11 settembre 2019

11 Settembre 2019

Prendere o lasciare!

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,20-26)
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Il commento

Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati” (6,21). L’uomo è fatto per la felicità, la cerca avidamente, può rinunciare a tutto ma non ad essere felice. Tutto quello che fa nasce da un desiderio di felicità. Anche Gesù è interessato alla nostra gioia, anche Lui vuole renderci felici ma i sentieri che propone sono diversi da quelli che l’uomo istintivamente cerca. Gesù infatti dichiara beati i poveri, gli affamati, quelli che piangono e coloro che sono odiati e disprezzati. Facciamo fatica a seguire questo insegnamento. Sappiamo bene che la vita non è semplice e siamo disposti ad accettare le difficoltà ma … non riusciamo a capire perché dobbiamo partire con l’idea che tutto va male e dichiarare beati coloro che, a conti fatti, sono più disgraziati e sfortunati. Questo è il Vangelo: prendere o lasciare! Nel Vangelo di Luca l’annuncio delle beatitudini assume una forza ancora più radicale: la povertà di cui parla è quella di chi non ha proprio nulla, la fame specifica che non ha nemmeno il pane quotidiano; le lacrime sono il segno di un disagio o di una tristezza, anzi del lutto; e infine l’insulto e la derisione come segno della più totale mancanza di stima. L’iniziale sorpresa diventa sconcerto.

Il Vangelo offre un’immagine esattamente contraria a quella che noi cerchiamo. Ma proprio per questo dona una sapienza che la ragione non può conoscere. Con un linguaggio ruvido invita a non assolutizzare alcuna cosa: quando l’uomo ripone la sua gioia nelle cose o nelle persone, finisce per chiudersi in esse, senza più cercare Colui che è la fonte di ogni cosa. Quanta gente si ferma stupita dinanzi alla bellezza del creato e dimentica Colui che ha fatto tutto questo. Il Vangelo chiede di non riempire la vita di cose o di piaceri effimeri e ricorda che solo Dio può darci quella gioia che dura per sempre. Chi entra in questa logica impara a gustare anche le più piccole cose come un riflesso e una primizia di quelle eterne, impara vivere ogni cosa come un dono che viene da Dio e conduce a Dio. Restiamo attaccati a questa Parola e non alle sirene di quella cultura che, riempiendo la vita di cose, fa dell’uomo stesso una cosa.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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