11 ottobre 2018

11 Ottobre 2018

Imparare a chiedere

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,5-13)
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Il commento

Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui” (11,5). Il Vangelo usa l’immagine dell’amicizia per insegnarci a pregare con fiducia. Se un amico non può fare a meno di rispondere alla richiesta, quanto più il Padre celeste è pronto ad accogliere la nostra supplica. L’insegnamento si traduce in questa esortazione apparentemente semplice: “Chiedete e vi sarà dato” (11,9). In realtà l’uomo non vuole affatto chiedere, non vuole trovarsi nella condizione di dover chiedere qualcosa, rivendica la sua assoluta indipendenza. E tutto questo in nome della responsabilità. Questo modo di pensare appare legittimo, anzi doveroso. E tuttavia, dietro la legittima responsabilità si cela un modo di pensare la vita in cui non c’è spazio per Dio. La cultura che respiriamo ci abitua a misurare e calcolare. È la cultura che assegna alla matematica e alla tecnica un oggettivo primato. S’insinua la tentazione prometeica di dominare ogni cosa in modo da gestire la propria vita senza aver bisogno di nessuno. È una tentazione perché rinchiude l’uomo nella prigione dell’individualismo. Ed è anche un’illusione, come ricorda il Vangelo: “Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?” (Lc 12,25). Non solo non siamo in grado di dominare gli eventi ma rischiamo di chiudere l’orizzonte della vita, non andiamo al di là di ciò che possiamo misurare. E così perdiamo il bello della vita.

Dialogo in un film: “Tu credi alle cose che non si vedono?”. La risposta è originale: “Io credo solo alle cose che non si vedono”. In un mondo dove tutto si misura non c’è spazio per l’amore, la poesia, l’arte. Non c’è spazio per tutte quelle cose che danno un senso pieno ai giorni terreni. L’uomo insegue il successo: un diploma, la laurea, un master, il lavoro, l’affermazione, la fama. Ma spesso si ritrova vuoto. Le cose che non si misurano, proprio queste danno senso alla vita. Possiamo forse misurare l’amore di uno sposo o l’amore per un figlio? E possiamo calcolare il danno che riceve colui che ne è stato ingiustamente privato? Oggi chiediamo la grazia di essere mendicanti che cercano e trovano in Dio il senso pieno della vita.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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