CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Noemi: si può fare qualcosa per evitare che accada ancora?

18 Settembre 2017

Don Silvio sulla tragedia della giovane Noemi: “Siamo di fronte a una voragine culturale che inghiotte tutti i buoni propositi. Custodire e coltivare le relazioni familiari, coniugali e genitoriali, è l’unico ed efficace antidoto per contrastare questa cultura”.

Caro don Silvio,

ho letto con sgomento la vicenda di Noemi, uccisa a 16 anni dal suo “fidanzato” (uso con difficoltà questo vocabolo che mi pare quanto mai inappropriato). In questi giorni ho pensato spesso ai genitori della ragazza, li ho immaginati affranti dal dolore, chiusi in un’angoscia che mi fa paura anche solo pensare. Ma cos’altro potevano fare? Hanno manifestato il loro dissenso, hanno sollecitato più volte la figlia a non continuare quella relazione, hanno pure denunciato il ragazzo come una persona violenta. Hanno fatto tutto quello che potevano ma non è bastato! Sono stati spettatori di una tragedia che si è come consumata dinanzi ai loro occhi. Io ho due figlie ancora piccole ma tremo al pensiero di quello che sarà …

Lucia

 

Cara Lucia,
i fatti avvenuti ad Alessano hanno sconvolto anche me, la cronaca giornalistica si limita a presentarlo come l’ennesimo caso di femminicidio, come se fosse questa la spiegazione del dramma: “Uomini che odiano le donne”, potremmo dire citando il famoso romanzo dello scrittore svedese Stieg Larsson.

Troppo semplicistico. La cronaca si sofferma inutilmente su dettagli che rispondono solo alla curiosità morbosa del pubblico – nell’epoca della comunicazione globale la morte diventa uno spettacolo! – ma tralascia proprio quelle domande capaci di scavare nel cuore e scuotere la coscienza.

Il fatto in sé suscita orrore e, inutile nasconderlo, genera anche una indefinibile paura nei genitori. La questione tuttavia è ancora più complessa e drammatica di quello che appare. Non si tratta di casi isolati. Fatti come questi sono la dimensione visibile di un male oscuro che corrode la nostra società. Il moltiplicarsi di questi drammi rende ancora più evidente il fallimento culturale di una civiltà che ha scelto di fare della libertà un idolo.

  • Fallimento di una cultura che esalta l’amore al punto da presentare la relazione affettiva come una sorta di passaggio obbligato della fase adolescenziale. Quanti ragazzi credono di saper gestire i sentimenti pur non avendo ancora acquisito una sufficiente maturità!
  • Fallimento di un modello educativo tutto centrato sull’autonomia che di fatto toglie ai genitori qualunque forma di autorità.
  • Fallimento del modello scolastico che non riesce più a offrire criteri essenziali per aiutare i giovani a distinguere l’amore dall’attaccamento morboso; e che soprattutto non crea relazioni educative capaci di accompagnare adolescenti che, a causa della loro età, sono ancora immaturi.
  • Fallimento di un modello sanitario se è vero che questo giovane aveva subito un trattamento sanitario obbligatorio, segno di uno squilibrio che evidentemente non è stato sufficientemente monitorato.
  • Fallimento del sistema giudiziario che, pur avendo ricevuto una denuncia, non ha potuto o saputo far nulla per impedire la tragedia.

Non siamo solo dinanzi alla morte drammatica di una ragazza ma ad una voragine culturale che inghiotte tutti i buoni propositi. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare registro. Ma dubito assai che questo possa avvenire in tempi brevi. Almeno su scala sociale. Cerchiamo allora di custodire e coltivare le relazioni familiari, coniugali e genitoriali, come un bene non solo prezioso ma essenziale. È l’unico ed efficace antidoto per contrastare una cultura che prima esalta la libertà individuale e poi ci lascia soli nell’affrontare le complesse vicende della vita. Ce la faremo, cara Lucia, perché fedele è Colui che ha promesso di restare con noi. A Lui affido te e la tua famiglia.

don Silvio




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