Festa della donna

Le prostitute bambine: quando l’innocenza è il bene da vendere

di Ida Giangrande

“Noi non siamo in vendita”, questo il titolo del libro di Irene Ciambezi della Papa Giovanni XXIII, ma questo è anche l’urlo delle donne, spesso appena adolescenti, costrette a prostituirsi. In occasione della festa della donna, uno sguardo all’infanzia rubata delle prostitute bambine.

Chi è Irene Ciambezi?
Innanzitutto una sposa. Io e mio marito facciamo parte della Comunità Papa Giovanni XXIII da quasi dodici anni. Lui si occupa di disabilità, dell’integrazione e della formazione cristiana e umana di queste persone spesso dimenticate dalla società, invisibili agli occhi del mondo. Io invece, da sempre mi occupo di tratta, di donne e di bambini abusati dalla devianza sessuale. Sono una madre, che come tante altre vorrebbe poter contribuire a creare un mondo migliore da consegnare nelle mani dei figli. Insieme con il mio sposo, facciamo accoglienza di altri bambini sull’insegnamento di don Oreste Benzi, e spesso, guardando le anime ferite in cerca di una casa e di una famiglia, mi sembra di cogliere sempre di più l’immagine di un mondo che non è capace di rispondere alle domande di senso dei più piccoli. Infine sono una giornalista, che ha scelto di fare della propria professione una strada per cercare la verità.

“Noi non siamo in vendita”, un libro che raccoglie storie di sopravvissute allo sfruttamento sessuale. Si tratta di donne molto giovani, possiamo dire vere e proprie bambine. Come nasce l’idea di scrivere questo libro?
Le unità di strada dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, tra il 2015 e il 2016 avevano notato un incremento della presenza di giovani e giovanissime per strada provenienti principalmente dal flusso dei profughi, in particolare Africa sub-sahariana, parliamo di Nigeria, ma anche Gana e Costa d’Avorio. L’allarme era stato già lanciato dall’OIM, (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), che nel 2015 aveva segnalato un aumento del 300% delle giovanissime sui marciapiedi. Quando parlo di giovanissime mi riferisco a ragazzine anche di 12/13 anni. Da qui è nato un lungo percorso di ricerca e di ascolto di tutti gli operatori dell’Associazione impegnati su questo fronte.

Cosa sono le unità di strada?
Volontari che si occupano di avvicinare le ragazze nei luoghi dove sono costrette a vendersi e a svendersi. Allo stato attuale ne possiamo contare 24 unità, che lavorano di notte e soprattutto nei week end in cui la richiesta aumenta. Dalle loro testimonianze è nata l’esigenza di raccontare il background di queste ragazze, il loro arrivo in Italia, le aggressioni, i ricatti morali e fisici e infine il marciapiede con tutto ciò che questo comporta.

Nel 2017 esce quindi il libro “Non siamo in vendita”
Sì, una raccolta di storie di donne che sono riuscite a riprendersi la loro dignità. Le schiave del sesso proveniente dalla rotta libica che però sono sfuggite allo sfruttamento sessuale. L’obiettivo è accendere i riflettori su chi finanzia il fenomeno, su chi ci guadagna e chi lo sfrutta. Ma non è abbastanza, quello che volevo fare scrivendo questo libro, era anche accendere i riflettori su chi ormai ha accettato di vedere un ragazza per strada, anche se piccola, come la normalità, il lavoro più vecchio del mondo.

Prostituzione minorile e minori non accompagnati, qual è la relazione?
I due fenomeni sono strettamente correlati, lo evidenzia bene anche Save the Children nel suo rapporto, “Piccoli schiavi”, in cui evidenzia la vulnerabilità dei minori che sbarcano sulle nostre coste senza la tutela di un adulto o di una istituzione che in qualche modo se ne prende cura. Facili prede delle organizzazioni criminali, mi viene da pensare alle ragazzine rom, vendute anche dai propri familiari. C’è bisogno di una tutela maggiore, ma soprattutto regolamentata. Come sottolinea anche la dottoressa Caprara, responsabile della Mission minori del Ministero dell’Interno, nell’intervista che riporto all’interno del libro, dove dice che sarebbe importante che ognuno facesse bene il proprio lavoro nella rete di accoglienza che già fattivamente è operativa. Detto questo in Italia non siamo ancora capaci di fare rete intorno a questi bambini. La tutela dei minori non accompagnati, è spesso provvisoria e disorganizzata, si evolve in tempi molto lunghi e farraginosi per cui il minore arriva precocemente alla maggiore età senza un tutore stabile. L’altra lacuna sta nel non saper cogliere caso per caso, la modalità di accoglienza più idonea. Molte di queste ragazzine sono adolescenti o preadolescenti, vivono già una fase difficile della loro crescita, in cui necessita trovare la modalità di accoglienza più rispondente ai loro bisogni. Altrimenti avremo sempre minori che continuano a scappare dagli istituti e dalle case per poi cadere nella rete delle organizzazioni criminali e dello sfruttamento sessuale. È la qualità dell’accoglienza che fa la differenza, lo dice anche Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni XIII nel libro “La qualità della relazione”. Se non c’è una relazione umana, fatta di ponti, di intesa, di fiducia, non sarà possibile definire un percorso di reintegrazione della persona.

Qual è la percentuale di italiane nelle minori obbligate a prostituirsi?
In strada non ne incontriamo, ma non dimentichiamo che la prostituzione minorile oggi si gioca anche nel parallelo universo digitale. Mi riferisco principalmente al grooming, l’adescamento online di minori. Uno dei retroscena più inquietanti del web su cui però la Polizia postale sta lavorando molto bene.

