6 luglio 2019

6 Luglio 2019

Originali non fotocopie

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,14-17)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Il commento

Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. Giovanni Battista è presentato come l’uomo che fa della penitenza il suo abito feriale. Non siamo dunque stupiti nel vedere che i suoi discepoli sono molto attenti nel praticare il digiuno e guardano con stupore e diffidenza quelli che non fanno altrettanto. La domanda affronta un capitolo assai importante ai loro occhi. È interessante però notare che si rivolgono a Gesù con grande rispetto; e difatti non criticano il suo insegnamento ma il comportamento dei discepoli. La risposta del Nazareno è davvero straordinaria perché non rinnega il digiuno – e difatti sarà sempre praticato nella Chiesa primitiva ed è tuttora ritenuto uno dei sentieri penitenziali – ma lo presenta in tutt’altra veste: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?” (9,15). Qui, come altrove, Gesù rivendica tanto la continuità quanto l’originalità. Camminare nel solco della tradizione non significa ripetere esattamente le cose già fatte ma viverle in modo nuovo, dando nuovo significato e nuovo vigore. Dare compimento alla storia antica (Mt 5,17) non significa portare a termine ma dare pienezza. Non si tratta di concludere ma di aprire una storia. È questo lo stile del Vangelo: la coscienza di far parte di una storia secolare s’intreccia con la consapevolezza che dobbiamo scrivere pagine nuove. La genetica c’insegna che ogni uomo è unico e irripetibile. Il battesimo, che ci ha reso “nuove creature” (2Cor 5,17), conferma e accresce il marchio dell’originalità.

“Tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie”, diceva Carlo Acutis, morto a soli 15 anni (1991-2006). Era un ragazzo curioso e appassionato di informatica ma il suo cuore era ben radicato in Dio, era un grande innamorato dell’Eucaristia. Una testimonianza recente come questa permette di capire che i santi non sono scrupolosi ripetitori o stravaganti innovatori. Sono piuttosto interpreti fedeli di quel Vangelo che in ogni epoca è capace di generare frutti sempre nuovi. Oggi chiediamo di essere profeti che sanno dire cose antiche in modo nuovo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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