Educare alla fede

Trasmettere la fede: ecco la sfida educativa di un genitore credente

pregare con i figli

di Giovanna Pauciulo

In una cultura dominata dal relativismo, i piccoli hanno bisogno di guide sagge e sicure che sappiano indicare in Gesù Cristo il senso della vita. Ma i genitori hanno una fede vera e salda da trasmettere?

Cari genitori, ricordate il momento in cui il vostro bambino ha detto per la prima volta la parola mamma o papà? Sono sicura di sì come sono convinta che a qualcuno starà già spuntando qualche lacrimuccia. Ebbene sì, è indubbiamente una commozione sentirsi chiamare dai propri figli per la prima volta. Ma una gioia ancora più grande per un genitore credente, deve essere quella in cui ascoltiamo i nostri figli rivolgersi al Signore chiamandolo: “Abbà”. Sarà il segno del loro riconoscimento della suprema paternità di Dio, ma questo dipende in gran parte da noi e dalla testimonianza che trasmettiamo ai nostri figli.

Il compito di un genitore credente non è insegnare qualcosa ma comunicare una precisa proposta di vita. Per insegnare basta la competenza. L’educazione alla fede, invece, richiede un fecondo intreccio di parole ed opere, una testimonianza di vita. In una cultura dominata dal relativismo come la nostra, non c’è spazio per l’educazione e a maggior ragione per l’educazione alla fede. “Nessuno può insegnare niente a nessuno. Ciascuno deve trovare da solo la propria strada” questo è lo slogan più diffuso. Ma i piccoli hanno bisogno di guide sagge e sicure. Guide che sappiano indicare e far comprendere il senso della vita, tutto il resto è effimero. La vita e il suo significato bastano a dare ragione di esistere. La vita è Gesù Cristo. Forse anche noi genitori cristiani cattolici spesso lo diamo per scontato o non ci crediamo abbastanza. Quanto siamo preoccupati che i nostri figli si rivolgano a Dio chiamandolo “Padre”? Quanto siamo preoccupati di aiutarli a riconoscersi in Gesù, l’unico Figlio?

Tanti, troppi genitori non si sentono guide, né tanto meno sagge e sicure. Non sanno cosa trasmettere, e chi lo sa, non riesce a trovare i modi giusti. Così assistiamo ad uno stallo educativo. Figli che crescono nutriti prima dalla società, culturalmente invadente e spregiudicata, e solo dopo dalla famiglia. Tutto questo si riflette ancora più profondamente nell’ambito religioso, dove possiamo registrare vuoti sempre più profondi. Educare alla fede nasce dalla convinzione di aver qualcosa da dire e da dare. Dalla certezza che possiamo dare un volto alla persona e alla storia. Se tutto questo manca, cosa rimane?

Le famiglie rinunciano. Arretrano. Lasciano il timone ad altre agenzie educative, come la scuola ad esempio, sempre più secolarizzata. Cercano sostegno nelle parrocchie, ma i nostri figli non andranno mai in parrocchia se non hanno mai visto almeno uno dei genitori farlo, meglio se tutti e due. Non cercheranno mai la direzione spirituale di un sacerdote, se sono cresciuti in un contesto di disistima per la Chiesa e i suoi ministri, a volte più che disistima nelle nostre case c’è indifferenza per le cose di Dio, che è peggio.

La rinuncia educativa da parte dei genitori viene presentata come una forma di rispetto per la libertà dei figli. Qui si annida un grande equivoco. Educare vuol dire provocare la libertà. Consegnare all’altro idee e valori. Rispettare la libertà del proprio figlio, non vuol dire lasciarlo libero di fare sempre e comunque ciò che vuole. Lasciarlo come una terra senza bandiera, senza cultura, senza una precisa spiritualità. Questo, peraltro, espone i nostri figli a pericolose propagande.

È necessario trasmettere il valore della fede, della religione naturalmente orientata al bene. Emerge qui, in tutta la sua potenza, l’importanza del ruolo della famiglia. Educazione e famiglia camminano insieme. La vita domestica è infatti il primo e insostituibile ambiente educativo. Ed è quello decisivo perché lascia una traccia indelebile nella psiche e nel cuore del bambino (cf Educare alla vita buona del vangelo, 27). Tutto questo fa emergere però una domanda: chi aiuta i genitori a svolgere il compito educativo? Sono capaci di farlo da soli? Questa domanda è tanto più drammatica proprio perché emerge in un contesto culturale come il nostro.

L’educazione dunque è una scelta di vita, ma si tratta di un’arte, un lavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà. Se nessuno può improvvisarsi educatore, se a tutti è chiesto un itinerario formativo rigoroso, come mai i genitori sono esenti e come mai nessuno li aiuta ad assumere in modo consapevole le proprie responsabilità?




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su “Trasmettere la fede: ecco la sfida educativa di un genitore credente”

Ho sempre ritenuto che l’educazione e più in generale la formazione siano percorsi che necessitano di un’imprescindibile coerenza dell’educatore ,prima delle teorie servono gli esempi! Sto cercando di trasmettere ai miei figli quei valori e quei principi che ,al di là del proprio credo religioso,sono da ritenersi universali ,validi in ogni tempo e in ogni luogo! Prima di tutto il rispetto per la dignità dell’uomo ,la propria e quella di ogni altro…
Anche in ambito religioso seguo lo stesso stile educativo ,più che il mero sentimentalismo o il rito,cerco prima di tutto di trasmettere loro i valori del Cristianesimo,con la speranza che attecchiscano.
Ho sempre dato il meglio di me stessa e ho anteposto la loro educazione a tutto il resto, anche a ciò che mi avrebbe dato enormi gioie,secondo le logiche e i parametri del mondo. Mi sono sempre avvalsa di tutte le conoscenze in mio possesso,molte delle quali afferenti al campo delle scienze umane. E invece? Da qualche periodo mio figlio che è un adolescente fa delle considerazioni xenofobe sui migranti! Tutto questo scatena la mia disapprovazione con veemenza,e finisco per fare delle dissertazioni sul razzismo ,sulle sue origini storiche e psicologiche ,e su come il razzismo sia espressione della più sublime forma di ignoranza oltre ad essere a tutti gli effetti anti Cristiano. Il razzismo è una sconfitta della nostra civiltà ,della nostra umanità! Purtroppo certe ideologie xenofobe stanno affermandosi subdolamente nella nostra società! E se mio figlio continuera`a discriminare un altro essere umano per il colore della sua pelle,allora avrò solo perso tempo … Tutto quello che ho fatto non sarà servito a nulla. Ovviamente Non demordo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.