Parliamo del cliente? Ci sono leggi che puniscono l’acquisto di prestazioni sessuali?
La legislazione è chiara per quanto riguarda l’uso dei minori per lo sfruttamento sessuale, il problema grosso è quando parliamo di sfruttamento della prostituzione in door o in strada. Spesso non è nemmeno possibile dimostrare che un cliente e andato con una ragazzina, perché le adolescenti vengono ben addestrate a mentire sulla loro età. L’altro problema grave è l’assenza di una legislazione uniforme sul tema dell’acquisto della prestazione sessuale. Il modello nordico di Norvegia, Irlanda del Nord o Francia, prevede una legislazione che penalizza chi acquista la prestazione. In Italia con la Legge Merlin si è cercato di contrastare lo sfruttamento della prostituzione colpendo principalmente i luoghi in cui questa si consumava. Bisognava dunque chiudere le case perché non era possibile accettare che ci fossero luoghi destinati a questo uso. Ma non c’è una legislazione che penalizzi la prostituzione sulle strade né chi acquista prestazioni sessuali. Un altro aspetto poco conosciuto, che sempre la Legge Merlin aveva richiesto, è la presenza di un corpo di polizia femminile adeguatamente formato ad affrontare questo tipo di esigenza. Non è facile stare accanto o avvicinare donne abusate nei peggiori modi possibili. Ma questo corpo è stato eliminato. La legislazione rimane vacante su molti fronti.

Il principio di fondo è il consenso tra adulti, implicito nella prestazione…
Esattamente! Ma questa è un’utopia. In quei 15-20 minuti non c’è alcun modo di prevedere cosa accadrà. Può succedere di tutto. La donna, già vulnerabile, è in balia dell’uomo che è il suo padrone in quel momento, perché l’ha comprata. L’acquisto ti porta al dominio. Un cliente paga una donna per rivendicarla come un oggetto. Non ci sono limiti né morali né materiali. I casi di cronaca parlano chiaro, molte delle donne soggette a prostituzione vengono malmenate fino ad essere uccise. Noi siamo stati e siamo, purtroppo, spettatori di femminicidi dimenticati dai media. Nel 2016 un decimo dei femminicidi in Italia sono avvenuti nel contesto della prostituzione, per mano di clienti italiani. Reati su cui cala il silenzio mediatico e che poi, messi nel dimenticatoio, restano impuniti. Il caso più recente è quella di una ragazza di 24 anni della provincia di Modena, massacrata dal cliente e poi abbandonata sui binari di notte.

È possibile tracciare un profilo piscologico del cliente tipo?
Nel libro ho cercato di dare qualche risposta in merito, riflettendo anche sul tentativo di costruire un profilo del cliente da parte dell’Istituto Superiore della Sanità. Parliamo di persone con una doppia vita, di mogli e fidanzate che aspettano a casa, di sessodipendenze. Uomini molto spesso adulti tra i 40 e i 60 anni che iniziano ad avere delle vere e proprie frustrazioni sessuali. In particolare il fenomeno della sessodipendenza è un argomento ancora troppo poco sviluppato e altrettanto poco trattato almeno in Italia. Nel libro ho intervistato il prof. Tonino Cantelmi, psicologo e psicoterapeuta, che ha aperto un centro dove si tenta un approccio a questo tipo di disagio. La terapia prevede non solo il richiamo alle relazioni con mogli o fidanzate, ma anche con le madri, per indicare che le disfunzioni sessuali spesso sono proprio la deriva di un malessere situato nelle radici delle persone.

Quanto aiuta la pornografia nello sviluppo delle sessodipendenze?
Potremmo dire che la pornografia è ben consapevole di questo disagio diffuso e lo sfrutta per incrementare il suo giro d’affari. Senza dubbio la pornografia e anche la pedopornografia ormai diffusissime in rete, hanno un potere di condizionamento altissimo sulle persone. La donna-oggetto, il concetto stesso di dominio, la svalutazione e l’avvilimento della relazione sessuale sono tutti presupposti di base di quel tipo di produzione. Ma quello che più spaventa è anche la commercializzazione del corpo della donna a tutti i livelli. Non è necessario andare a cercare siti porno per essere raggiunti dalla pornografia in senso stretto. Basta guardare un pubblicità qualsiasi: la donna è svenduta e svestita anche per pubblicizzare un dentifricio. Gran parte della comunicazione mediatica richiama continuamente dei contenuti sessuali, espliciti oppure no.

Cosa è possibile fare per migliorare questa commercializzazione del corpo?
Parlarne senza limiti. Creare dei contraltari in cui rivalutare la persona custodita nel corpo e la relazione custodita nello scambio sessuale. Noi, come Associazione, siamo spesso invitati a parlare di questi temi, di amore, di prostituzione, di sfruttamento ma anche di grooming, e ogni volta accettiamo di buon grado. Anche usufruire di un video porno è una forma di sfruttamento sottile, latente e meschina. È importante dare delle regole, dare un limite alle nuove generazioni, ma anche a quelle più attempate. Non possiamo far passare l’idea che tutto è lecito nella misura in cui piace a noi. Dobbiamo educare, argomentando le nostre ragioni con motivazione valide e altrettanto allettanti. Il bene è affascinante, ma è nascosto, sta a noi riportarlo alla luce.




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