Amoris laetitia

E i sacerdoti che ruolo hanno in Amoris laetitia?

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di Emanuela Pandolfi

Cosa dice e cosa chiede l’Esortazione postsinodale del Santo Padre ai presbiteri? È questo il filo conduttore dell’ultima pubblicazione di Editrice Punto Famiglia “Amoris laetitia, una provocazione per i presbiteri” scritta da don Silvio Longobardi, e con la prefazione di Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani e presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia, i Giovani e la Vita. A colloquio con l’autore.

Sovente i sacerdoti sono scoraggiati e pastoralmente non sanno come accompagnare gli sposi nel loro cammino. Come è nata l’idea di questo libro?

È nata attraverso gli incontri che mi capita di fare con i presbiteri, negli ultimi tempi soprattutto su Amoris laetitia. Ho sentito il bisogno di offrire una sintesi del documento. Una sintesi breve e incisiva che, attraverso una decina di capitoli offra una panoramica di tutte le provocazioni pastorali contenute nell’Esortazione. Mi sono reso conto che quel documento non parla solo agli sposi, ma anche a noi presbiteri. Il documento ci propone di assumere un diverso stile di vita, uno stile di vita che va acquisito e compreso dai sacerdoti.

Papa Francesco invita i presbiteri ad una conversione pastorale. Secondo lei, questa conversione pastorale può prescindere da quella personale? E cosa significa concretamente?

Io sono convinto che ogni rinnovamento ecclesiale passi innanzitutto attraverso la conversione personale. È una verità teologica abbastanza chiara, ma è anche una verità dettata dall’esperienza. I grandi periodi di rinnovamento non sono nati dagli studi, ma dai santi e i santi sono quelli che hanno preso sul serio il Vangelo, sono quelli che con la vita e le opere hanno contribuito a rinnovare la Chiesa. Se non c’è una conversione personale non potrà esserci un rinnovamento pastorale. Bisogna che tutto cominci da qui, dalla vita interiore.

Quando parliamo di conversione, chiamiamo in causa lo Spirito Santo. Se un rinnovamento derivasse soltanto da un programma pastorale o da un approfondimento teologico sarebbe sempre un’opera umana. È lo Spirito che vivifica e rende più bella la Chiesa. Per questo il libro raccoglie e definisce in sintesi lo stile interiore che il presbitero deve assumere, perché solo se veramente interiore diventa anche stile pastorale. Ecco perché nel libro mi preoccupo di definire in dieci capitoli qual è lo stile: siamo chiamati ad essere rinnovatori e non rottamatori, pastori attenti e premurosi, custodi dell’unità coniugale, guide spirituali, padri fiduciosi, testimoni della santità di Dio e della Chiesa orante. Ecco lo stile. Ecco l’identità.

Non mancano oggi pastori che hanno interpretato il documento come una sorta di apertura incondizionata e hanno agito di conseguenza. A questi pastori cosa direbbe?

Direi che quando parliamo di apertura incondizionata facciamo riferimento sempre e soltanto alla questione dei divorziati e risposati e così rischiamo di cadere in un tranello. Perché questo documento che è molto ampio, articolato in nove capitoli e che affronta tutti i temi della pastorale familiare rischia di essere presentato come un documento che apre le porte ai risposati e divorziati, ma se fosse così bastava un semplice decreto. Invece il Papa ha voluto inserire la questione delicatissima delle famiglie ferite e delle nuove unioni, in una prospettiva più ampia che riguarda tutta la pastorale della famiglia. Se avessimo realmente un’apertura incondizionata, una disponibilità interiore per attuare una pastorale della famiglia degna di questo nome, io sarei contento. Invece mi rendo conto che la famiglia non è ancora al centro dell’attenzione pastorale.

Io penso che in riferimento alla questione dei divorziati e risposati, lo dico con grande rispetto, le porte del cuore devono restare aperte, ma prima di cambiare la prassi pastorale, dobbiamo riflettere con calma e invitare anche gli sposi a farlo. Non è questione solo di un sì o di no, i presbiteri hanno il compito di accompagnare sulla via del discernimento, un percorso che vede coinvolto anche il vescovo e rimane nel solco dell’insegnamento della Chiesa. Il documento suggerisce di fare un appropriato esame di coscienza. In questo processo sarà utile farsi tante domande: qual è la condizione del partner abbandonato? Come ci si è comportati con i figli? Ci sono stati tentativi di riconciliazione? Quali conseguenze ha una nuova relazione sul resto della famiglia? Quale esempio offriamo alle coppie che si preparano al matrimonio? Questi sono passaggi che richiedono un lavoro interiore che riguarda non solo la famiglia e gli sposi coinvolti, ma tutta la Chiesa. Dobbiamo ricordare un’altra regola: nessun lavoro o cambiamento stabile e duraturo a livello pastorale vede la luce senza la sofferenza. C’è sofferenza anche nell’attesa. Dobbiamo attendere come si attende la nascita di un figlio quando si è in travaglio.

Cosa significa che i sacerdoti devono prendersi cura con amore della vita delle famiglie? Quale esperienza concreta potrebbe raccontarci?

