CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Costruire un ponte umanitario. Lettera alla società civile

4 Giugno 2018

tristezza

In Burkina Faso non c’è tempo per gingillarsi con presunti diritti civili. “Qui vivere significa lottare” scrive don Silvio nella corrispondenza di oggi. “Da un Paese come questo mi viene voglia di gridare a tutti: non perdete tempo in chiacchiere inutili, se davvero volete realizzare un mondo dove la dignità non resta una parola vuota, venite a dare una mano oppure aiutateci concretamente a realizzare le opere necessarie per dare un futuro alle nuove generazioni”.

Cari amici,

oggi vi scrivo da un Paese in cui i diritti essenziali – in primis salute e istruzione – non sono assicurati a tutti. Vi scrivo dal Burkina Faso dove da molti anni, insieme a tanti amici, stiamo realizzando una bella e fattiva opera di amicizia e di solidarietà. Avrei voglia di parlarvi di questo Paese, vorrei farvi conoscere i sogni dei giovani e le molteplici necessità che assediano le famiglie. Vorrei parlarvi della cronica mancanza d’acqua e della debole struttura sanitaria. Vorrei parlavi di Willy, un giovane della nostra Fraternità, che stava per morire solo perché una semplice varicella non era stata diagnosticata in tempo. Lo abbiamo salvato in extremis portandolo in capitale dove ha ricevuto cure adeguate. Vorrei raccontare la storia di tutti quelli come lui che purtroppo muoiono perché non hanno mezzi per curarsi.

Permettetemi di aprire una parentesi. Occorre venire in questo Paese – dove non ci sono conflitti sociali e politici ma dove è necessario lottare per sopravvivere – per capire che l’ondata migratoria non si fermerà. Le immagini del mondo occidentale, che arrivano attraverso i media, alimentano il sogno delle nuove generazioni. Senza dimenticare che quanti sono partiti da questa terra ed hanno messo radici in Europa, diventano i primi e più validi promotori del processo migratorio. Chi ha maggiore intraprendenza e non trova spazio nel suo Paese, cercherà di andare altrove per realizzare i suoi sogni.

In questo Paese non hanno tempo per gingillarsi con presunti diritti civili. Qui vivere significa lottare per avere ciò che spetta, ciò che non dovrebbe mai mancare a nessuno. Da un Paese come questo mi viene voglia di gridare a tutti: non perdete tempo in chiacchiere inutili, se davvero volete realizzare un mondo dove la dignità non resta una parola vuota, venite a dare una mano oppure aiutateci concretamente a realizzare le opere necessarie per dare un futuro alle nuove generazioni. Vorrei dirlo a quelli che pontificano, stando comodamente seduti dietro una scrivania. A quelli che non si sporcano le mani né rinunciano alle loro sicurezze sociali, a quelli che non conoscono la legge severa della condivisione che impone di perdere qualcosa se vogliamo davvero venire incontro alle necessità altrui. A quelli che danno soltanto le briciole del loro tempo e delle loro risorse per sentirsi la coscienza a posto.

Vorrei dirlo a quanti promuovono la fecondazione artificiale come una conquista civile – che offre lauti profitti – e dimenticano che nel mondo ci sono milioni di bambini abbandonati che attendono solo un papà e una mamma, bambini che forse non muoiono di fame ma certamente sono privati dell’affetto. Una società civile, cioè veramente impegnata per costruire un mondo a misura d’uomo, dovrebbe mettere in campo una task force e investire le sue migliori energie per rendere più fruibile il diritto di adozione e rivedere le norme che spesso si rivelano troppo rigide e concedere tutti gli aiuti necessari a quegli sposi che desiderano sperimentare la gioia di accogliere un figlio. Cinquant’anni fa tutto questo era un sogno perché mancavano le risorse necessarie per attuare un progetto come questo. Oggi invece è possibile. O meglio, sarebbe possibile se… la scienza non avesse inventato la fabbrica dei bambini. E così, invece di curare l’infertilità, la società offre nuove tecniche di fecondazione che permettono di creare la vita in laboratorio.

Il linguaggio è approssimativo ma il messaggio è chiaro. Non voglio entrare nei diversi aspetti etici di questa proposta, mi basta sottolineare, numeri alla mano, che la via della fecondazione artificiale toglie ossigeno all’adozione internazionale. Una società davvero civile dovrebbe combattere una deriva come questa e cercare di favorire un ponte umanitario tra Paesi che hanno più risorse e quelli che ne sono ancora privi.

Un caro saluto da questa terra, così lontana geograficamente ma così vicina al cuore di chi cerca e desidera costruire un mondo più dignitoso.

Don Silvio

Se vuoi sostenere le attività di solidarietà che don Silvio realizza in Burkina Faso, puoi prendere contatto con l’associazione Progetto Famiglia Cooperazione: cooperazione@progettofamiglia.org

Per fare una donazione: Banca Prossima Spa Filiale 500 Milano –  IT81 Q033 5901 6001 0000 0009 269




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.