7 aprile 2019

7 Aprile 2019

La sfida dell’amore

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Il commento

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo” (8,9). L’ultima parte della scena evangelica è commovente. Ad uno ad uno tutti gli accusatori vanno via, solo la folla rimane in disparte. La donna non si allontana, probabilmente è ancora attonita o forse incredula, non comprende quello che è accaduto. L’istinto le consiglia di fuggire ma il cuore le suggerisce di restare per conoscere l’uomo che l’ha salvata da morte sicura. Essa rimane lì, “in mezzo”. La scena presenta ancora una volta Gesù e la donna legati in un’unica immagine: “la miseria e la misericordia”, commenta Sant’Agostino. Gesù si alza, la guarda come Lui solo sa fare, egli conosce bene la sua debolezza ma la riveste con il mantello dell’amore. Il Signore rivolge con delicatezza una duplice domanda: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” (8,10). In questo modo egli la invita a guardarsi attorno e a prendere coscienza che non vi è alcun pericolo. Non solo mancano gli accusatori ma è venuto meno anche il giudizio di condanna. L’ultima parola spetta a Gesù, dopo aver ridotto al silenzio gli accusatori, pronuncia la sua sentenza: “Neanch’io ti condanno” (8,11). È l’unico che potrebbe condannare perché è l’unico che non conosce il peccato. Ma Lui è venuto per salvare, non per condannare (Gv 3,17). Nelle sue parole possiamo intravedere una consolante promessa che riguarda tutti noi: la misericordia di Dio annulla ogni nostro debito e ci fa rinascere a vita nuova (Ef 2, 4-6). Il racconto evangelico annuncia che l’amore gratuito di Dio sana ogni ferita e ci fa entrare in una nuova condizione di vita. Ma quest’amore chiede all’uomo una corrispondenza: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (8,11). Chi s’incontra con la misericordia non può riprendere a percorrere i sentieri del peccato. La gratuità del perdono non esonera il peccatore dall’inevitabile fatica per cambiare decisamente la sua vita. In questo, la proposta evangelica non lascia dubbi né ammette sconti. Gesù non chiede di “fare attenzione” ma impone, con una formula assoluta, la necessità di rompere definitivamente con il peccato. L’amore di Dio diventa così una sfida esigente e liberante.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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