5 febbraio 2019

5 Febbraio 2019

Fino alla fine

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il commento

La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva” (5,23). Giairo consegna a Gesù tutto il suo dolore e gli chiede di ridare alla figlia la salvezza e la vita. Il Nazareno s’incammina con lui senza esitazione (5,22). Fin dai primi passi il cammino incontra un muro insormontabile. Dalla casa di quel padre disperato arrivano trafelati alcuni per dare la notizia che tutti temevano: “Tua figlia è morta” (5,35).  Una comunicazione fredda, sembra fatta da professionisti estranei alla vicenda più che da amici che condividono il dolore. Questo annuncio di morte contrasta decisamente con la parola di vita che Gesù è venuto a dare. L’evangelista oppone volutamente la parola di Gesù a quella dei messaggeri: “Stava ancora parlando, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire…” (5,35). L’intervento di questi ultimi interrompe quello di Gesù, s’interpone con violenza nel dialogo appena iniziato tra il Rabbì e Giairo. Quante volte, mentre con fatica iniziamo un’avventura di fede o ci apriamo ad un’esperienza di carità, vi sono eventi che raffreddano l’entusiasmo e invitano ad abbassare le vele spiegate al vento dello Spirito. La parola di questi anonimi messaggeri sembra scardinare dalle fondamenta ogni possibilità dialogica. Per questo, invitano Giairo a lasciar perdere, ormai non c’è più nulla da fare: “Perché disturbi ancora il Maestro?” (5,35). Il verbo significa più precisamente lacerare, indica l’atteggiamento di chi infastidisce, intralcia, ostacola. Traggono subito le conseguenze. Se la bambina è morta, ogni altro tentativo appare inutile. Ai loro occhi Gesù è solo un maestro [didáskalos]; ed è naturale perciò considerare inutile ogni intervento. Non è il profeta inviato da Dio ma un maestro che forse può sanare una malattia ma non può riportare la vita dove la morte ha già preso il sopravvento.

Signore Gesù, quante volte anche noi abbiamo rinunciato a pregare, convinti che era del tutto inutile. E quante volte abbiamo chiuso le porte in faccia a chi chiedeva aiuto, dicendo: non posso farci nulla. Tu invece ci chiedi di custodire la fede. Fino alla fine. È questa la grazia che oggi Ti chiediamo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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1 risposta su “Fino alla fine”

Sono importanti le parole di Gesù a Giairo, quando riceve la notizia della morte della figlia “Tu continua ad aver fede”.

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