9 febbraio 2018

9 Febbraio 2018

La prigione dell’io

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il commento

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano” (7,32). Sulla via del ritorno, prima di arrivare in Galilea, Gesù incontra un sordomuto, frammento di quell’umanità ferita e incompiuta che non può realizzarsi pienamente. Al centro di questo racconto c’è una parola che l’evangelista ha voluto conservare nella lingua originale “Effatà” che significa: apriti (7,34). È una parola che ben si adatta alla persona che sperimenta l’impossibilità di comunicare quello che vive e di ascoltare le voci degli altri. Un uomo costretto a restare chiuso nel perimetro dei suoi pensieri. La parola di Gesù spezza le catene e lo mette in relazione con il mondo che lo circonda, uomini e cose. Vorrei sottolineare un dettaglio: questa patologia lo accompagna fin dalla nascita, la prima parola che egli ha udito è proprio quella di Gesù. Beati noi se la prima parola che ci sveglia al mattino, quella che ci dà vita, viene da Dio. L’antico profeta offre questa bella testimonianza: “Ogni mattino [il Signore] fa attento il mio orecchio, perché io ascolti come un iniziato” (Is 50, 4). Impariamo anche a noi a metterci davanti a Dio – ogni giorno – come bambini che hanno ancora bisogno di imparare e lasciamoci istruire dallo Spirito Santo.

Gesù abbatte le barriere dell’incomunicabilità e mette quell’uomo in relazione con il mondo. Si tratta senza dubbio di una grazia ma … a che servirebbe aprire gli orecchi e sciogliere la lingua, se non guarisce il cuore. Tante volte la vera patologia è quella interiore: quando non abbiamo più il gusto di metterci in ascolto, non abbiamo più stima per le persone con le quali condividiamo il nostro cammino, non abbiamo più voglia di parlare perché pensiamo di non avere niente da dire oppure siamo convinti che tanto … nessuno ci ascolta. Questa chiusura assume forme ancora più gravi quando non abbiamo voglia di ascoltare Dio o quando mettiamo in dubbio l’esistenza stessa del Cielo. Oggi chiediamo la grazia di aprire il cuore alla condivisione per manifestare che Cristo ci ha liberato dalla prigione dell’io e ci ha fatti entrare nella casa della comunione.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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