Giovani

“Scrittori ribelli”: un progetto per restituire ai giovani la capacità di raccontare e di raccontarsi

di Elisabetta Cafaro

La scrittura non è soltanto un mezzo di comunicazione privilegiato, ma anche e soprattutto capacità di fare ordine, di ricomporre, di stimolare lo spirito critico. È da qui che parte il progetto “Scrittori ribelli”. Ne abbiamo parlato con l’ideatrice, Francesca Vattiata, insegnante e giornalista.

È una mattinata come tante al Pacinotti di Pistoia. I giovani questa mattina incontrano la figura dolce, ma sicura e determinata di Francesca Vattiata, giornalista di un noto quotidiano fiorentino Il Tirreno.

Ma oltre ad essere una giornalista Francesca è anche una giovane e brava insegnante. Il suo volto è illuminato da due bellissimi occhi azzurri, i capelli neri circondano un viso da ragazzina curiosa, ribelle e sognatrice. Ha un’enorme capacità di coinvolgimento, in poche parole, ci sa fare con i giovani. È l’ideatrice del progetto Scrittori ribelli. Ed accetta con entusiasmo di parlarne con me per il blog.

Il nostro amichevole colloquio, inizia con una celebre affermazione di Beppe Fenoglio: “Scrivere è una fatica nera”. Dentro una tale fatica però c’è il senso della continua scoperta di se stessi e del mondo. La scrittura, infatti, non è soltanto un mezzo di comunicazione privilegiato, ma è anche, e soprattutto, capacità di fare ordine, di ricomporre, di stimolare lo spirito critico. “Com’è nata l’idea del progetto scrittori ribelli?” le chiedo incuriosita.

“Il titolo del corso proviene dallo stimolo del film Freedom writers e dal libro di Saverio Tommasi Siate ribelli, praticate gentilezza. Si tratta di due opere molto diverse tra loro che però hanno in comune il tema della scrittura come strumento per imparare a conoscere e analizzare sia se stessi sia il mondo. Fenoglio diceva che la scrittura “è una fatica nera” (ed è vero). Eppure imparare a tradurre in parole una sensazione, uno stato d’animo, l’analisi della realtà, oggi più che mai, è un atto fondamentale di conoscenza. E certe volte inseguire la conoscenza è un grande atto di ribellione. Inoltre, mi pare che i social network, i messaggi istantanei, la realtà spesso tradotta in immagini (con l’operazione di sintesi del linguaggio che questo ha comportato), abbiano in qualche modo accorciato il pensiero dei giovani. È necessario restituire agli studenti l’abilità del linguaggio, del racconto, del saper guardare con profondità ciò che ci circonda per restituirlo, poi, con le parole; significa, anche, imparare a gestire la lentezza della riflessione. In un mondo che spesso va troppo veloce, la lentezza della riflessione mi pare un grande gesto di ribellione”.

“Raccontami il momento più emozionante e significativo con i ragazzi?” le chiedo. Lei ci pensa un po’ su: potrebbe raccontarmi tanti episodi glieli vedo passare negli occhi come tanti scatti fotografici di una realtà multiforme, poi riprende: “L’obiettivo del progetto era, in termini assoluti, restituire alla scrittura un ruolo fondamentale per la conoscenza di se stessi e del mondo, fermo restando che la scrittura è un mezzo di comunicazione fondamentale che ha delle regole precise. Il laboratorio ha previsto la lettura di brani (spesso tratti dal libro di Saverio Tommasi) da utilizzare come modelli con cui gli studenti hanno potuto confrontarsi. Il corso è andato avanti per piccoli passi: dal raccontare se stessi con tre parole alla stesura di brani di volta in volta più lunghi per scoprire la storia del proprio nome, il senso della propria identità, le inclinazioni, le gioie e le sofferenze, la paura della diversità. Abbiamo poi provato ad analizzare alcune tematiche forti, in particolare abbiamo lavorato sul tema del genere femminile. Da qui abbiamo poi analizzato alcune storie di donne ribelli tra cui Franca Viola, la prima donna che ha detto NO al matrimonio d’onore. Dopo aver raccontato le vicende di Franca Viola ho chiesto ad alcune studentesse di immaginare i dettagli di quella storia e di raccontarla. Gli esiti sono stati straordinari e, a tratti, commoventi. Ci sono stati esercizi che le studentesse hanno svolto in modo decisamente trascinante. Altre ragazze, poi, hanno raccontato se stesse oltre le aspettative. Hanno messo nero su bianco dolori e dubbi, tensioni e interrogativi, rabbia e meraviglia. Il corso ha offerto loro la possibilità di avere interlocutori non giudicanti, perché nel corso non erano previsti voti, né giudizi: quello che contava era trovare le parole giuste”. “La cosa più interessante che ti è capitata di leggere?”. “Alcuni studenti hanno approfittato dalle suggestioni offerte dal corso per mettersi a nudo. Hanno raccontato anche storie molto dure. E mentre le raccontavano, credo, hanno imparato a conoscere se stessi. Siamo usciti dai binari del solito tema, per imparare a utilizzare la luce. Con la scrittura, infatti, si impara a illuminare persone, personaggi, storie, contesti, si impara a fare un ritratto.  La luce è tutto in un quadro. Su un foglio bianco, la luce è data dalle parole giuste. Durante il corso alcune studentesse hanno illuminato i lati oscuri delle loro storie. E le hanno raccontate e poi condivise. Le hanno condivise davanti a tutti, con la loro faccia e con le loro parole. Sono state scrittrici ribelli, in un mondo social in cui è facile nascondersi dietro uno schermo e una tastiera. Questa è stata l’emozione più grande. È stata una bellissima esperienza ed è piaciuta molto alle ragazze del nostro biennio Estetiste e Parrucchiere. L’insegnamento è una missione. Si può dare tanto, basta fare tutto con amore e passione”.




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