Le nozze dell’Agnello

di Assunta Scialdone

Sposereste una donna che vi tradisce? Gesù lo ha fatto

8 Agosto 2019

Cristo Sposo

Perché amare una che ti tradirà sempre? Perché amare chi ti sarà ingrato? Perché ostinarsi ad amare chi non ti ama e confonde il vero amore con le emozioni passeggere? Si può restare fedeli dopo una separazione? La risposta nella croce di Gesù.

Un giovane, dopo averla corteggiata, sceglie la sua Sposa. La cura dedicandosi a lei, ai suoi bisogni materiali e spirituali, aiutandola a prendere coscienza della propria dignità e del proprio valore. Ciò è testimoniato dal fatto stesso che egli l’ha scelta come sposa. In prossimità del matrimonio, però, più di qualche amico comincia a raccontargli cose strane e tristi riguardo alla sposa: lo ha tradito più volte! Del resto non c’è da stupirsi: lei discende da una famiglia di traditori, i suoi avi più volte hanno tradito e ciò è una storia nota. Si raccontava, addirittura, che anche all’origine della sua famiglia ci sia stato un tradimento. Il nostro giovane deve aspettarselo: una ragazza con una simile storia alle spalle non può che tradire! E continuerà a tradire. Sembra che non sappia fare altro. Così gli parlano gli amici (ma anche il nemico), chiedendosi e chiedendogli perché il giovane si deve spendere per lei? Perché continuare ad amarla? Più volte, in prossimità del matrimonio, si ripete allo sposo: “Lasciala! Non comprometterti con lei. Non ne uscirà nulla di buono. Sei destinato solo a soffrire! Ti tradisce e ti tradirà certamente in futuro!”. Il giovane cade in un’angoscia profonda che si percepisce anche fisicamente. Passa le notti assorto e ne esce provato. Che fare? Seguire il consiglio di chi lo invita a mandare tutto all’aria? Bisogna poi che faccia i conti con il fatto che egli si sente chiamato, tuttavia, alla missione di amare quella sposa traditrice: se non la dovesse amare lui, chi potrebbe farlo? Chi l’aiuterebbe? E sia! Le nozze si faranno. 

Fin qui arriva la storia non inventata perché quella raccontata è una storia vera. Cosa faremmo al suo posto? Molti tra noi considerano giusto annullare le nozze: sarebbe quanto meno ragionevole ai nostri occhi e secondo la nostra misura umana. Il giovane sposo, che intende la sua missione nei termini di insegnare l’amore alla sua sposa attraverso il suo amore, non si pone, forse, un obiettivo troppo alto? Ce la farà? Ce la può fare? Lo sposo in questione, i lettori più accorti lo avranno inteso, è Gesù e il matrimonio di cui si parla è quello con l’umanità traditrice che lo ha sempre tradito e sempre lo tradisce fin dall’origine: ricordate il racconto dei primi capitoli del libro della Genesi? Le nozze nel mondo ebraico erano lunghe e le sue erano iniziate già il giorno della sua incarnazione, per opera dello Spirito Santo, nel grembo di una giovane fanciulla di Nazaret, Maria. Erano state annunciate già quando Dio Padre aveva pronunciato una promessa di redenzione nella Genesi. Ma l’umanità, il popolo d’Israele, lo aveva tradito seguendo un misero “serpentello” che prometteva felicità ingannevole. Il serpente è astuto nel senso del linguaggio biblico: è intelligente e sembra saggio ma nell’accezione negativa. Esso è cioè colui che immerge nella realtà senza accompagnare e senza dare le categorie per affrontarla. 

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Molto tempo era passato da quella promessa. Dio Padre aveva sempre cercato di instaurare un’alleanza con l’umanità. Ma questa, nonostante le buone intenzioni, aveva dimostrato di non saper amare. Spesso, troppe volte, aveva tradito il suo amore ed era venuta meno ai patti. Finalmente, la promessa sarà portata a compimento da Gesù, lo Sposo, al momento dell’incarnazione. Gesù-Sposo assume la carne umana per propria libera iniziativa, senza alcuna costrizione. Cristo, prima di incarnarsi, pronuncia il suo “Sì”, intra-trinitario, libero. Tale consenso è riportato dall’autore della lettera agli Ebrei, nella quale si afferma che: «Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato”. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”» (Eb 10,5-7). A questo “sì” risponde l’“eccomi”, altrettanto libero, di Maria. All’annuncio dell’arcangelo Gabriele, la Vergine risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). È in questa risposta libera che si ha la partecipazione dell’umanità e l’inizio delle nozze tra Dio e il genere umano: due libere volontà che si donano reciprocamente. Lo Sposo/Gesù mostra tutto l’amore per la sua Chiesa/Sposa anche quando, un giorno, ebbe a dire: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me” (Mt 15,8). Nonostante sappia e veda ciò, lo Sposo decide di continuare ad amare la Sposa. Nella notte del Getsemani vive un momento di grande buio e sofferenza a causa dell’amata. Tutto lo conduce ad abbandonarla, a rompere le nozze iniziate il giorno dell’incarnazione. Perché amare una che ti tradirà sempre? Perché amare chi ti sarà ingrato? Perché ostinarsi ad amare chi non ti ama e confonde il vero amore con le emozioni passeggere? La grande sofferenza di quella notte lo porta a sudare sangue. 

