Adozioni

Sette coppie rifiutano di adottarla: la bambina down viene affidata a un uomo single

di Marco Giordano

Abbandonata dalla madre in ospedale, una bambina con sindrome di Down è affidata dal Tribunale per i Minorenni di Napoli ad un uomo single dopo il rifiuto di sette coppie di aspiranti genitori. Un caso che mette in evidenza la debolezza del sistema di protezione dei minori nel nostro Paese.

Napoli. Abbandonata in ospedale dalla madre naturale, una bimba affetta da trisomia ventuno (detta comunemente sindrome di Down) è stata affidata dal Tribunale per i Minorenni ad un uomo single. Erano state interpellate ben sette coppie di aspiranti genitori, che però si sono rifiutate di accoglierla. Il Tribunale ha preso dunque in considerazione la richiesta dell’uomo di potersi occupare di un bambino con disabilità.

Partiamo da un principio: la legge italiana 184/1983 che disciplina l’adozione prevede che i bambini debbano essere adottati da una mamma e un papà. Si tratta di un’indicazione che ha lo scopo di assicurare la migliore soluzione possibile ai bisogni di crescita dei bambini. La stessa legge, all’art. 44, prevede poi la possibilità che l’adozione venga effettuata anche da un adulto single limitatamente ai casi nei quali non si riesca ad individuare una coppia disponibile ed idonea. Si tratta di una forma residuale, da attivare in subordine, nell’interesse dei bambini, per offrire risposte a situazioni e bisogni che potrebbero altrimenti restare insoluti.

Ciò premesso occorre, però, chiedersi se nel caso della bambina di Napoli – ed in altri casi analoghi – si siano effettivamente fatti tutti gli sforzi possibili per individuare una coppia disponibile all’adozione. Varie esperienze italiane ed europee mostrano chiaramente quali sono le concrete modalità per risolvere situazioni come queste. Bisogna giocare d’anticipo, costruendo concrete forme di collaborazione tra diversi Tribunali per i Minorenni, attivando delle équipe di operatori specializzati, collaborando più strettamente con le associazioni familiari, realizzando azioni mirate di reclutamento e formazione delle famiglie disponibili. Se questo non avviene o avviene solo in parte e con grande difficoltà, non c’è da sorprendersi che si debba ricorrere a soluzioni secondarie.

Quello di Napoli è un episodio importante che sicuramente mette in luce le debolezze del nostro sistema di protezione minorile. È necessario che la politica italiana smetta di fare demagogia e compia concrete scelte di potenziamento dei servizi e degli interventi sociali. Basti pensare che l’ultimo Piano Nazionale Infanzia, frutto di un articolato lavoro che ha coinvolto decine di funzionari istituzionali e di esperti, e che propone percorsi e modalità per fronteggiare queste ed altre situazioni, pur essendo stato approvato con legge dello Stato, è poi rimasto lettera morta non essendo mai stato finanziato. Ad esempio, da tempo si attende l’attivazione della Banca Dati nazionale dei minori adottabili, che permetterebbe una più rapida ed efficace collaborazione tra i vari Tribunali per i Minorenni d’Italia nella ricerca delle coppie disponibili e più idonee ad adottare i bambini. Da anni se ne parla, c’è anche una norma dello Stato che ne ha previsto l’attivazione e ne è stata anche finanziata la realizzazione, ma nei fatti la banca dati non è ancora attiva. Ne consegue che, probabilmente, il Tribunale per i Minorenni di Napoli avrà potuto verificare solo la disponibilità delle coppie del suo bacino, senza estendere la ricerca all’intera platea delle coppie italiane disponibili all’adozione.

C’è anche un’ultima considerazione da fare che riguarda il bisogno di impegnarci di più nella diffusione della cultura dell’accoglienza e dell’adozione. Occorrono campagne di comunicazione mirate ed efficaci, senza dimenticare che le famiglie che adottano un bambino con disabilità non vanno poi lasciate sole. La migliore promozione dell’adozione è quella fatta dalle “adozioni ben riuscite”. Anche qui c’è una indicazione normativa (art. 6, comma 8 della legge 184/83) che da oltre trent’anni chiede di prevedere l’attivazione di specifiche misure di sostegno alle famiglie che adottano bambini con disabilità. Indicazioni che nella maggior parte dei territori italiani non ha ancora trovato attuazione, specie al Sud, al punto che da alcuni anni è nata una Campagna di pressione, dal titolo “Donare Futuro” (www.dirittoallafamiglia.it) finalizzata a chiedere alle Regioni Centro-Meridionali di dare concrete risposte su questo punto e su altri ulteriori urgenti bisogni dei minorenni “privi di genitori”.




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