17 luglio 2017

17 Luglio 2017

La sorgente dell’amore

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 34 -11, 1)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Il commento

“Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me…” (10,37). Matteo chiude il capitolo missionario con una breve ma denso ritratto del discepolo espresso attraverso dieci “chi” [in greco c’è l’articolo ò]. A distanza di secoli facciamo ancora fatica a comprendere queste parole nelle quali tuttavia c’è tutta la radicalità della fede. Sono parole che solo Gesù può dire, solo lui può rivendicare una primazia così radicale e incondizionata. Il padre, la madre e i figli, cioè i legame affettivi fondamentali della vita, non possono mai avere la precedenza in relazione a Gesù. Il riferimento ai genitori e ai figli non è casuale ma, proprio perché si tratta di quei legami essenziali e irrinunciabili – serve a sottolineare che la fede non appartiene alle cose da fare … dopo, non entra in gioco solo quando abbiamo già risposto alle esigenze fondamentali della vita ma è il fondamento stesso della vita. Tutto è subordinato a Lui perché tutto nasce da Lui e tutto vive in Lui, come dichiara solennemente Giovanni all’inizio del Vangelo: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). Il legame con Gesù condiziona e plasma ogni altra scelta. Dall’amicizia con Lui riceve vita e prende forma ogni altro legame. La vita affettiva è fatta di mille rivoli ma una sola è la sorgente. Chi perde la vista questo primato, perde la sfida della vita. Nella primitiva comunità era questo il tema fondamentale della catechesi. L’apostolo Paolo scrive: “Camminate nel Signore Gesù” (Col 2, 6). Dietro di Lui, anzi dentro di Lui. Come se fosse Lui a portare noi.

Queste parole sono per tutti una provocazione ma parlano in modo particolare alla vita consacrata. Chi accetta questa sfida è chiamato a diventare una convincente icona di quello che Gesù chiede a tutti i discepoli. La sua vita annuncia che amare Cristo non è un peso ma una gioia, non è una catena ma la premessa della vera libertà, non soffoca le nostre capacità ma apre un orizzonte che umanamente non avremmo nemmeno potuto pensare.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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