Alfie Evans

Alfie, il nostro guerriero, combatte la sua battaglia

Alfie Evans

di Giovanna Abbagnara

Le procedure di sospensione dei supporti vitali del piccolo Alfie Evans sono iniziate quando in Italia era notte fonda ma il piccolo guerriero respira ancora, da solo, contro una sentenza medica che lo decretava morto in 15 minuti.

“Commosso per le preghiere e la vasta solidarietà in favore del piccolo Alfie Evans, rinnovo il mio appello perché venga ascoltata la sofferenza dei suoi genitori e venga esaudito il loro desiderio di tentare nuove possibilità di trattamento” così Papa Francesco nel pomeriggio di ieri 23 aprile su Twitter. A seguire un segno di forte speranza arriva dall’Italia: i ministri degli Esteri Angelino Alfano e dell’Interno Marco Minniti concedono la cittadinanza italiana al piccolo Alfie sperando così di consentire più facilmente al bambino, l’immediato trasferimento in Italia. Le procedure di sospensione dei supporti vitali di Alfie Evans, il bambino di appena due anni affetto da una malattia neurodegenerativa grave ma ancora non diagnosticata, previste per le ore 14,00 di ieri, sono state improvvisamente sospese e rimandate. Si apre uno spiraglio: il giudice Hayden alle 19.15 locali, le 20.15 in Italia, aveva accettato di incontrare i legali, secondo le richieste dall’ambasciatore italiano che come rappresentante legale del concittadino Alfie Evans chiedeva che gli venisse concesso di tornare nel suo Paese, dove le porte dell’Ospedale Bambin Gesù erano già aperte per accoglierlo. In mattinata all’Alder Hey, l’ospedale di Liverpool, arriva anche Mariella , presidente su invito della famiglia. Incontra i genitori di Alfie per portar loro “la vicinanza di Papa Francesco, ma anche di tanti genitori che si trovano nella loro situazione”. Si è poi disposta ad incontrare le autorità dell’ospedale inglese per individuare insieme una strada alternativa al distacco delle macchine. Ma all’uscita dichiara: “Non si può più far nulla”.

Nessun dirigente o medico dell’ospedale ha voluto incontrare la presidente del Gesù Bambino di uno dei più importanti ospedali pediatrici al mondo. “Sono stata in sala d’attesa con i genitori – racconta -, l’ospedale non mi ha ricevuta. Ero davanti alla sala di rianimazione, i medici facevano avanti e indietro ma nessuno mi ha parlato. È un Paese diverso”. 

È sera quando Anthony Hayden, il giudice d’appello britannico che giorni fa aveva autorizzato i medici di Liverpool a staccare la spina ad Alfie, chiude la porta a ogni ripensamento dopo un ultimo consulto con gli avvocati delle parti e un confronto telefonico anche con i rappresentanti legali della famiglia in Italia. Sono le 22 ore italiane, quando i medici entrano nella stanza del piccolo: un plotone d’esecuzione pronto all’azione. Non c’è più nulla da fare: il bambino deve morire. Fuori dalla porta poliziotti che presidiano perché nessuno faccia irruzione. Accanto al giaciglio del piccolo solo mamma Kate, papà Tom e il sacerdote italiano che li ha assistiti fino a questo momento. Le procedure di estubazione hanno inizio e Alfie è tra le braccia della mamma, stretto a lei senza più i suoi tubicini. È tranquillo, la foto di questo abbraccio fa il giro del mondo sui social mentre un popolo comincia la sua notte di preghiera intensa.

 

Caro Alfie,

stiamo pregando con i tuoi genitori con te e per te. Da giorni seguiamo con apprensione la tua fragile vita, ammirando la forza e il coraggio del tuo giovane papà e della tua dolce mamma. Fuori dalla tua stanza di ospedale c’è un boia che stringe sempre di più la sua morsa. C’è una cultura mortifera e menzognera che vuole convincerci che la tua vita non è degna di essere vissuta, che non c’è speranza per te. C’è una diagnosi che voleva la tua vita concludersi dopo pochi minuti dall’estubazione e tu sei ancora vivo dopo dieci ore. Piccolo guerriero stai dimostrando al mondo intero che la vita è un dono, un dono di Dio, un mistero che l’uomo è chiamato a custodire non a zittire, non a soffocare, non ad eliminare. Dal tuo trono di croce e dolore scuoti le coscienze, fai tremare le poltrone dei medici e dei giudici di turno. Tu piccolo seme di vita nuova, figlio di ognuno di noi, fiore di purezza e di speranza, continua a lottare, noi preghiamo con te.

 




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