CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Amici per la pelle: non importa il colore. Una mamma lancia l’allarme

27 Maggio 2019

Nel blog di oggi, don Silvio attraverso la lettera di una mamma preoccupata per l’integrazione di suo figlio, ci aiuta a riflettere su una cultura che “non riconosce la diversità come una sfida da accogliere”.

Cari amici,

alcuni giorni fa ho ricevuto una lettera che condivido con voi, mi scrive una mamma preoccupata per suo figlio ma anche e soprattutto per il clima di intolleranza che occupa sempre più spazio nella vita sociale. Conosco bene la famiglia, per questo la vicenda ha suscitato inquietudine e preoccupazione. Apparentemente si tratta di una piccola cosa, in fondo non è accaduto niente di grave, niente rispetto alle notizie tragiche che spesso troviamo nella cronaca. È sbagliato, tuttavia, sottovalutare questi eventi perché sono il sintomo di un disagio sociale, l’espressione di una cultura che non riconosce più la diversità come una sfida da accogliere ma come un muro da abbattere. Non dobbiamo cedere nemmeno un millimetro alla cultura dell’odio.

Altra cosa è interrogarsi sulle cause che hanno generato e tuttora alimentano un modo di pensare e di agire che fa dello scontro la sua bandiera. Ma questo è un discorso che faremo in un altro momento. Oggi vi invito a leggere questa lettera in cui risuona la voce preoccupata di una mamma. È un tema molto importante. Mandatemi le vostre esperienze e considerazioni.

Don Silvio

 

Caro don Silvio,

ricordo che quand’ero bambina, all’ora di pranzo, spesso mia mamma allargava la tavola per fare posto ad un amico di mio padre che inaspettatamente varcava la porta di casa insieme a lui. Sulle prime, mia madre brontolava, ma poi, potevo osservare come si privava del suo cibo per darlo all’ospite di turno. Nella mia famiglia ho potuto sperimentare, insieme ai miei fratelli, la solidarietà, l’amicizia sincera, l’accoglienza, la gioia del ritrovarsi insieme.

Mio padre ha avuto tanti amici e li ha sempre portati a casa. Con loro spesso abbiamo condiviso un piatto di pasta e un bicchiere di vino. Alcuni di essi erano poveri, emarginati, disoccupati, immigrati. Ricordo che un giorno papà invitò a casa Giancarlo. Giancarlo era un clochard, faceva l’elemosina davanti alla Chiesa e tutte le domeniche ci fermavamo a chiacchierare con lui. Un’altra volta ancora condividemmo la mensa con Mujaidin, un uomo del Pakistan, venditore ambulante conosciuto in ospedale quando mio padre si ricoverò alcuni giorni per problemi di salute. Come dimenticare Coffè, Marc, Saliù, gli “amici africani” di mio zio Franco, che per alcuni anni hanno frequentato assiduamente casa nostra.

Il loro ricordo è ancora vivo e nitido nella mia mente e nel mio cuore. Oggi rendo grazie a Dio perché la mia famiglia è stata capace di lasciarmi in eredità non tesori della terra, dove tignola e ruggine consumano e ladri scassinano ma tesori del cielo: la condivisione, l’accoglienza dell’altro, il rispetto per la diversità, la fratellanza e la condivisione.

La differenza del colore della pelle non è mai stato un problema per me come per i miei familiari e non comprendevo, leggendo i libri di storia, perché i neri d’Africa e d’America fossero stati costretti nei secoli a subire vessazioni, sfruttamenti e discriminazioni razziali. Oggi sono mamma di un bambino di origine africana e vivo sulla mia pelle quello che un tempo leggevo sui libri di storia.

Il Signore ha voluto dare in dono a me e mio marito un figlio con la pelle nera. Nei ultimi tempi nostro figlio Tommaso fa fatica ad andare a scuola, lui che ci andava sempre così volentieri.. poi abbiamo capito..

In quegli stessi giorni ho letto sui giornali che la Commissione per le Adozioni Internazionali esprime profonda preoccupazione per i diversi episodi di razzismo nei confronti di quei figli adottivi che a causa del colore della pelle vengono fatti oggetto di atti di bullismo e vessazione.

Mi rendo conto che la diversità della pelle per alcuni, grandi e piccini, è un problema!

Mi era già capitato di assistere al parco, all’allontanamento di bambini e delle loro mamme dal nostro piccolo Tommaso, altre volte sembra di scorgere nei volti delle persone che incrociamo per strada il disprezzo e il fastidio. Ma il problema dell’integrazione scolastica non pensavamo di doverlo già affrontare, siccome nostro figlio frequenta solo la scuola dell’infanzia. Ma un giorno all’uscita di scuola mi dice nervoso: “mamma i miei amici Gianluca e Nicola non mi inviteranno alla loro festa di compleanno perché ho la faccia marrone”.

Uno schiaffo al cuore! Alzo gli occhi e incrocio quelli di mio marito, che è alquanto sbalordito. Prego il Signore che questo figlio che ci è stato donato possa crescere serenamente, che possa fortificarsi nelle avversità della vita, ma che sia anche capace da grande di perdonare chi è accecato dall’odio razziale.

Ho spiegato a Tommaso che il colore della pelle non condiziona l’amicizia tra due persone e che nella pittura spesso la mescolanza di due colori forma un altro colore, altrettanto meraviglioso. Non è forse così anche nell’amicizia? Da due diversità possono nascere altre cose belle. Ma noi, “con la faccia bianca”, avremo la capacità di lasciarci mescolare? Di accogliere l’altro nella sua unicità e diversità?

I genitori sapranno comunicare ai loro figli l’amore per la vita, l’accoglienza per la diversità di cui l’altro è portatore, sapranno condividere la mensa e la vita con chi è diverso, proprio come hanno saputo fare i miei genitori?

Prego il Signore che nel suo cammino di vita Tommaso possa incontrare amici autentici, capaci di lasciarsi mescolare. Affido anche a te caro don Silvio questa intenzione e il nostro ministero genitoriale, non sempre facile.

Lettera firmata

 




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1 risposta su “Amici per la pelle: non importa il colore. Una mamma lancia l’allarme”

Carissimo Don Silvio,
sono Alfredo da Torre del Greco e scrivo perché fra pochi mesi abbraccerò mio figlio dalla pelle nera.
Anche io sono preoccupato per la sua integrazione nella società odierna non sempre preparata ad accogliere la diversità, vista il più delle volte come un qualcosa da eliminare che da accogliere.
Credo che il problema della diversità deve essere affrontato a vari livelli: in famiglia, a scuola e in ambito ecclesiale. Bisogna creare delle sinergie e delle strategie tra i genitori, gli educatori ed i testimoni della fede e diffondere la cultura della diversità.
Un caro saluto.
Alfredo.

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