Qualche pensatore ha immaginato che in quella notte il “serpentello” gli si sia posto innanzi e gli abbia fatto intravedere tutti gli scempi e i danni, le ingiustizie e le guerre che la sua Sposa, la Chiesa, avrebbe compiuto credendo di agire nel suo nome: le crociate, la caccia alle streghe, le persecuzioni immotivate, il tribunale della Santa inquisizione. Proprio nell’apice della sofferenza e dell’abbandono più totale, quando anche i suoi amici si erano addormentati non comprendendo la sua solitudine, decide di pronunciare nuovamente il suo Sì: “È per quest’ora che sono nato”; “Padre non la mia, ma la Tua volontà sia fatta”. Questo nuovo “sì” lo condurrà sulla croce con chiodi alle mani ed ai piedi per un’agonia di sei ore. In questa interminabile agonia lo Sposo si sente abbandonato anche dal Padre. Perché è lui, in prima persona, a dover scegliere di unirsi alla Sposa e non altri. E la Sposa? C’è chi ha intravisto nella lancia del centurione romano che squarcia il costato di Cristo, l’ennesimo “no” della Sposa/umanità. La Scrittura ci riferisce che ne uscì sangue ad acqua bagnando chi era con lui sotto la croce. Maria e Giovanni vengono bagnati dall’amore dello sposo. Maria e Giovanni sono segno della Chiesa/Sposa che non rifiuta l’amore, non pronuncia il no ma dice sì a quelle nozze ancor più grandi e più alte di quel sì dell’incarnazione. Ma è quel Dio inchiodato in croce che colpisce noi oggi: dalla croce, Egli, infatti, ci mostra l’essenza del vero amore. 

Un amore non basato sulle emozioni momentanee ma un amore che è disposto a donare tutto se stesso per il bene della Sposa, fino all’ultima goccia di sangue. E lo fa dopo l’ultimo abbandono, nella maniera più gratuita possibile, senza avere nulla in cambio se non una solitudine anche “sovrumana”. Qualcuno potrebbe obiettare che questo tipo d’amore è impossibile. È un peso troppo grande da portare. Lo Sposo, però, non chiede mai cose impossibili da realizzare altrimenti sarebbe un “menzognero”, come il “serpentello”, mentre noi tutti sappiamo che non è così. Egli ci chiede di fidarci. Voi tutti che siete affaticati ed oppressi, venite a Me, io vi ristorerò e vi darò la forza di affrontare i dolori della vita. Ai vedovi, ai separati, a coloro che portano una grande sofferenza dice: voi siete nella ferita del mio cuore. Nella parte più intima. Nel luogo dell’amore profondo e vero. Rimanete fedeli a Me ed Io trasformerò il vostro lamento in gioia. La vostra lacerazione in gloria. La vostra sofferenza in diademi della corona che indosserete nel mio regno in quanto figli fedeli di un Re. Non siete soli. Io, il solo e il rifiutato per eccellenza, vi comprendo e vi condurrò sui pascoli erbosi se mi sarete fedeli. Ecco allora che l’amore del separato è “icona” di Gesù che sulla croce va oltre la colpa di chi l’ha ucciso: “Padre, perdona loro” perché non sanno quel che fanno. Come ha scritto Mons. Bonetti: “Se il sacramento delle nozze attualizza il rapporto sponsale di Gesù con la Chiesa, i separati sono il segno di questo Gesù abbandonato, il segno visibile del separato fedele che è Gesù”. È l’identità dei separati o dei divorziati che scelgono di non “rifarsi una vita” (come erroneamente si dice, perché essi una vita ce l’hanno!) scaturisce proprio dal sacramento delle nozze nel quale Gesù si lega ai due sposi. Da questo punto di vista, ci si può separare dal coniuge ma non da Gesù. Allora il separato che continua a vivere la dimensione cristica del suo matrimonio potrebbe avere la possibilità di diventare annuncio di nozze per tutti gli sposi. Il senso della loro vita, infatti, non si esaurisce sulla terra, ma trova pienezza nelle nozze con Dio. Ovviamente non da soli e non con le sole proprie forze. È, infatti, grazie a quel giovane sposo che ha deciso di morire per ognuno di noi che oggi possiamo vivere un’esistenza non disperata e depressa ma invasa dal profumo del vero Amore: il Suo.




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