CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Non importa. Alza la voce. La vita non è un bene negoziabile

21 Maggio 2018

Marcia per la Vita

Tra il matrimonio reale di Harry e Meghan e i diritti degli animali, ancora una volta la Marcia per la Vita si è svolta in un clima di indifferenza generale senza alcuna rilevanza. Noi vogliamo ricordare le quindicimila persone presenti a Roma nella giornata di sabato. Sono arrivati da ogni parte d’Italia per dire al mondo ancora una volta che la vita è un bene non negoziabile.

Capisco le scelte sofferte delle varie redazioni: nel giorno delle nozze reali, lo stesso in cui la Juve festeggia il suo scudetto e Buffon saluta tra le lacrime, come dare spazio ad un evento che ha coinvolto un piccolo gruppo di ritardati, quelli cioè che sono in ritardo sulla storia e si ostinano a difendere valori che ormai non appartengono più alle regole di una società finalmente civile? Si tratta di migliaia di persone e tra di loro tante famiglie con figli al seguito e anche tanti giovani. Non importa. Meglio ignorare, far finta di niente. Non ti curar di loro, diceva il sommo Poeta. Una cinquantina di imbecilli che fanno guerriglia urbana attirano l’attenzione dei media ma un popolo che sfila pacificamente non fa notizia.

Ieri mi sono divertito a leggere i titoli dei più acclamati quotidiani online, ho trovato notizie come queste, tutte accompagnate da articoli: “Sorridenti (e sdentati): i paggetti del matrimonio di Harry e Meghan”; “Corona, telefonata di insulti in diretta tv contro Alda D’Eusanio”. Sempre per stare in tema reale: “Dall’eutanasia al palazzo reale: la favola del cane trovatello di Meghan.

Interessante anche questo articolo corredato da numerose foto: “Gatto nato con un buco nel palato lotta per crescere e fare l’operazione che gli cambierà la vita”. Ancora più importante questa inchiesta che intreccia ambientalismo e animalismo: “Rondini stanche del viaggio, potremmo non vederle più. I cambiamenti climatici complicano il lavoro agli uccelli migratori”. Non poteva mancare una campagna solidale: «No alla sofferenza dei senza voce»: la campagna (con sms solidale) anti randagismo”. Ho voluto citare quest’ultimo articolo perché ruba (pardon, prende a prestito) uno slogan utilizzato proprio dal popolo pro life che si fa “voce di chi non ha voce”.

Come si vede, cambiano le priorità. L’attenzione alla vita animale cresce in modo esponenziale mentre i bambini più piccoli, quelli che non hanno ancora una voce per gridare la loro gioia di vivere, vengono abbandonati e uccisi. Una vicenda tristissima, una strage che viene accuratamente occultata. Nessuno parla di questi bambini. Si parla solo di aborto presentato in modo sempre più sfacciato come un diritto. Non importa se la Legge 194 non lo presenta così, tant’è vero che chiede espressamente di verificare quali sono le cause che inducono ad interrompere la gravidanza con il preciso impegno di eliminare gli ostacoli. E se qualcuno si permette di dissentire deve subire la gogna mediatica.

In un contesto come questo, molti preferiscono tacere, stare lontani dalle polemiche. Lavorare in silenzio per ricostruire un tessuto culturale e solidale che favorisce l’accoglienza della vita. Una scelta legittima. Ma è legittima anche la scelta di coloro che vogliono portare in piazza le proprie ragioni. Sono quelli che sabato hanno sfilato per le strade di Roma, sfidando il caldo e l’indifferenza. Non solo dei media ma spesso anche della comunità ecclesiale. Quindicimila persone e forse più arrivati da ogni parte d’Italia, pagando di tasca propria, solo per dire che la vita ha un valore. Non è una fatica inutile ma un segno visibile che esiste un popolo per la vita che non rinuncia a lottare perché la vita non è un bene negoziabile.

Al profeta Ezechiele Dio chiede di dire parole scomode che non troveranno accoglienza: “Non li temere, non avere paura delle loro parole. Essi saranno per te come cardi e spine e tra loro ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce” (Ez 2,6). I profeti non hanno paura di parlare. Ha fatto così anche don Benzi che, sull’esempio di Madre Teresa, aveva scelto di difendere i bambini non ancora nati con la stessa passione con cui si impegnava per tutti gli altri poveri. Lo faceva con gesti concreti e anche con parole forti che non facevano sconti a nessuno. Pochi giorni prima di lasciare questo mondo, intervenendo alla Settimana Sociale dei cattolici, a proposito dell’aborto disse che “tacere significa diventare complici del delitto”. I veri profeti non hanno paura di parlare e ricordare quello che nessuno vuole sentire. Sono chiamati e inviati proprio per scuotere le coscienze e disturbare quelli che dormono sonni tranquilli.

Chi dice la verità diventa persona non gradita. Sappiamo che faranno di tutto per zittire la nostra voce, relegarci in un angolo, toglierci il diritto di cittadinanza. Dobbiamo essere pronti a pagare un prezzo. Non importa. “Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce”, dice il Signore al suo profeta. Vorremmo anche noi appartenere a questa categoria.




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