Amore

Sensualità e tenerezza: l’amore dalla poesia alla teologia

Klimt - Il bacio

di Gianni Mussini

L’amore, una realtà eternamente in bilico tra sensualità e tenerezza, in realtà è una fusione perfetta di entrambe le dimensioni. A dirlo è la letteratura e la teologia insieme a partire dal libro della Genesi.

“La figura di Laura assorbì tutta la tenerezza del poeta. La sua sensualità egli la rivolse ad altro (ebbe – si racconta – non infecondi amori ancillari). Ma l’amore, l’amore vero, l’amore intero, vuole una cosa e l’altra; vuole la fusione perfetta della sensualità e della tenerezza: anche questo è raro. Così non c’è, in tutto il Canzoniere di Petrarca, un verso, uno solo, che possa propriamente dirsi d’amore; molte cose ci sono, ma non La bocca mi baciò tutto tremante, il più bel verso d’amore che sia stato scritto”.

Sono parole di Umberto Saba, se non il miglior poeta del nostro Novecento, certo il più talentuoso. Le parole sopracitate provengono però da un suo delizioso libretto di prose, Scorciatoie e raccontini, in cui affronta, con scoppiettante chiaroveggenza, temi di varia umanità.

Nel caso in questione si tratta dell’eroina petrarchesca, protagonista di quel Canzoniere così sublime e perfetto da dare nome a tutto un genere: tanto che oggi si può chiamare appunto ‘canzoniere’ qualsiasi raccolta poetica che abbia un senso compiuto, un preciso filo conduttore. Alla sua Laura il poeta dedica ben 365 componimenti, uno per ogni giorno dell’anno, preceduti da un sonetto introduttivo. Come una sorta di breviario per celebrare incessantemente il nome dell’amata. Da qui nascono versi famosi, che molti di noi hanno imparato a scuola: “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi / che in mille dolci nodi gli avolgea, / e ‘l vago lume oltra misura ardea / di quei begli occhi…”. E ancora: “Non era l’andar suo cosa mortale, / ma d’angelica forma; e le parole / sonavan altro che pur voce umana”. E per finire: “Uno spirto celeste, un vivo sole / fu quel ch’i vidi…”

Si potrebbe continuare, ma questa semplice campionatura basta a dar ragione a Saba: c’è molta tenerezza, in questi versi, ma anche molta astrazione: chi ama veramente una donna non si sognerebbe di paragonarla a un «vivo sole», o di sublimare i suoi capelli e i suoi occhi con le magnifiche ma algide parole usate da Petrarca. Manca la seconda componente di un amore autentico, appunto la sensualità. Quella che troviamo nel “più bel verso d’amore che sia stato scritto”, come sostiene ancora Saba riferendosi al passo famoso di Paolo e Francesca (canto V dell’Inferno dantesco): il cui bacio fa tremare l’aria e coinvolge lo spirito. Lasciamo stare che si tratta di un amore irregolare (il cosiddetto amore cortese era una risposta sbagliata alla pratica orrenda dei matrimoni combinati), ma è davvero “fusione perfetta” di sensualità e tenerezza.

E la stessa Beatrice, nella Divina commedia, appare tutt’altro che la creatura fatta di aria che viene spesso propinata ai nostri studenti. Vediamo che succede a Dante quando la ritrova, dopo tanto tempo, nel canto XXX del Purgatorio. Il suo spirito: “Tremando, affranto, / … / per occulta virtù che da lei mosse, / d’antico amor sentì la gran potenza”. Tremore, potenza d’amore, occulta virtù. Tanto che il poeta subito dopo ribadirà al suo maestro Virgilio che non gli è rimasta una goccia di sangue che non tremi, per concludere: “Conosco i segni de l’antica fiamma”. Altro che creatura angelicata!

Andrebbe rivalutato anche il fascino profondo di un altro personaggio femminile troppo spesso incompreso: la Lucia Mondella manzoniana dagli occhioni così belli e scuri da affascinare un ribaldo come don Rodrigo (ahimè, non era solo un capriccio, il suo) e da turbare una bigotta come donna Prassede. Prigioniera al castello dell’Innominato e apparentemente senza speranza, Lucia offre in voto alla Madonna non tanto la sua ‘verginità’, come volgarmente si tramanda, ma letteralmente “quello che aveva di più caro”: la desiderata vita coniugale con Renzo, la pienezza della sua sessualità. Il vecchio Manzoni la sapeva lunga…

E non è solo ‘letteratura’. Questa stessa percezione estetica profondamente unitiva di anima e corpo la ritroviamo nelle pagine grandi della Bibbia, a partire dalla Genesi: “E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò… ed ecco, era cosa molto buona” (da sottolineare il «molto», visto che le precedenti opere della Creazione erano considerate solo «cosa buona»). Un passo, con quelli contigui, che Gianfranco Ravasi commenta da par suo: “L’universo che esce da quella voce suprema ha una sua bellezza e perfezione. Non per nulla si ripete che Dio vede che ogni creatura è tôb, vocabolo ebraico etico-estetico destinato a dire il buono e il bello”. (Avvenire, 6 maggio 2009). Questa combinazione profondamente unitiva di bello e buono, appunto il tôb, è alla base di alcuni grandi testi della cosiddetta Teologia del corpo promossa da san Giovanni Paolo II. Basti citare questo scampolo tratto dalla Mulieris dignitatem, vero esempio di parole innamorate: “Nella descrizione biblica l’esclamazione del primo uomo alla vista della donna creata è un’esclamazione di ammirazione e di incanto, che attraversa tutta la storia dell’uomo sulla terra”. E quest’altro passo che più organicamente affronta il tema: “Per il fatto che il Verbo di Dio si è fatto carne, il corpo è entrato, direi, attraverso la porta principale nella teologia… Il corpo, e soltanto esso, è capace di rendere visibile ciò che è invisibile: lo spirituale e il divino. Esso è stato creato per trasferire nella realtà visibile del mondo il mistero nascosto dall’eternità in Dio (l’amore di Dio per l’uomo), e così esserne segno”.

La Teologia del corpo di Giovanni Paolo II è stata ampiamente ripresa e valorizzato da papa Francesco nell’Amoris laetitia. Anche in questo caso eccone qualche saggio: “Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi ‘l’impoverimento di un valore autentico’ [citazione da papa Woityla]. La sessualità non è una risorsa per gratificare o intrattenere, dal momento che è un linguaggio interpersonale dove l’altro è preso sul serio, con il suo sacro e inviolabile valore. Pertanto, in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”.

Un approccio, insomma, che non è né libertino né bigotto, ma responsabilizzante e in grado di aprire gli occhi di tutti, specialmente dei nostri ragazzi, alla prospettiva entusiasmante dell’amore, al di là della banalizzazione erotica apparentemente trionfante (un trionfo che nasconde però un’inespressa nostalgia di ciò che è bello e buono: tôb, appunto). Ci sono in Italia diverse realtà e associazioni in grado di aiutare genitori ed educatori. Molte se ne trovano per esempio nel sito della Confederazione Italiana dei Consultori di Ispirazione Cristiana: http://www.cfc-italia.it/cfc/index.php/ultima-newsletter

Vale la pena di approfittarne!

 




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