7 marzo 2018

7 Marzo 2018

Tradurre senza tradire

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,17-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Il commento

Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (5,17). Troviamo queste parole all’inizio del discorso della montagna che, nel Vangelo di Matteo, racchiude il primo dei grandi insegnamenti di Gesù. Queste parole offrono la chiave interpretativa, la premessa che indica la direzione di marcia, permettono di comprendere qual è la prospettiva che i discepoli devono seguire. I cristiani della prima generazione correvano due rischi: quelli che provenivano dal giudaismo potevano restare attaccati a tutti i singoli precetti della Legge antica, anche quelli che non avevano più valore in rapporto alla novità del Vangelo; d’altra parte i cristiani che provenivano dal paganesimo potevano pensare che tutta la tradizione del giudaismo appartenesse ad una storia ormai passata. L’insegnamento che Matteo propone chiede di custodire il legame tra l’antica e la nuova alleanza, tra quella parola e quella storia che Dio ha rivelato per mezzo di Abramo e dei profeti e quella parola che egli ha consegnato in Gesù Cristo. Il Rabbì di Nazaret dice che la sua missione non consiste nell’abolire ma nel condurre tutto al suo compimento. Per questo egli insegna a non abbandonare la legge antica, ma ad accoglierla come parte integrante della Legge nuova, invita a non cancellare i precetti del passato ma a riscriverli nella luce della buona notizia che egli stesso proclama con autorità. È bene però sottolineare che non chiede di conservare acriticamente ogni tassello della tradizione ma di rielaborare ogni cosa con fedeltà creativa.

È una provocazione sempre attuale, la premessa di quel lavorio interiore che si chiama discernimento. Da una parte dobbiamo custodire con rigore scrupoloso la verità e dall’altra dobbiamo cercare di tradurla in forme sempre nuove. Un equilibrio difficile, specie in un’epoca come la nostra segnata da profondi mutamenti. Oggi chiediamo la grazia di saper tradurre senza tradire e la capacità di scrivere pagine nuove che abbiano il profumo di quella Parola antica che attraversa i secoli.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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