Coppia

Che spazio può avere l’altro coniuge se il centro di tutto sono io?

crisi

(Foto: stefanolunardi - Shutterstock.com)

di Gabriele Soliani

Come si fa a superare le crisi coniugali? Quando la delusione prende il sopravvento e l’apatia diventa la padrona di casa, l’unica soluzione è ricorrere alle sorgenti dell’amore.

“Non desidero più”: quando nella coppia risuonano queste brevi parole, nel cuore di chi le ascolta nascono paure e insicurezze. A volte come un lampo a ciel sereno sembrano spezzarsi anni di condivisioni, confidenze e promesse. Spesso nemmeno i figli e i loro sorrisi riescono ad attutire la durezza di queste parole per chi le pronuncia e per chi le ascolta. Infatti, prima dei figli, il centro di tutto è la relazione di coppia.

Analizzando ciò che succede nel cuore di chi le pronuncia possiamo aiutare il cuore di chi le ascolta. “Non desidero più” non è un ragionamento ma un sentimento. Lo possiamo paragonare ad un lutto affettivo, una mancanza. I nostri desideri non si quietano mai, non sono mai abbastanza appagati… e quando non siamo corrisposti nel profondo la delusione pian piano prende il sopravvento. Spesso la delusione arriva all’improvviso frutto di minuscole delusioni quotidiane accumulate giorno dopo giorno.

Queste brevi analisi ci fanno capire che dovremmo vigilare sui nostri desideri e non lasciarli liberi di andare. Se lasciamo loro tutto lo spazio del cuore, il centro di tutto sarà sempre il nostro io affamato cronicamente d’affetto. Che spazio può avere l’altro coniuge se il centro sono io?

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In seconda battuta tuttavia non dobbiamo meravigliarci troppo di questo meccanismo perché una volta capito siamo in grado di darci delle risposte e calmarci dicendo: “Mia moglie/mio marito non c’entrano… ma sono io che devo maturare nell’amore”.

Prendendo coscienza di questo nostro limite non ci stupiamo più di tanto anche perché l’altro/l’altra non sarà mai in grado di colmare il bisogno d’amore. Quando pretendiamo che l’altro/l’altra soddisfino a pieno questo nostro “bisogno” siamo ingiusti e gli buttiamo addosso un compito che non potrà mai eseguire.

Spesso l’origine del concetto “non desidero più” è una specie di sfinimento affettivo che coincide con: “Ho fatto tanto per te, mi sono impegnata/impegnato a capirti, accettarti… ma non è servito. Sei sempre uguale e non cambierai mai”. Questo stato d’animo è quello che produce i frutti più amari. Come una valanga che rotola a valle e porta tutto con sé, così lo sfinimento affettivo non riesce più a distinguere le emozioni dal ragionamento. In breve tempo la nostra fame d’affetto diventa la padrona del cuore e fa cambiare lo sguardo sul coniuge. Le emozioni diventano ragionamento. Invece dobbiamo tenerle distinte e fermarci. Ragionare.

“Io ho i miei limiti. Mia moglie/mio marito ha i suoi limiti. Più pretendo meno ottengo. Le persone cambiano piano piano se vogliono”. E poi passare a oneste conclusioni: “Cerco di migliorare me stesso/me stessa. Meglio donare che pretendere, ci siamo voluti bene in molte occasioni, passerà anche questa crisi. Non devo puntare il dito, anch’io ho le mie colpe, posso chiedere scusa…”.

In questi momenti è molto importante pregare e nutrire la vita spirituale perché per sanare le ferite del cuore e ritrovare vigore occorre andare alla sorgente.




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2 risposte su “Che spazio può avere l’altro coniuge se il centro di tutto sono io?”

Salve,

grazie per l’articolo. Vorrei, però, far osservare che è giusto non centrare tutto su se stesso ma donarsi all’altro anche nelle incomprensioni e delusioni, tuttavia c’è bisogno di un incontro, di un andare verso l’altro, cercare di capire i suoi bisogni, i bisogni di coppia devono essere vissuti dalla coppia e non solo dal singolo con “Mia moglie/mio marito non c’entrano”. La richiesta di cambiamento può essere salvifica per il matrimonio, quando questo richiede di andare oltre se stessi e affrontare i propri limiti.
Sono “io affamato cronicamente d’affetto” o la coppia deve ricentrarsi reciprocamente?
Grazie

Quando chiediamo anche all’altra persona di “cambiare” o di “mettersi in cammino” la mettiamo in difficoltà perché non sa cosa deve fare. Sarà lei a capire quando farlo. I primi a farlo dobbiamo sempre essere noi senza chiedere niente. Il cambiamento è nostro soprattutto e poi arriverà anche quello dell’altra persona.

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