Chiara Chiessi: “Contro aborto ed eutanasia se non siamo noi a fare qualcosa, chi lo farà?”

Universitari per la Vita

Si chiamano Universitari per la Vita e sono studenti come tanti altri con una sola differenza, promuovono e difendono il valore della vita nelle scuole e nelle università. Li conosciamo meglio attraverso la loro fondatrice, Chiara Chiessi.

Chiara, un’esperienza come Universitari per la Vita non nasce dall’oggi al domani, ma presuppone idee molto forti che oggi definirei controcorrente…

Esatto, tanto più nella società di oggi dove aborto ed eutanasia sono considerati diritti intoccabili. Sono sempre stata molto sensibile alle tematiche di bioetica, ma ho deciso di dedicarmi alla difesa della vita dopo aver visto su YouTube il video The silent scream in cui si mostra un aborto ripreso con un’ecografia. Vedere il bambino che si divincolava dalla presa dell’abortista è stato uno shock.

Guarda il video: https://www.youtube.com/watch?v=Lqnw3x1URoo

Gli Universitari per la Vita nascono due anni fa in maniera molto semplice; avevo partecipato da poco alla Marcia per la Vita a Roma (iniziativa che si svolge ogni anno nella capitale www.marciaperlavita.it) e sono rimasta molto stupita dalle numerose associazioni presenti. Non c’era però un gruppo di studenti pro-life. Da questa constatazione e dal desiderio di difendere la vita nella mia università, sono nati gli Universitari per la Vita, il primo gruppo di giovani che diffonde la cultura per la vita nei luoghi di studio e formazione: scuola ed università. La prima iniziativa è stato un volantinaggio alla facoltà di Giurisprudenza a RomaTre. Ricordo ancora bene quel giorno, doveva aiutarmi un mio amico che all’ultimo per un imprevisto non è più riuscito. Ho deciso di iniziare comunque il volantinaggio nonostante mi trovassi un po’ in difficoltà. Dopo circa dieci minuti si è avvicinata una mia amica che non vedevo da parecchio tempo e mi ha dato una mano. Poi ha chiamato altre sue amiche e nel giro di pochi minuti eravamo aumentate. Un bel segnale: dimostra che l’importante è iniziare. Poi tutto il resto viene da sé. Ciò è evidente soprattutto vedendo la rapida diffusione che sta avendo il gruppo anche in altre città italiane.

Leggi anche: “Abbiamo bisogno di vagiti non di aborti”, la conversione alla vita di Segato

Cos’è “Universitari per la vita”? Come nasce e quali sono le attività che proponete?

Ci definiamo come un gruppo di amici che condividono lo stesso ideale: combattere aborto ed eutanasia e difendere la vita. Per questo è necessario fare cultura e dare sana informazione nelle università. Agli studenti che incontriamo, durante convegni o aperitivi (gli aperitivi sono dei momenti in cui ci mettiamo nel campus universitario con un banchetto offrendo degli snack agli studenti) diamo volantini, e feti in miniatura (riproduzioni in plastica di un bambino nel ventre materno di 12 settimane). Testimoniamo con la nostra presenza cosa vuol dire essere pro-life. Tra le nostre iniziative passate, oltre alla costante presenza nelle università, ci sono: campagne di foto e video con l’utilizzo di social network (oggi fondamentali per questo tipo di apostolato). Scrittura di articoli sul nostro sito a seconda degli argomenti che studiamo. Corsi di formazione con esperti del tema (molto importanti per saper argomentare), manifestazioni in favore del diritto alla vita (ad esempio per Charlie Gard ed Alfie Evans, bambini vittime dell’eutanasia di stato in Gran Bretagna). Abbiamo organizzato un concerto pro-life al Teatro Orione di Roma e il convegno con Gianna Jessen all’Università di RomaTre (all’ultimo l’università ci ha revocato l’aula precedentemente concessa a causa di proteste da parte dei docenti e la conferenza è stata spostata in cappellania). Infine abbiamo uno studio condotto attraverso dati ISTAT sul numero degli aborti a 40 anni dalla legalizzazione della 194 https://universitariperlavita.org/2018/05/06/numeri-di-morte.

Per quest’anno prevediamo di distribuire degli opuscoli agli studenti con una serie di articoli che spieghino l’ingiustizia dell’aborto e dell’eutanasia insieme ad alcune testimonianze. Poi vorremmo attivarci nei consigli di facoltà per far sì le studentesse incinte abbiano più agevolazioni e sia tutelata maggiormente la maternità nell’ambito universitario. Organizzeremo anche varie conferenze per i giovani su tematiche di bioetica in cui alcuni di noi interverranno e vorremmo cercare di coinvolgere anche studenti delle scuole superiori.

Quanti sono gli universitari che appartengono a questa realtà? Si può fare una stima anche approssimativa?

Non è facile perché quasi ogni giorno diversi studenti da tutta Italia mostrano interesse per questa realtà. Diciamo che se vogliamo fare una stima approssimativa tra tutti i gruppi (Roma, Milano, Venezia, Napoli, Torino, Padova, Genova) circa una quarantina, anche se abbiamo un gruppo che si sta formando a Verona e speriamo tra breve anche a Firenze.

Sono tutti credenti?

