Stepchild adoption

I giudici riconoscono legalmente il figlio di due madri: ma in Italia non era vietata la stepchild adoption?

sentenza

a cura della Redazione

La Corte d’Appello di Napoli accoglie una richiesta di stepchild adoption da parte di una coppia di donne. Ancora una volta ciò che è uscito dalla porta del legislatore e rientrato dalla finestra dei giudici.

Succede a Napoli, una coppia di due donne vola all’estero per accedere alla fecondazione assistita, cosa che la legge italiana consente solo alle coppie eterosessuali.

Al rientro in patria il bimbo, nel rispetto delle norme vigenti, era stato riconosciuto figlio della sola donna che aveva partecipato alla fecondazione con i propri ovociti, e non anche dell’altra. Da qui, l’iniziativa giudiziaria di quest’ultima, preordinata all’ottenimento di un legame giuridico con il piccolo.

Nei giorni scorsi, la Corte D’Appello di Napoli ha diffuso la sentenze accogliendo la richiesta di stepchild adoption che ricordiamo il Parlamento aveva deliberatamente cancellato dalla versione definitiva del testo della Legge sulle Unioni Civili, più comunemente conosciuta come “Legge Cirinnà”.  Una sentenza che entra palesemente in contrasto anche con il Codice civile, che secondo l’articolo 269, comma terzo, definisce madre colei che partorisce e invece secondo la sentenza della Corte d’Appello di Napoli madre può essere qualsiasi donna che ha accettato e condiviso il progetto della procreazione assistita.

I giudici partenopei dichiarano di aver voluto tutelare l’interesse del minore, ma questa dimensione, sottolinea Silvio Troilo, docente di Diritto costituzionale all’Università di Bergamo e delegato regionale dei Giuristi cattolici della Lombardia, non implica “la necessità di formalizzare il rapporto di genitorialità con un soggetto biologicamente e giuridicamente slegato”. Tanto più che la modifica dello status di un bambino “va fatta con cautela, e solo quando vi siano chiare e univoche esigenze dello stesso”.

Che fine ha fatto invece il padre di questo bambino, cioè l’uomo che dietro un corrispettivo economico ha donato il suo seme senza avanzare alcun diritto sul nascituro? I giudici affermano che al bimbo non è preclusa la relazione con alcune persone di sesso maschile, riducendo così l’importanza della figura paterna a una pseudo-relazione con una generalizzata figura di sesso maschile. Il giurista risponde sottolineando che “un padre è figura di riferimento ben più pregnante e completa”, anche giuridicamente, rispetto a queste eventuali altre presenze.

Leggi anche: (https://www.puntofamiglia.net/puntofamiglia/2018/06/20/dietro-il-caos-esistenziale-dei-figli-lassenza-del-padre/#comment-32429)

Tra polemiche, precisazioni e scontri di opinioni una sola cosa sembra certa: questa sentenza ancora una volta riconosce il diritto alla genitorialità delle coppie omosessuali, ma intanto sottrae il diritto fondamentale del bambino ad avere una mamma e un papà. Dietro la dicitura “tutela del minore” in realtà c’è solo la tutela delle pretese di molti adulti. Il mondo non è più un posto per piccoli.




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