Il terribile quotidiano

Un brindisi alla coscienza, l’avvocata della verità

di don Gianluca Coppola

Nell'Eterno gioco tra ciò che "senti", quel che è vero e ciò che qualcuno ti ha insegnato, c'è la coscienza. Che è esattamente la capacità di verità dell'uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della nostra esistenza, non "una" verità ma "la" verità.

Hai mai guardato il cielo? Fallo adesso! Cosa provi mentre lo guardi? Forse emozioni bellissime: pace, profondità e infinito. Altre volte l’immensità del cielo suscita in te impotenza e angoscia perché ciò che ci sovrasta non sappiamo sempre spiegarlo. E la paura allora aggancia la tristezza e il pensiero vola, sempre, a ciò che non c’è più, a quello che vorresti e non hai. Sai, anche la cosa più bella, se guardata con un cuore immerso nella confusione, nell’errore, nel peccato può partorire sensazioni terribili.  Perché un’interiorità compromessa può cambiare anche la bellezza e il senso di infinito. 

Quanta immondizia ingeriamo in immagini, conversazioni e musica cattiva. E in quanti altri passatempi inutili ci nascondiamo nel tentativo ostentato di alleggerire la nostra mente e i nostri pensieri, per liberarci dall’essenziale che pesa, come tutte le cose importanti. Violenza, demenzialità varie e impurità diventano la declinazione della nostra meraviglia. Spettacoli tormentati – perché il senso di libertà e felicità dura poco – di fronte ai quali, in una condizione di apertura alla Verità, non ci saremmo mai trovati. Eppure, è qualcosa che ormai ha contaminato e condiziona tutto il nostro tempo e la nostra realtà. Ma tutto ciò che osserviamo e ascoltiamo non ci lascia indifferenti, questo è ciò che il male vuole farci credere. Le cose di cui ci lasciamo circondare, soprattutto quelle a cui prestiamo la maggiore attenzione hanno l’effetto di cambiarci un po’ ad ogni passaggio. Così la violenza ci rende un po’ violenti, la banalità, banali, l’impurità, impuri, l’idolatria, idolatri. E qui veniamo al punto. 

Ciò che ci circonda, anche se fossimo circondati dagli squali in un mare in tempesta – e spesso le nostre vite non sono troppo distanti da simili condizioni di pericolo -, è la realtà che siamo chiamati a vivere. Il reale che siamo chiamati ad abitare. Dobbiamo smettere di cercare altro e altrove. Esso può diventare il luogo e il tempo della bellezza e della pace. Oppure il supplizio ingiusto di tutta una vita fatta di qualche momento di procurata euforia, qualche soddisfazione posticcia e molta, molta amarezza. 

Possiamo affrontare qualsiasi cosa, ma dobbiamo imparare a guardarle le cose. A guardarle dalla giusta angolazione e direi, anche, con occhi giusti, allenati al bello. A scuola abbiamo imparato a leggere, e se non avessimo avuto quegli insegnamenti sui rudimenti della scrittura e della lettura non avremmo potuto scoprire e realizzare tanti sogni e progetti. Così è anche in tutte le altre cose della vita. 

C’è una scuola che ci insegna a leggere la realtà. È la scuola della fede. La scuola della Chiesa. Quando abbiamo imparato a leggere e scrivere, all’inizio, qualcuno ha letto insieme a noi e ha guidato la nostra manina poi siamo stati capaci di farlo da soli. Anche nella fede è così. In principio qualcuno ci ha annunciato il Vangelo e abbiamo celebrato attraverso i Sacramenti la bellezza di essere cristiani, poi la Fede, diventata robusta e matura, ci ha introdotti nel tempo in cui si deve camminare da soli. 

Nell’Eterno gioco tra ciò che “senti”, quel che è vero e ciò che qualcuno ti ha insegnato, c’è la coscienza. Che è esattamente la capacità di verità dell’uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della nostra esistenza, non “una” verità ma “la” verità. Ed è proprio nella coscienza, la capacità di resistenza al male e il dovere di prendere la strada per la verità e di obbedirle. Ciò che non è la Verità ed esigenze e sentimenti non sono la misura di ciò che è bene. Per non parlare di chi crede di giustificare i propri errori e di mettere a tacere la coscienza in subbuglio, giustificandosi con gli errori o i peccati altrui. 