Nel gruppo di Roma c’è una ragazza atea che ha scritto anche una bella testimonianza sui motivi per cui un ateo dovrebbe essere pro life https://universitariperlavita.org/2017/10/05/ioatea-e-pro-life/. Ci teniamo molto a portare avanti questa battaglia in maniera laica, perché tutti, non solo i cattolici, dovrebbero essere d’accordo sul fatto che un embrione è una persona e che dunque come tale merita diritti umani. Il fatto che ci sia una ragazza atea nel gruppo è segno tangibile che basta usare la ragione per dissolvere l’ideologia abortista che ha ormai permeato la nostra società.

Nel suo viaggio di ritorno da Dublino il Papa ha detto: “Noi non siamo contro l’aborto per motivi religiosi. C’è il problema antropologico sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema”. Può commentare questa frase?

Certamente per essere contro l’aborto non è necessario essere cattolici, perché è una questione di ragione (come dimostra anche il fatto che ad esempio negli Stati Uniti c’è un gruppo di atei pro-life) e di scienza (è dimostrato che la vita umana inizi dal concepimento). È qualcosa che va al di là del proprio credo, perché rappresenta quella legge naturale iscritta nel cuore di ogni uomo: non uccidere l’innocente. È pur vero che per noi cattolici la fede dà dei motivi in più per difendere la vita in quanto ogni uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Dobbiamo dunque difendere il diritto alla vita non solo per rispetto a Dio, primo Datore di vita, ma anche per rispetto al bene essenziale della persona e della sua intrinseca dignità.

Ci sono poi anche le belle parole di San Giovanni Paolo II che in un’omelia del 1979 a Washington disse che dobbiamo reagire ogni volta che la vita umana è minacciata, perché nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. Siamo chiamati ad essere i guardiani dei nostri fratelli come leggiamo nell’ Evangelium Vitae: “Dio affida l’uomo all’uomo”.

Leggi anche: Onore alle mamme che con coraggio lottano per la vita

Parlare a favore della vita nascente in un mondo che invece esalta l’aborto come una conquista civile, farlo soprattutto in ambito universitario, non deve essere stata una cosa semplice. Non ha temuto l’isolamento, l’emarginazione ideologica?

Ricordo molto bene uno dei primi aperitivi alla Sapienza: siamo stati attaccati da una cinquantina di femministe che hanno iniziato ad insultarci. I ragazzi con i pugni alzati urlavano: “Via i pro life dall’università”. In tante altre occasioni, soprattutto sui social, siamo stati insultati anche pesantemente dai cosiddetti pro-choice, che dicono di essere per la libertà d’espressione anche se nei fatti non è così.

Sappiamo di non essere ben visti, ma questo è il “prezzo” da pagare quando si dice la verità. Diceva Martin Luther King: “Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano”. E noi non abbiamo intenzione di rimanere in silenzio. Credo che l’importanza degli Universitari per la Vita sia proprio questa: ha riunito e sta riunendo tanti giovani pro-life che vogliono portare avanti una battaglia comune. E posso assicurare che i ragazzi pro-life sono tanti. E questa è una cosa da non prendere assolutamente sottogamba.

In un’intervista rilasciata alla Nuova Bussola quotidiana, lei ha dichiarato più o meno così: “Chiediamo la fine della 194”. Crede che sia davvero possibile?

Ora come ora può sembrare una cosa impossibile, un’utopia. Ma le leggi non sono eterne. Si possono cambiare, si possono eliminare. Basti pensare alle leggi razziali fasciste oppure a quelle dell’apartheid. Come si fa ad eliminare una legge ingiusta? Facendo riflettere le persone. Creando un consenso ed attivandosi in prima linea. E soprattutto, per noi credenti, pregando molto affinché i nostri fratelli più piccoli ed indifesi, uccisi a migliaia anche a pochi passi da casa nostra, siano protetti. Perché nel momento in cui viene ucciso l’innocente, non c’è più limite a niente, come diceva anche Madre Teresa. Certamente la 194 non la si potrà eliminare da un giorno all’altro. Ma un battaglia non si vince in un giorno. Piano, piano, le nostre attività come quelle di tante altre associazioni pro-life italiane, che sono una goccia nell’oceano, faranno il loro effetto. Ma nel frattempo, dobbiamo dire ogni giorno la verità nel nostro ambiente di lavoro, in famiglia, in università. Perché ci sono bambini che moriranno oggi, domani e dopodomani ancora. E se non siamo noi a fare qualcosa, chi lo farà?

Com’è la situazione pro-life negli Stati Uniti?

Sono stata alla March for Life a Washington di due anni fa e sono rimasta colpita dalla numerosissima presenza di giovani. Erano loro a reggere lo striscione della marcia e ad aprire il corteo, dicevano “No Roe vs Wade” (la legge che ha legalizzato l’aborto negli USA). In sempre più stati degli USA vengono approvate leggi restrittive sull’aborto e le cliniche abortiste vengono chiuse (lo stesso Trump ha dichiarato guerra a Planned Parenthood, principale ente abortista americano). Sempre più persone si rendono conto che l’aborto è un omicidio. Ho partecipato alla conferenza degli “Students for Life”, il principale gruppo giovanile pro life degli Stati Uniti. È stato veramente bello vedere più di 1000 ragazzi dai 16 ai 25 anni così appassionati nel difendere la vita. È un bel segnale di speranza e dimostra che le cose stanno cambiando. E sono fiduciosa che anche l’Italia seguirà l’esempio americano.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.