Diritti inviolabili

Negli occhi le immagini della guerra in Siria, nel cuore una domanda: esistono ancora diritti inviolabili della persona?

di Ida Giangrande

Sette anni di guerra, un paese in ginocchio, 19.811 bambini uccisi, nessun codice d’onore, solo morte e disperazione. È la fotografia impietosa del conflitto in Siria.

Scappare dal tempo che ti passa di fianco consumando ogni cosa come il turbine di un tornado. Scappare da questo mondo dove la guerra non si ferma nemmeno davanti all’innocenza di un bambino, e l’uomo imbarbarito restituisce al cielo le piccole vite a lui affidate. È così che vedo ciò che sta accadendo nel mondo. Il ritorno di uno spettro che credevamo superato: la morte come via di salvezza, di liberazione da una sofferenza estrema, ingiustificata e brutale. In passato si chiamava Olocausto, oggi si chiama inferno siriano.

È la guerra dei bambini, il futuro spezzato di un’umanità che diventa sempre più inquietante. E mentre il mondo piange di fronte alle immagini che scorrono in televisione, il sogno di Dio si infrange tra i cadaveri delle piccole vittime indifese e le lacrime disperate di adulti impotenti, vittime sì, ma di se stessi.

Intanto Facebook, impietoso vulcano di video e post, non fa che diffondere scatti scioccanti di un film dell’orrore che diventa realtà sotto i nostri occhi, sotto il nostro cielo. Iniziata il 15 marzo del 2011, l’orribile guerra in Siria ha da poco inaugurato il suo settimo anno di vita. Mentre guardo alla televisione le immagini di città, paesi, palazzi completamente distrutti, mi domando quante persone ricordano ancora per quale ragione è cominciata questa guerra o se c’è una ragione valida a giustificare il dolore, la tragedia, l’inferno soprattutto dei bambini. Non ci sono più giocattoli, né giostre, al posto di aree verdi attrezzate per il tempo libro dei più piccoli, solo strade, palazzi diroccati, polvere, calcinacci, ordigni inesplosi e…corpi senza vita: è la fotografia raccapricciante di uno scenario di guerra al quale forse dovremmo essere abituati.

Alla fine del 2017 il conflitto sembrava essere terminato. Il mondo aveva sperato in un processo di pace tra le forze in campo. Pregando che le vittime consumate, fossero state accolte nella vita del sole che non tramonta.

Ma la cronaca di questi giorni ci racconta di una bestia più viva che mai, che continua a mietere vittime e a consumare vite umane senza distinzione di età o di sesso. Della guerra in Siria ci resta negli occhi l’immagine degli ospedali bombardati, della pelle bruciata dall’uso sospetto di armi chimiche, e Aleppo, un’ecatombe a cielo aperto. E poi la naturale e disperata fuga verso un altro mondo delle migliaia e migliaia di migranti costretti a viaggi disperati, dove ad attenderli spesso, c’è una morte ancora più violenta nelle acque del Mediterraneo, o via terra, lungo la rotta dei Balcani.

Secondo le cifre riferite dall’Osservatorio siriano per i Diritti dell’uomo (Osdh), la cui sede è a Londra, i morti accertati dall’inizio del conflitto sono 353.935. Poco meno di un terzo sono civili: 106.390, di cui 19.811 bambini e 12.513 donne; 110mila sono le persone che hanno perso la vita nelle fila dell’esercito e delle altre milizie fedeli ad Assad. A perdere la vita sono stati poi 63mila jihadisti e 62mila ribelli. E 3,3 milioni di minorenni sono in pericolo in tutto il paese a causa della presenza di ordigni. Decine di scuole risultano bombardate e la situazione potrebbe diventare ancora più pesante nel Ghouta orientale, enclave ribelle oggetto di una vasta operazione militare del governo di Damasco. La guerra in Siria ha poi provocato circa 6,1 milioni di profughi all’interno dello stesso paese, mentre 5,6 milioni si sono rifugiati nelle nazioni vicine, in particolare Libano, Giordania, Iraq e Turchia, secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Senza dimenticare le migliaia di siriani che sono riuscite a raggiungere l’Europa anche se in condizioni pietose.

Dopo di noi, di questa guerra si parlerà tra le pagine dei libri di storia. Gli alunni di domani impareranno a memoria le cifre, leggeranno la cronaca di un tempo lontano, e crederanno, come è capitato a me, che le cose sono cambiate, che non è più possibile che accada ancora. Salvo poi svegliarsi un giorno e sentire in televisione che un nuovo conflitto è scoppiato e che tutti gli accordi, gli organi di governo e gli istituti diplomatici non sono serviti ad evitarlo. È sarà un circuito di morte, un gatto che si morde la coda, un passato che ritorna identico a se stesso. In questo grande marasma dove spesso i diritti conquistati a furia di battaglie di sangue, vengono soppressi in altre battaglie, mi chiedo: esistono ancora dei diritti inviolabili della persona? Cosa siamo disposti a fare per tutelarli?




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