Anche il soldato islamico che si fa esplodere tra la folla per uccidersi e uccidere, pensa di farlo in “nome della coscienza”. O la madre convinta di non poter dar da mangiare al quarto figlio che porta in grembo e abortisce, lo fa “in coscienza”. Una volta ho avuto modo di ascoltare un amico psicoterapeuta che diceva che nessun avvenimento della vita può distruggerci davvero se siamo aiutati a interpretarlo in maniera corretta, secondo Dio. Pensa che la Croce di Cristo (la cosa più infame che l’uomo potesse architettare!) si è trasformata nello strumento di salvezza più sublime! E invece il nostro tempo è schiavo della supremazia della soggettività! C’è bisogno di rifiutare la banalità e la violenza, di ribellarsi alle ideologie mortifere che ci vogliono ignoranti e addormentati nella coscienza per riscoprire la bellezza di essere guidati da Dio.

Il cardinale Newman, che presto sarà santo, al riguardo scriveva parole inconfutabili: “Quando gli uomini si appellano ai diritti della coscienza, non intendono assolutamente i diritti del Creatore, né il dovere che, tanto nel pensiero come nell’azione, la creatura ha verso di Lui. Essi intendono il diritto di pensare, parlare, scrivere e agire secondo il proprio giudizio e il proprio umore senza darsi alcun pensiero di Dio (…) La coscienza ha diritti perché ha doveri; ma al giorno d’oggi, per una buona parte della gente, il diritto e la libertà di coscienza consistono proprio nello sbarazzarsi della coscienza, nell’ignorare il Legislatore e Giudice, nell’essere indipendenti da obblighi che non si vedono”.

In quante secche esistenziali si finisce perché ci si sbarazza della coscienza e relazioni malate, d’opportunismo, intente nella ricerca del solo piacere e di una bellezza, rettitudine e verità che in realtà esistono solo nella mente di chi prova a giustificarsi, ci circondano! Quanto male può fare a noi stessi e al prossimo una relazione sentimentale o di amicizia alimentata da ciò che mi serve e che mi potrà servire! Quante scorie malate vengono disperse nel mondo da chi odia la coscienza e rinuncia all’obbedienza perché con quella relazione pensa di potersi essere liberato del passato! Da chi convive, da chi tradisce, da chi osa separare ciò che Dio ha unito, da chi mente, da chi illude e si illude. No, quello non è amore. E soprattutto non è cattolicesimo!

Vuoi capire ancora meglio cos’è la coscienza? È l’avvocata della verità nel nostro cuore. “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore.  […] L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore. […] La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 16] (CCC 1776). 

Purtroppo per molti non significa più la responsabilità di ogni uomo nei confronti dell’altro, ma la totale indipendenza, l’assoluta autonomia. Il santuario della coscienza non è più sacro. E le conseguenze sono davanti ai nostri occhi in questo mondo devastato. Scappando dalla responsabilità nei confronti di Dio, infatti, l’uomo allontana il prossimo, anche se crede il contrario. Perché vivere nel proprio io vuol dire non prendersi cura dell’altro, non sentirsi corresponsabile per l’altro. La coscienza è l’originario vicario di Cristo, il Suo messaggero. E dentro di noi è scritto un principio che richiede obbedienza e rinvia a Lui, Cristo, il Re dei re.  

Come puoi guardare il cielo, come puoi guardare te stesso, come puoi guardare la grandiosità del creato con una coscienza alimentata solo da schifezze?! L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai risentimenti della colpevolezza e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore. 

Senza una coscienza buona e pura non è possibile essere misericordiosi. Infatti, “la carità “sgorga”, ad un tempo, “da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera” (CCC n. 1794). 

Bisogna passare dalla contro-parola alla Parola! Per “contro parola” si intende tutto quello che si oppone al bene e al bello, la parola è l’insegnamento del Vangelo ricevuto nella Chiesa.  

In questo tempo estivo invece di trascorrere le ore con il tuo smartphone, leggi un buon libro, o, perché no, il libro dei libri, la Sacra Scrittura. Guardati intorno, ammira la bellezza del Creato non attraverso un monitor a led, intavola un ragionamento con qualcuno che ne sa più di te, comincia ad avere il coraggio di farti guidare, scopri la preghiera: la più grande medicina per il cuore e per la mente! 
Forse il viaggio che ti sto proponendo è il più difficile di tutti, forse è il percorso più lungo (perché è il percorso di tutta una vita!) ma solo se si intraprende questo viaggio della costruzione di una retta coscienza, giorno dopo giorno, scelta giusta dopo scelta giusta, la tua vita potrà dirsi degna di essere vissuta. 
Non siamo soli. Avanti così! 




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