Maternità

L’Italia è un Paese per mamme?

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di Gabriele Soliani

Si avvicina la Festa della mamma. Ma qual è la situazione della maternità nel nostro Paese? I dati dimostrano che oggi è ancora molto difficile per una madre conciliare vita professionale e cura dei figli. Il ricorso al part-time per le mamme sembra una scelta quasi obbligata. Intanto le nascite continuano a calare.

Save the Children ha presentato uno studio “Le Equilibriste: la maternità in Italia” diffuso in occasione della Festa della mamma del prossimo 12 maggio. L’analisi mostra che sono quasi 10 milioni le donne con figli minorenni in Italia. Scelgono la maternità sempre più tardi (l’Italia è in cima alla classifica europea per anzianità delle donne al primo parto con una media di 31 anni) e devono sempre più spesso rinunciare a lavorare a causa degli impegni familiari (il 43,2% delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli minorenni risulta non occupata). Inoltre lamentano poco sostegno per chi decide di mettere al mondo un figlio e una scarsa rete di servizi per la prima infanzia, che costringe buona parte del 40,9% di madri con almeno un figlio, a scegliere un regime di part-time pur di continuare ad avere un’occupazione lavorativa. E infatti nascono sempre meno figli: nel 2018 il nostro Paese ha toccato il record negativo di 449mila nascite ed evidenzia un forte divario Nord-Sud per quanto riguarda la rete di sostegno.

Il percorso di nascita e la vita delle neomamme sono costellati di difficoltà e la crescita dei figli viene vissuta oggi come un impegno che ricade in gran parte sulle donne. C’è bisogno di una vera politica di sostegno alla genitorialità sul medio e lungo termine, come da anni diciamo.  Il report mostra una condizione ancora molto critica e include anche la ricerca ‘l’Indice delle Madri’, elaborata dall’ISTAT per Save the Children, che identifica le Regioni in cui la condizione delle madri è peggiore o migliore sulla base di 11 indicatori rispetto a tre diverse dimensioni: quella della cura, del lavoro e dei servizi. Le 449mila nascite nel 2018, 9mila in meno rispetto all’anno precedente, registrano la nona diminuzione consecutiva dal 2008. Le mamme italiane hanno pochi figli, con un numero medio per donna pari oggi a 1,32, ben lontano dai 2,38 del 1970. Diminuiscono le famiglie numerose (5,3%); più cospicua, quasi il doppio, la percentuale di famiglie con un solo genitore (10%, in prevalenza madri).

Leggi anche: In Italia sempre meno figli. Cosa accadrà nei prossimi decenni?

Emergono notevoli diseguaglianze tra territori che hanno comunque attivato politiche di sostegno, in particolare al lavoro femminile e ai servizi (prevalentemente al Nord), e territori invece ancora troppo carenti da questo punto di vista (soprattutto al Sud). Le Province autonome di Bolzano e Trento conservano negli anni i primi posti della classifica, seguite da Lombardia (3° posto, dall’8° dell’anno scorso), Valle D’Aosta (4°), Emilia Romagna (5°) e Friuli-Venezia Giulia (6°).

La Provincia di Bolzano in particolare, passa da un 11° posto nel 2008 ad un 1° nel 2017 che conserva anche nel 2018, principalmente per i miglioramenti attuati nel sistema dei servizi all’infanzia e nell’area della cura.

Tra le regioni del Mezzogiorno fanalino di coda della classifica, la Calabria risulta quella dove è più complicato essere madri e perde due posizioni rispetto al 2017, preceduta da Sicilia (20° posto), Campania (che pur attestandosi al 19° posto guadagna due posizioni rispetto al 2017), Basilicata (18°) e Puglia (17°).

Il divario Nord-Sud persiste anche nelle tre singole aree di indicatori prese in esame per ciascuna regione: cura, lavoro e servizi per l’infanzia.

La prima area, quella della cura, mostra discreti miglioramenti per tutte le regioni che hanno conquistato i primi posti come la Lombardia che oggi detiene il primato, ma nel 2017 si attestava al 3° posto o l’Emilia-Romagna che la segue, dopo aver guadagnato, dal 2017, ben due posizioni. La Provincia Autonoma di Bolzano, invece, dal 2017 perde una posizione, attestandosi al secondo posto. La Basilicata si attesta al fondo della classifica per quanto riguarda l’area della cura, preceduta da Molise che dal 2017 perde tre posizioni, Abruzzo (che si attesta al 19° posto) e Puglia che invece guadagna due posizioni dallo scorso anno. Da sottolineare i casi della Sicilia che nell’Indice della Cura occupa l’11° posto (18° posto nel 2008) e della Calabria al 14° posto (21° posto nel 2008). A partire dal 2008, molte delle regioni hanno risentito dell’abbassamento del tasso di fecondità registrato in tutta Italia.

La seconda area riguarda il lavoro femminile. Anche qui le Province autonome di Bolzano e Trento si confermano al primo e al terzo posto, con al secondo la Valle d’Aosta, seguite da Emilia-Romagna (4°), Lombardia (5°) e Veneto che passa dall’8° posto nel 2012 al 6° dell’anno scorso, confermato anche quest’anno. La Sicilia si attesta fanalino di coda preceduta da Calabria che perde una posizione (20° posto) a favore della Campania (19°), precedute da Puglia (18°) e Basilicata (17°).

I dati dimostrano che oggi è ancora molto difficile per una madre conciliare vita professionale e cura dei figli. Il ricorso al part-time per le mamme sembra una scelta quasi obbligata. Nella stessa fascia d’età (25-49 anni) ne usufruisce il 26,3% di quelle senza figli, mentre la percentuale sale al 40,9% tra le mamme. Tra le donne con un figlio lavora part-time il 38,5%, tra quelle con due figli il 42,9% e tra quelle con tre o più figli il 43,7%.

L’ultima area, quella che riguarda i servizi, permette di esaminare l’offerta territoriale delle nostre regioni rispetto ai principali servizi educativi per l’infanzia. Ancora una volta, la provincia di Trento si attesta al primo posto, seconda la Valle d’Aosta seguite da Friuli-Venezia Giulia (3° posto), Provincia autonoma di Bolzano (4°) e Toscana (5°). Per quanto riguarda i servizi, è la Sicilia che si attesta all’ultimo posto preceduta da Calabria (20°posto), Campania (19°), Lazio, in ascesa di tre posti (18°), e Puglia (17°).

Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-EU di Save the Children dice che: “Negli anni sono stati varati diversi interventi una tantum, ma di scarsa efficacia. C’è bisogno di una vera politica di sostegno alla genitorialità sul medio e lungo termine. Save the Children propone un intervento in 3 mosse: aiutare subito le mamme più in difficoltà, a partire dai primi mille giorni di vita del bambino, garantendo un sostegno emotivo e materiale, anche in sinergia con gli interventi di contrasto alla povertà; valorizzare le migliori esperienze del mondo del lavoro, garantendo un congedo di paternità di almeno 10 giorni per riequilibrare fin da subito i carichi di cura e introducendo un sistema di family audit nel settore privato; promuovere il benessere del bambino e della famiglia fin dalla prima infanzia, assicurando l’assegnazione del pediatra di base prima delle dimissioni post parto per una continuità di cura e garantendo a tutti i bambini il diritto ad accedere ai servizi educativi del sistema integrato 0-6 anni.”

La Chiesa cattolica da anni parla di “crisi della famiglia e della natalità” ma è sempre stata inascoltata. Ora altre associazioni alzano la voce e speriamo che questo faccia breccia nei programmi di una politica al servizio dei cittadini.




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