CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Accompagnare figli straordinari è come far fiorire il deserto

12 Marzo 2018

Accogliere un figlio e accompagnarlo nei sentieri della vita è sempre una sfida grande, ma quando si tratta di un dono speciale? Di un figlio straordinario? Le difficoltà aumentano e spesso possono condurre alla disperazione. Don Silvio: “Il Signore è capace di trasformare anche il deserto più arido in un giardino vestito di fiori e frutti”.

Cari amici,
accogliere un figlio è il dono più grande per una coppia di sposi: un bene da custodire con premura ma anche un impegno esigente che richiede tanta fatica. Quando poi i figli sono… straordinari, la fatica è maggiore. Tanti genitori si sentono smarriti e incapaci dinanzi ad un compito al quale nessuno li ha preparati e che devono esercitare senza poter contare sull’aiuto di nessuno. Senza dubbio lo Stato mette a disposizione tanti servizi sanitari ma la burocrazia è come una selva intricata che scoraggia anche i genitori più coraggiosi. Di fatto, tanti genitori, forse la maggior parte, si ritrovano soli dinanzi ad un monte che non sanno scalare.

Chiamo straordinari quei figli segnati da qualche forma di disabilità, qualcosa che impedisce loro di avere una vita ordinaria, quella che ci sembra talmente abituale da apparire come l’unica possibile. Sono proprio questi figli a ricordarci che la vita è bella anche quando presenta limiti insuperabili e che il successo non consiste nel vincere medaglie – neppure quelle delle Paraolimpiadi che in questi giorni si celebrano in Corea – ma nel vincere la rassegnazione e nel lottare con tutte le forze per dare alla vita la veste più dignitosa.

Non tutti i genitori hanno il coraggio di lottare con ostinazione, molti di loro si fermano lungo il cammino, stanchi e sfiduciati. Ma vi sono anche quelli che riescono ad affrontare questa situazione con intelligenza e carità. E soprattutto con quella fede in Dio che dona il coraggio di fare tutto il possibile, e anche oltre, perché ogni vita è sacra, ogni figlio è un dono inestimabile. Questa certezza, unita all’amore viscerale che ogni genitore nutre per il proprio figlio, catalizza tutte le energie e impegna ad esplorare tutte le strade possibili ma soprattutto chiede ai genitori di mettersi in gioco e di riscrivere l’agenda della vita a partire dalle necessità dei figli.

Tutto questo potrebbe apparire un limite, in realtà è una finestra che ci fa scoprire un mondo totalmente nuovo non dominato dalla ricerca ansiosa dell’affermazione individuale ma fondato sul valore della relazione, un mondo dove la condivisione solidale conta più delle capacità e dove la carità vale più del profitto. Non è il mondo dei sogni, non è una bella favola scritta per rassicurare quelli che hanno paura. Per tanti genitori è storia quotidiana, è l’impegno che accompagna i giorni e spesso anche le notti. Chi vive con fede un’avventura come questa sente, come tutti, l’inquietudine e la paura. E tuttavia non maledice il destino cieco che costringe alcuni a restare ai margini della vita ma vive anche quell’esperienza, senza dubbio sofferta, come una sfida provvidenziale per sé e per gli altri.

Questi genitori non solo s’impegnano con tutte le forze per dare al proprio figlio il necessario per crescere ed acquisire una dignitosa autonomia ma si preoccupano anche di fare della loro esperienza una straordinaria occasione per far crescere nei vari ambiti della vita sociale una diversa e più matura coscienza solidale. In questo modo il figlio non è un fardello gravoso che rallenta il cammino degli altri ma diventa così una preziosa risorsa sociale.

A questa categoria di genitori appartengono Anna e Salvatore, 10 anni di matrimonio e due figli. Il secondo si chiama Giovanni Paolo ed è affetto da autismo. Fin dall’inizio si è inserito nella scuola pubblica, quest’anno ha iniziato a frequentare la scuola elementare. È una storia bella, tutta da raccontare. La lettera che oggi condivido con voi è quella che, qualche settimana fa, essi hanno inviato a tutti i genitori dei bambini che frequentano la stessa classe di Giovanni Paolo. La lettera è solo un frammento della vita ma è sufficiente per capire qual è l’approccio educativo e come la presenza di questo bambino costringe tutti a rivedere i valori della vita e delle relazioni.

Cari amici, sono cose di questo mondo eppure ci fanno intravedere che un altro mondo è possibile. Un altro modo di vivere. A me fanno pensare alla promessa scritta nel libro di Isaia: “Il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l’Eden, la sua steppa come il giardino del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e melodie di canto!” (Is 51,3). È proprio così, il Signore è capace di trasformare anche il deserto più arido in un giardino vestito di fiori e frutti. Non basta crederci, dobbiamo collaborare con Lui per trasformare i sogni in realtà. Che questa storia aiuti tanti di voi a sognare. Un affettuoso saluto a tutti.

don Silvio

 

Carissimi genitori,
vi scriviamo per ringraziare tutti voi per l’affetto e l’accoglienza che dimostrate nei nostri confronti e soprattutto verso il piccolo Giovanni Paolo. I vostri bambini sono sempre così affettuosi verso di lui, si percepisce a pelle la loro gioia di averlo come compagno di classe.

Lunedì Giovanni Paolo compirà 7 anni. Ogni volta non è facile comprendere come vivere questo giorno affinché sia per lui un momento di gioia ma soprattutto di presa coscienza del suo essere.

Giovanni non ha il senso del tempo. Pertanto non comprende a pieno il significato del suo compleanno. In questi anni abbiamo fatto tanti esperimenti. Non sempre andati a buon fine.

Quest’anno siamo particolarmente emozionati perché Giovanni è in grado di soffiare la candelina e di dire quanti anni ha. Lunedì mattina, con il permesso della preside e degli insegnati, porteremo in classe una torta così che lui possa spegnere le candeline insieme a tutti i suoi compagni di classe. Ho chiesto poi ai maestri di individuare cinque bambini che possano nel pomeriggio venire a casa per giocare con Giovanni animati dalle sue terapiste. Coinvolgere tutti i bambini sarebbe controproducente per Giovanni.

Lui quando ci sono troppe persone va in confusione e si isola. Penso che avete avuto modo di notare questa cosa. Invece con un numero ridotto di bambini e con la professionalità delle terapiste possiamo sperare che Giovanni partecipi a dei giochi e a delle attività cosi da aiutarlo ad avvertire è la sua festa.

Penso che possiate comprendere questa nostra scelta. Con la speranza che in questi cinque anni possiamo crescere insieme e che Giovanni possa riuscire ad avere una percezione della realtà più forte così da prendere parte tutti alla sua festa della vita.

I genitori di Giovanni Paolo




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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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