Io ho cominciato ad esercitare il ministero con gli sposi, quando il mio Vescovo mons. Gioacchino Illiano, mi chiese di occuparmi di questo ambito pastorale che in quel momento era scoperto e non c’era neanche un ufficio. Parliamo della fine degli anni ‘80. Mi sono trovato a dover costruire un’azione pastorale e quello che ho intuito è che questa pastorale andava fatta con gli sposi. Bisognava quindi individuare coppie da preparare cui avrei dovuto dare il cibo spirituale. Prendersi cura con amore, significa avere uno sguardo nuovo. La pastorale familiare deve essere fatta di presbiteri che sono disposti a farsi accanto, che guardino la famiglia con premura e attenzione. A distanza di decenni dalla Familiaris consortio che mise in moto un grande cambiamento, la pastorale familiare ancora arranca. Spesso non c’è quel desiderio di rendere gli sposi protagonisti. Non avremo una pastorale familiare senza sposi direttamente coinvolti e adeguatamente preparati.

Alla luce della sua esperienza e considerando le indicazioni che emergono da Amoris laetitia, quali sono secondo lei i punti deboli della pastorale familiare oggi?

È difficile fare una disamina completa. In primo luogo penso all’assenza di presbiteri adeguatamente preparati e capaci di accompagnare la dinamica affettiva. Quanti sacerdoti sono preparati a guidare i giovani in un retto discernimento? Quanti sono poi gli sposi preparati per accompagnare altri sposi? Il primo punto per me è proprio la mancanza di operatori preparati. Ho parlato di presbiteri e sposi, ma a me piacerebbe fossero coinvolte anche le religiose. Abbiamo un patrimonio pastorale che non viene utilizzato.

L’altro grande limite è la mancanza di un percorso di catechesi che sviluppi un itinerario di fede specifico per gli sposi, che li aiuti a rileggere la coniugalità. Un cammino che li aiuti a diventare ottimi sposi e anche ottimi genitori. Ci sono genitori che chiedono senza trovare risposte. Chi li accompagna nella prospettiva educativa? Manca, infine, una proposta per il fidanzamento. Gli incontri per la preparazione al matrimonio sono ben poca cosa. C’è una sorta di frattura tra i fidanzati e la Chiesa. Parlo anche di quei fidanzati che crescono all’ombra della parrocchia e che non ricevono il cibo adatto a quel momento storico della loro vita. Chi accompagna questi giovani? Chi li aiuta a fare un retto discernimento?

Lei parla di presbiteri che accompagnano gli sposi a custodire l’unità coniugale e non ad essere solo notai di fallimenti. In che modo i pastori sono chiamati a coniugare misericordia e verità nelle situazioni spesso drammatiche che attraversano le famiglie?

I pastori devono entrare nelle case come faceva Gesù, pensiamo alla suocera di Pietro, a Lazzaro, a Zaccheo e poi a Emmaus. Il presbitero deve entrare nella casa. È quello il luogo dove si svolge l’attività pastorale. Solo passando attraverso la casa degli sposi, i presbiteri possono condividere la loro vita.  La casa è il luogo dove la vita familiare si spezza, arde e si consuma. È lì che il presbitero è chiamato a condividere e ad annunciare il Vangelo senza mai adattarlo a quello che riusciamo a comprendere e a fare. È importante educare gli sposi, per esempio, alla vita di preghiera.

Lei nel libro individua nei presbiteri una guida spirituale che aiuti nel discernimento. Quanto è necessario per una coppia di sposi avere un pastore che li accompagni?

Formare le coscienze significa aiutare a rileggere gli eventi a partire da Dio e nella luce di Dio. Il criterio di partenza non è scegliere quello che è giusto seconde me o secondo ciò che mi piace, ma secondo ciò che è giusto agli occhi di Dio. Bisogna rimanere nella verità del Vangelo. Questo richiede preghiera e fiducia. Quando la strada diventa difficile, le scelte sono pesanti, lì bisogna richiamare tutto il valore della grazia. Questo tema ritorna spesso nel documento. Senza la grazia non possiamo rispondere alla chiamata di Dio. Sottolineare la grazia vuol dire ricordare che il buon Dio non solo ci indica una strada ma ci dona tutto il coraggio e l’amore necessario per poterla perseguire. Tutto questo non si può fare se non siamo disposti a portare il peso della Croce.

Cosa ha ricevuto dagli sposi nel suo ministero sacerdotale?

Ho ricevuto tante cose. Mi limito a sottolinearne una. In primo luogo il valore della fedeltà. Ho l’impressione che oggi qualcuno voglia fare della fedeltà un valore in disuso, fuori moda, non più una virtù. Invece non è così. Ho incontrato sposi che avevano tanti motivi per staccare la spina e voltare le spalle, invece la fedeltà in quel momento diventa la risposta di fede. Non sono i santi che ci insegnano che Dio ci fa passare talvolta attraverso la prova? Spesso la fedeltà di cui gli sposi sono capaci mi ha commosso. Una sposa una volta mi disse: “Ma è così che deve finire il mio matrimonio?”. Me lo disse piangendo ed io le consigliai di custodire la fedeltà. Non le indicai una comoda scorciatoia. L’amore nella prova risplende in maniera ancora più gratuita. Oggi quegli sposi sono ancora insieme.

 

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1 risposta su “E i sacerdoti che ruolo hanno in Amoris laetitia?”

Preghiamo lo Spirito Santo: che ci il
lumini a tutti perché avvenga la CONVERSIONE DEL CUORE, DELLA VITA! In Comunione,

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