Matrimonio

Accordi prematrimoniali: in Italia potrebbero diventare legge

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A cura della Redazione

Approvata delega al Governo in materia di patti prematrimoniali. La reazione del Centro studi Livatino: “Una scelta in linea con l’intento dissolutorio dell’istituto familiare, perseguito nella precedente legislatura con le leggi sul divorzio breve, sul divorzio facile, e sulle unioni civili”.

Una delle dieci deleghe approvate lo scorso 28 febbraio dal Consiglio dei ministri in materia di semplificazioni, riassetti normativi e codificazioni di settore, introduce i cosiddetti “patti prematrimoniali”. Il Centro Studi Livatino, un gruppo di giuristi – magistrati, avvocati, docenti universitari, notai – che da anni studia temi riguardanti il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa in un’ottica di coerenza col diritto naturale, ha diffuso un comunicato in cui manifesta sconcerto per la scelta del Governo.

Tale scelta secondo il Centro Studi Livatino sarebbe “in linea con l’intento dissolutorio dell’istituto familiare, perseguito nella precedente legislatura con le leggi sul divorzio breve, sul divorzio facile, e sulle unioni civili. Gli accordi prematrimoniali riducono il matrimonio a un contratto come tanti altri che, come per la somministrazione di un servizio, disciplina le modalità di conclusione prima ancora di iniziare, in un’ottica di privatizzazione mercantile che penalizza la parte più debole”.

Quale sarà inoltre la sorte del matrimonio religioso con effetti civili? Sottoscrivere al momento delle nozze un patto prematrimoniale che disciplina la loro rescissione significa infatti, “codificare una causa di nullità del vincolo canonico, con conseguenze gravi in termini di incertezza del tipo di matrimonio e di incremento del contenzioso”.

I giuristi del Centro Studi invitano anche a riflettere su “quale considerazione abbiano i minori, se i patti includono la disciplina dell’educazione dei figli prima ancora che nascano”, e a chiedersi se “ci si sia resi conto, estendendo i patti alle unioni civili (che riguardano pure persone dello stesso sesso) che in tal modo si dà per scontato che nell’unione civile same sex ci siano figli”. Poiché oggi “l’esigenza vera è di incentivare il matrimonio e di sostenere la formazione di una famiglia”, il Centro studi Livatino auspica “un serio ripensamento dell’Esecutivo sul citato passaggio del ddl, che va nella direzione opposta”.




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