzione è che mia mamma quando lo sente Prega, in questo modo lui se ne pente e inizia a pregare dopo di lei in silenzio,in un angolo. E’ una cosa straordinaria,credimi perché quando una persona inizia a bestemmiare va sempre di più a favore di una creatura malvagia,il diavolo,mentre se tu preghi,spezzi l’attrazione( ovvero che magari te la prendi con tutti) e fai vincere Dio, è sempre così, Lui,è sempre presente. Ti ripeto, parlategli con molta dolcezza tu e tua madre e poi dite un rosario, in questo modo lui ha un cuore più pulito, più puro,grazie alla Sua straordinarietà.

Leggere questo racconto mi ha fatto capire che ancora oggi esistono forme di violenza piuttosto variegate! Questa volta a parlare e’ una ragazza che non dovrebbe vivere una situazione del genere. Delle volte e’ difficile comprendere cosa bisogna fare, soprattutto quando ci si trova in situazioni così delicate. E’ importante riuscire a prenderne atto e cercare aiuto, perché nessuno dovrebbe essere vittima di tali fenomeni!

Cara Marika, la tua storia mi ha commosso. Tante ragazze come te soffrono per una situazione simile alla tua, ma tu hai trovato il coraggio di parlarne con delle persone di cui ti fidi ciecamente. Queste persone saranno il tuo sostegno, ti aiuteranno e nel momento giusto ti daranno i giusti consigli. Gli uomini a volte non pensano che ciò che loro fanno possa ferire i sentimenti di tutti coloro che li circondano, ma non tutti sono così. A differenza di tuo padre, esistono uomini dolcissimi che ti danno affetto e sicurezza. Secondo me si dovrebbe trovare un punto di incontro tra te, tua madre e tuo padre. Se non lo si riesce a raggiungere è necessario chiedere aiuto a dei servizi sociali, i quali non solo ti supporteranno nella tua situazione psicologica e fisica, ma faranno capire in qualche modo a tuo padre quanto le sue azioni possano fare del male sia a te che a tua madre. Nella mia opinione esporre una situazione come la tua ad un ente di assisstenza non ti metterà contro tuo padre ma gli permetterà di essere assistito e diventare quel padre affettuoso e gentile che tanto desideri.

Cara Marika,ho letto la tua storia e mi ha dato un dolore fortissimo al cuore e a un certo punto volevo smettere di leggerla.Io sono una ragazza che ci sono cresciuta con una storia abbastanza simile alla tua..Non ho il coraggio di dirti di smettere di pensare alle cose passate perché so che è impossibile, ma ti dico di andare oltre, di non avere più paura di niente e di nessuno,di pensare che un giorno avrai dei figli e di farli vivere come tu hai voluto essere cresciuta dai tuoi genitori e so che lo farai.

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