Sinodo sulla Famiglia

La Chiesa non abbandonerà la famiglia

Quello che i giornali non hanno detto

Sinodo

(© Alberto Luccaroni -Wikipedia.com)

di Silvio Longobardi

Sinodo sulla famiglia - Non è stato un referendum sulla comunione ai divorziati. Anche se i media l’hanno presentato così. E anche se alcuni Vescovi, nelle interviste, hanno dato eccessivo spazio a questo tema, cadendo nella trappola tesa dai professionisti della comunicazione.

Il Sinodo ha parlato alla famiglia, ad ogni famiglia, a tutte le famiglie. Ha ringraziato anzitutto gli sposi che hanno accettato la sfida dell’amore e la vivono con generosa fedeltà. Se venisse a mancare questo impegno, la società sarebbe più povera di umanità. La famiglia, ha sintetizzato il cardinale Bagnasco nella recente prolusione alla CEI, è “Chiesa domestica, grembo della vita, palestra di umanità e di fede, soggetto portante della vita sociale”. Il Sinodo ha ribadito che la Chiesa non abbandona la famiglia, anzi la sostiene e incoraggia tutti coloro che hanno responsabilità, nella vita ecclesiale come in quella civile, ad attivare iniziative concrete a favore della famiglia.

Il Sinodo ha constatato che “il desiderio di famiglia resta vivo, in specie tra i giovani” ma ha bisogno di essere accompagnato attraverso itinerari di preparazione al matrimonio capaci di suscitare e fortificare la fede. Una raccomandazione non nuova, almeno per la pastorale familiare in Italia, ma che richiede maggiori e più qualificate energie. Questo impegno è reso più urgente da una cultura dell’affettività che esalta la relazione e rifiuta i legami. In questo contesto si diffonde quella “fragilità affettiva” che impoverisce la vita di una coppia e spesso conduce alla separazione. Con le conseguenze educative e i costi sociali che tutti possiamo vedere.

Famiglie, vi ringraziamo a nome nostro, come Pastori, che ben conoscono i sacrifici che fate ogni giorno con dignità ammirevole; vi ringraziamo a nome della comunità cristiana, di cui moltissime di voi sono parte viva e attiva; vi ringraziamo – nessuno si adombri – anche a nome del Paese, perché siete titolo di onore e di speranza per la nostra Terra. Si parla a volte di “familismo” italiano: se gli eccessi non fanno bene in nessuna cosa, il forte senso della famiglia deve renderci fieri in Italia e all’estero.
Card. Angelo Bagnasco, 10 novembre 2014

L’assemblea sinodale ha rivolto un particolare pensiero ai bambini che sono i soggetti più deboli della comunità domestica. Il bene dei figli dovrebbe essere il criterio che regola la vita domestica, troppe volte sono proprio loro a portare il peso del fallimento coniugale. I figli, ha detto Bagnasco, “non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere”. I figli, ha aggiunto il porporato, “hanno diritto a un papà e a una mamma”. Un’affermazione semplice e quasi scontata, in altri tempi. Non quelli di oggi. Sarebbe bene scriverlo nei prossimi documenti che riguardano la famiglia.

Dal Sinodo non possiamo attenderci un trattato sulla famiglia ma, da presbitero che segue con attenzione la vita e i problemi della realtà domestica, avrei desiderato trovare altri argomenti nelle pagine del documento finale. Sarebbe stato opportuno fare un esplicito accenno al fidanzamento, inteso come tempo prezioso per attuare quell’educazione affettiva che prepara i giovani a intrecciare il cuore e la mente e insegna loro a scrivere una storia che porta un’unica firma, quella del noi. Avrei desiderato trovare una parola di incoraggiamento alle persone vedove che sono costrette a vivere una solitudine che non hanno cercato. Avrei desiderato una parola più forte ed incisiva per le famiglie che “accolgono, educano e circondano del loro affetto i figli diversamente abili” (n. 57). Troppo poco se pensiamo al numero delle persone coinvolte e al dramma che spesso si trovano a vivere. Sono sposi e famiglie particolarmente fragili che non possono partecipare attivamente alla vita della comunità ecclesiale e, se non ricevono specifici aiuti, sono costretti a rinunciare anche alla mensa eucaristica.
Non avrei desiderato, lo scrivo con quella parresia chiesta da Papa Francesco, leggere nel documento due paragrafi dedicati alla condizione omosessuale. Uno spazio notevole, molto più ampio di quello dato ad altre e più importanti problematiche della comunità domestica. È certamente un tema importante e da affrontare. Ma in altra sede. Anche per evitare di confondere la gente, costretta a respirare un’aria inquinata da una cultura che azzera ogni differenza.
Il Sinodo continua. Ancora un anno per accordare gli strumenti, condividere le voci, raccogliere le esperienze. Un anno che non dobbiamo lasciare solo ai vescovi e ai teologi. Diamo la parola anche agli sposi. In fondo, sono loro i veri protagonisti di questa faticosa e affascinante stagione della vita ecclesiale.




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