CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

L’ipocrisia della legge sulle DAT

18 Dicembre 2017

ospedale

foto: @ sfam_photo - Shutterstock.com

Giovedì 14 dicembre è stata approvata la legge sulle DAT (Disposizioni, Anticipate di Trattamento). Oggi nel suo blog don Silvio offre delle riflessioni importanti: “Nessuno parla ufficialmente di eutanasia. Questa legge è l’icona di un’epoca in cui la libertà individuale appare sempre più come un padrone dispotico che può decidere quello che vuole della propria vita, anche di concluderla tragicamente”.

Cari amici,
abbiamo tutte le ragioni per essere inquieti, la legge appena approvata suona come una campana a morto, di fatto legittima l’interruzione della vita quando si ritiene che essa sia diventata inutile, un peso insopportabile. Il titolo della legge è ipocritamente distante dal contenuto: “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Mi ricorda un altro titolo legislativo altrettanto bugiardo, quello che legittima l’aborto: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Correva l’anno 1978. Erano i primi passi di quella cultura libertaria che poco alla volta ha stravolto il modo di pensare e di vivere, riducendo la persona a cosa.

Tanti guardano con un certo favore a questa legge. La cosa purtroppo non mi stupisce. Siamo abilmente manipolati da una cultura che s’impone in modo sempre più pervasivo sui media. In questi giorni, a supporto della tesi eutanasica, i giornali hanno riproposto la vicenda del dj Fabo, che alcuni mesi fa scelse il suicidio assistito. Come sempre avviene in questi casi si utilizzano drammi personali per giustificare una scelta che ha un chiaro sapore ideologico. Perché non parlare allora di quell’ingegnere italiano che, non molto tempo fa, ha fatto la stessa scelta per sfuggire alla depressione? O di quell’avvocato che andò a morire in una clinica della dolce morte non appena seppe di essere affetto da un tumore? E perché non dare la parola a quei malati gravi che invece non vogliono morire né chiedono ragioni per vivere ma domandano semplicemente di avere il necessario sostegno economico da parte di uno Stato provvido nel dare la morte ma poco attento alle ragioni della vita? Il quadro che emerge nella cronaca dei media è dolorosamente imparziale per non dire stupidamente fazioso.

Ovviamente nessuno parla ufficialmente di eutanasia. Il nemico dichiarato è l’accanimento terapeutico. Le immagini e le storie fanno pensare che si tratta dell’ultima chance in una situazione terminale o comunque in una condizione di cronica invalidità. Il linguaggio giuridico parla di “Disposizioni Anticipate di Trattamento”, da cui l’acronimo DAT. I bioeticisti usano un linguaggio più poetico, dicono che è giunta l’ora di “vivere il morire”. Ma dietro tutto questo c’è una chiara scelta culturale, c’è la riaffermazione dell’inalienabile libertà della persona che ha tutto il diritto di rinunciare alla vita. Non importa quali sono i motivi. In effetti la legge non restringe il campo delle possibilità ma lascia a ciascuno la libertà di decidere il come e il quando. In un tale contesto è possibile anche scegliere di morire semplicemente perché si è … stanchi di vivere. Lo Stato accetta il principio che ciascuno può fare quello che vuole della sua vita: può scegliere quando e come nascere e può decidere quando e come togliere il disturbo.

Non è una plateale esagerazione! Quarant’anni fa, quando fu approvata la legge sull’aborto, si disse che rispondeva alle situazioni più drammatiche, in quel periodo la stampa presentava i casi più pietosi. Una commedia all’italiana che aveva l’unico scopo di far indorare la pillola. In realtà il testo legislativo che poi fu approvato concedeva la più ampia libertà di scelta. Sappiamo bene com’è andata a finire. Oggi l’aborto è percepito come un vero dogma, un diritto che nessuno e per nessuno motivo può rimettere in discussione. Quella legge ha contribuito ad anestetizzare la coscienza. Ed è quello che avverrà anche oggi grazie alle nuove disposizioni legislative. Lo Stato appare nella veste di un medico compassionevole che si china sul malato, in realtà ha l’abito del tesoriere che si rallegra di non spendere soldi per custodire una vita che non è più utile a nessuno.

La legge licenziata dal Parlamento giovedì 14 dicembre è l’icona di un’epoca in cui la libertà individuale appare sempre più come un padrone dispotico che può decidere quello che vuole della propria vita, anche di concluderla tragicamente. La legge non solo approva e legittima questo modo di pensare ma lo favorisce, mettendo a disposizione le strutture sanitarie pubbliche e obbligando i medici a dare la morte. Non si prevede alcuna possibilità di presentare obiezione di coscienza. Ed è cosa gravissima perché in nome della libertà individuale si calpesta la libertà di coscienza. È certamente drammatico eppure proprio questa scelta mette a nudo quella dittatura del pensiero che Benedetto XVI aveva intravisto e denunciato anni fa come una deriva inevitabile dell’individualismo libertario.

Cari amici, c’è di che essere tristi e preoccupati. Ci sono situazioni in cui percepiamo tutta la nostra impotenza, come scrive il salmista: “Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?”. Ma lui stesso risponde: “il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l’uomo” (Salmo 11). Noi sappiamo che gli occhi di Dio non si stancano di scrutare questa storia piena di contraddizioni. Quel Gesù, che duemila anni fa è venuto in mezzo a noi, colma di speranza i nostri pensieri e dona il coraggio di lottare. Oggi forse comprendiamo ancora meglio che “in nessun altro c’è salvezza” (At 4,12). Una verità da custodire e proclamare. Un caro e affettuoso saluto a tutti

don Silvio




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su “L’ipocrisia della legge sulle DAT”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.