Vita

In Italia sempre meno figli. Cosa accadrà nei prossimi decenni?

di Gabriele Soliani

Nel nostro Paese il numero dei morti supera quello delle nascite e ogni tre giovani ci sono cinque anziani, le coppie hanno sempre meno figli. Cosa accadrà in futuro? La risposta del Santo Padre: «L'inverno demografico che oggi tutti noi soffriamo è proprio l'effetto del pensiero unico, egoistico, rivolto soltanto su se stessi, a cercare la proprio realizzazione. L’unico antidoto è il noi”.

Nel libro “Italiani poca gente” del professore Antonio Golini e del giornalista Marco Valerio Lo Prete (Edizione Luiss University Press) viene affrontato un fenomeno dimenticato dalla politica: il numero dei morti supera quello delle nascite e ogni tre giovani ci sono cinque anziani. Le coppie hanno sempre meno figli e ormai il numero degli anziani è superiore a quello dei giovani. Ma quali sono le conseguenze immediate di questo invecchiamento costante? Perché la politica non affronta il tema? Cosa accadrà nei prossimi anni, anzi decenni, in Italia?

Ci sono timidi tentativi ma la questione non si è mai posta con serietà e, per chi parla sempre di economia, non c’è l’attenzione che si deve nonostante i diretti effetti sulle finanze pubbliche. Questa indifferenza è «un enigma che non sono mai riuscito a decifrare», scrive il laico Piero Angela nella prefazione al libro “Italiani poca gente”.

Il libro, con la freddezza dei numeri, affronta le conseguenze del calo demografico in termini economici, di welfare, instabilità politica, conflitti, migrazioni e anche di declino geopolitico (basti pensare che il peso dentro alla Banca centrale europea si misura anche dalla popolazione e dal Pil del Paese). I dati mostrano l’urgenza: oggi nel pianeta ci sono tre ragazzi per ogni anziano mentre in Italia la proporzione si è capovolta e ingrigita, tanto che ogni tre giovani ci sono cinque anziani. Il nostro Paese ha raggiunto la natalità più bassa fra gli stati industrializzati e il numero dei morti (649 mila nel 2017) supera quello delle nascite (459.151 nel 2017, 576 mila dieci anni fa nel 2008).

L’effetto di questi trend, dicono i demografi, lo pagheranno nei prossimi decenni i più giovani. La demografia ha tempi lunghi, ma il futuro è alle porte. Le conseguenze, per gli autori Golini e Lo Prete, sono già evidenti e si aggraveranno ulteriormente.

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Tre sono le caratteristiche di questa fase secondo gli autori: la crescente longevità, che comporta maggiori spese per il welfare, il calo delle nascite, dovuto anche al minor numero di donne in età di fecondità (come da tempo noi dicevamo, come effetto anche delle tante bambine abortite con la legge sull’aborto); l’immigrazione, il tema politico più scottante che si trasforma in una delle cause della svolta anti-establishment.

Come risposta a questo libro arrivano per pura coincidenza (provvidenziale) le parole che Papa Francesco ha pronunciato a braccio durante la visita a sorpresa martedì 26 marzo alla Pontificia Università Lateranense, prima di recarsi in Campidoglio.

Nella sua riflessione sono stati tanti i temi affrontati dal Papa, a cominciare dalla «malattia dell’individualismo». Quello «comodo e avaro», «preoccupato unicamente del proprio benessere, del proprio tempo libero e della realizzazione di sé», verso il quale «tutti noi» siamo spinti quotidianamente. «Mi fermo per toccare un punto che a me fa soffrire: il nostro inverno demografico», ha aggiunto a braccio il Papa. «”Ma perché non hai un figlio, almeno, o due?”. “No, ma penso, a me piacerebbe fare un viaggio, aspetto ancora un po’…”. E così le coppie vanno avanti senza fecondità. Per l’egoismo, per avere di più, anche per fare dei viaggi culturali, ma i figli non vengono. Quell’albero non dà frutto».

«L’inverno demografico che oggi tutti noi soffriamo è proprio l’effetto di questo pensiero unico, egoistico, rivolto soltanto su se stessi, che solo cerca la “mia” realizzazione. Voi studenti pensate bene a questo: pensate a come questo pensiero unico è così “selvaggio”… Sembra molto culturale ma è “selvaggio”, perché ti impedisce di fare storia, di lasciare dopo di te una storia», ha sottolineato il Pontefice. «Quanto è pericoloso tutto questo, quanto ci separa dagli altri e quindi dalla realtà, quanto ci fa ammalare e delirare! Le tante nevrosi… Spesso si trasforma rapidamente in esaltazione del proprio “io” personale o del gruppo, in disprezzo e scarto degli altri, dei poveri, in rifiuto a lasciarsi interpellare dall’evidente rovina del creato!». «Questa è una vergogna!», esclama Francesco. E come antidoto alla malattia dell’individualismo indica «la “mistica del noi” che si fa lievito della fraternità universale». Da essa discende «l’imperativo ad ascoltare nel cuore e a far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra». In proposito il Papa ricorda un aneddoto personale: «Una volta, un sacerdote giovane mi ha fatto un tranello e mi ha detto: “Mi dica, padre, quale è il contrario di ‘io’?”. E subito ho risposto: “Tu”. “No, Padre, anche i Papi sbagliano, no. Il contrario di ‘io’ è ‘noi'”. Noi. È quello che ci salva dall’individualismo, sia dell”io’ e sia del ‘tu’». «II percorso accademico che state compiendo in questa Pontificia Università», ha proseguito il Papa in riferimento anche al ciclo di studi in Scienze della Pace da lui istituito, «punta non ad isolarvi da questo contesto, ma piuttosto ad abitarlo con consapevolezza critica e capacità di discernimento, in vista di quell’azione nella quale si esprime il vostro contributo alla vita culturale e sociale del mondo». Sì è vero. la pace viene anche accettando la vita nascente e difendendola, come la Chiesa ha sempre detto.

 




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