CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

La sofferenza non è una bestemmia ma una partecipazione all’opera di Dio

27 Novembre 2017

malattia genitore

foto: © Arman Zhenikeyev - Shutterstock.com

Dove la sofferenza diventa spietata e la malattia genera la paura del futuro, il grido della fede deve levarsi con più forza. Oggi don Silvio scrive ad una famiglia provata dalla malattia: “Dio sa trarre tutto al bene. È questo il momento di testimoniare che la fede scaccia ogni timore”.

Cari Peppe e Carmen,

non è mai facile trovare le parole adatte per accompagnare un passaggio così delicato della vostra vita coniugale e familiare. Nell’adorazione che ho fatto di buon mattino ho meditato una pagina degli scritti teresiani, una poesia in cui rilegge la vita della sorella Celina, si sofferma su tutte le cose belle che hanno vestito a festa i giorni terreni, in particolare ricorda le tenerezze ricevute in famiglia e la bellezza del creato … ma tutto è bello se vissuto in Gesù: “Io in te, Gesù, possiedo ogni cosa” (P 18, 39). Dopo aver passato in rassegna tutta la creazione, conferma e rinnova il suo amore con queste parole: “Io ho il tuo cuore, il tuo Volto adorato, il dolce tuo sguardo che m’ha trafitta; ho delle sante tue labbra il bacio! T’amo e non desidero nulla più, Gesù” (P 18, 51).

È questa la parola che oggi vi consegno, la ricevo da Teresa ed è come se fosse lei stessa a donarvela. La sua vita è un concentrato d’amore, proprio per questo ella è come un vaso sempre ricolmo di gioia. Una gioia che nessuna sofferenza può turbare, né quella che deriva dalle incomprensioni né quella che sopporta a causa della malattia che consuma il suo corpo. Chi ama, anche se soffre, non smarrisce la via della gioia. In un romanzo che sto leggendo in questi giorni ho trovato questa bella frase: “Fare ciò che si ama è la libertà. Amare ciò che si fa è la felicità”. Io aggiungo: amare ciò che non è amabile è la fede.

Quando presenta Gesù Cristo come icona e modello dell’umanità nuova, l’Autore della Lettera agli Ebrei scrive: “Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza” (Eb 2,10). La croce è dunque una via di perfezione, appartiene a quel cammino di maturazione che conduce ciascuno alla sua pienezza. Chi ha fede non si ferma alla croce ma guarda alla meta. La sofferenza non è una bestemmia ma una partecipazione all’opera che Dio compie in noi e attraverso di noi.

 

Queste parole, che traggo dalla Scrittura, sono come una lampada che deve accompagnare i vostri passi, tenete sempre accesa questa luce, non lasciatevi impaurire o scoraggiare dagli eventi. Ma se un giorno avrete paura, non abbiate paura di dirlo e di chiedere sostegno ai fratelli che Dio vi ha donato come compagni di viaggio nel vostro cammino. Anche Gesù nel giardino ha gridato la sua angoscia chiedendo ai discepoli di condividere il suo dolore e al Padre di allontanare il calice della passione. Scrive a questo proposito Teresa: “È quanto mai consolante pensare che Gesù, il Dio forte, ha conosciuto le nostre debolezze, che ha tremato alla vista del calice amaro, quel calice che prima aveva desiderato così ardentemente di bere”. (LT 213, 26 dicembre 1896).

 

Mentre scrivevo questa lettera ho ricevuto la vostra mail. Sono contento di sapere che siete nella pace e rendo grazie a Dio per questo dono che ritengo il bene più prezioso. Una pace che non nasce dall’ingenua certezza che tutto andrà per il meglio ma dalla fiducia che Dio sa trarre tutto al bene. “Tutto concorre al bene”, scrive san Paolo. Questa pace è il dono più grande che potete dare ai vostri figli che vivono questa stagione della vita familiare con una legittima preoccupazione che, anche se non lo dicono, genera in loro la paura del futuro. È questo il momento di testimoniare che la fede scaccia ogni timore. Giovedì prossimo, durante l’intervento chirurgico, sarò al Carmelo per la celebrazione eucaristica. Vi porto con me sull’altare e vi affido alla speciale intercessione della nostra santa Patrona. Vi benedico di cuore.

 

don Silvio




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1 risposta su “La sofferenza non è una bestemmia ma una partecipazione all’opera di Dio”

…è tanto difficile parlare del valore della sofferenza ai malatti di malattia cronica. Allo stesso tempo, è urgente questa comunicazione!

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