Chiara Corbella Petrillo

Chiara Corbella, la parola al postulatore

Chiara Corbella Petrillo

di Ida Giangrande

La causa di beatificazione di Chiara Corbella Petrillo è appena iniziata. Parla il postulatore, padre Romano Gambalunga: “Come mamma Chiara ci insegna che la vita è sempre un dono anche quando è breve e ferita”.

Il cardinale Agostino Vallini ai suoi funerali l’aveva definita una “seconda Gianna Beretta Molla”. Parole profetiche le sue, perché Chiara Corbella Petrillo era destinata a seguire esattamente le orme di santa Gianna.

“La sua oblazione rimane come faro di luce della speranza, – si legge nell’editto che annuncia l’apertura della causa di beatificazione – testimonianza della fede in Dio, Autore della vita, esempio dell’amore più grande della paura e della morte”.

“Essendo andata aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla causa di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio – prosegue il Documento – nel portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, la Diocesi di Roma invita tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al Tribunale Diocesano del Vicariato di Roma tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità della Serva di Dio”.

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In un’epoca in cui anche la maternità sembra diventare sempre di più una zona incolore, sottoposta alle dure leggi del mercato, Chiara Corbella Petrillo, risplende nella sua candida veste di sposa e madre. Esempio di una gratuità incarnata, di un amore pieno che si fa dono fino alla morte e alla morte di croce.

Sulla causa di beatificazione abbiamo voluto ascoltare il suo postulatore, padre Romano Gambalunga. “In quanto sposa il messaggio che Chiara consegna al mondo intero è che il matrimonio rende la casa coniugale una luogo di grazia, una via di santità, una piccola chiesa, dove ci si sostiene reciprocamente e si collabora per la crescita e lo sviluppo dell’altro. Nella gioia dell’amore coniugale Chiara ed Enrico ci insegnano che il matrimonio è innanzitutto un dono di sé all’altro e ai figli”.

Sa bene di cosa parla padre Romano che è stato postulatore della causa di canonizzazione dei santi Luigi e Zelia Martin, i primi sposi ad essere santificati insieme. Chi più di lui può dirsi testimone verace di come la grazia di Dio passi attraverso le stanze di una casa come tante altre, nella più schietta e completa ordinarietà? A voler leggere i segni dei tempi, mi sembra che la Chiesa si stia facendo interprete di un messaggio preciso: la casa coniugale, la famiglia non è un piccolo orticello avulso dal contesto sociale. Non è un fatto privato. È invece il bene comune, una chiesa, in cui accogliere il viandante in cerca di perle preziose. È il megafono in grado di far risuonare il Vangelo dell’amore e della vita, incaricato di portare Cristo nelle strade, sui posti di lavoro, nelle scuole, ovunque.

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“Nell’esperienza di vita di Chiara ed Enrico, – sottolinea ancora padre Romano – è stato determinante il legame con altre famiglie. Le amicizie sante, quelle disposte a collaborare per il bene a spendere parole di gloria. La loro famiglia non è una realtà chiusa nel proprio guscio, ripiegata su sé stessa, è invece un universo aperto all’incontro con l’altro, che cammina in cordata alla sequela di Gesù Cristo verso la sorgente dell’amore”.

È esattamente questa la cornice in cui si può spiegare la maternità di Chiara, che umanamente potrebbe apparire come un’esperienza dolorosa, triste, l’incarnazione dell’inferno che striscia sulla terra e in alcuni casi, può allontanare dall’amore di Dio.

Due figli nati con gravi difficoltà e morti dopo poco tempo, infine un terzo figlio sano in concomitanza con la sua malattia, un tumore che non ha permesso a Chiara di gustare a pieno la gioia di quella maternità voluta, sofferta, combattuta. Qualcuno, stracciandosi le vesti, avrebbe potuto accusare Dio di essersi accanito su quella vita ancora giovane, ma non Chiara. Nella via dell’obbedienza, questa ragazza dolcissima con il viso di un angelo e il sorriso radioso, si abbandona completamente alla volontà del Padre, senza pretese, senza recriminazioni, con una sola grande invocazione sulle labbra e nel cuore: la serenità necessaria ad affrontare quegli eventi così dolorosi.

“Come mamma Chiara ci insegna che la vita è sempre un dono anche quando è breve e ferita – fa notare Gambalunga – nell’accoglienza dei due primi figli, chiaramente disabili, Chiara ed Enrico mostrano al mondo che non c’è una vita degna di non essere vissuta. Non c’è vita non fatta per il cielo. La vita viene da Dio e a Dio ritorna sempre”.




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1 risposta su “Chiara Corbella, la parola al postulatore”

Esperienza esaltante di abbandono e di grazia straordinaria…. leggere la storia di Chiara genera ottimismo e voglia di vivere! Inoltre genera un desiderio di seguire la VIA della santità come l’unica chance per il cristiano.

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