Editoriale

Senza relazioni autentiche, inutile pensare di educare

Pubblicato da adpfp1 il


di Giovanna Abbagnara


Tanti i punti di forza nella Scuola di oggi e tante le criticità, ma il monito più grande va a noi genitori.

Qual è la percezione che ho della scuola oggi? Turn-over di insegnanti precari, burn-out di docenti, classi sovraffollate, gestione degli studenti stranieri spesso pressapochista, selezione degli insegnanti inadeguata e priva di criteri stabili. Quale percezione hanno gli studenti della scuola oggi? Dare poco o dare molto non importa tanto non bocciano più nessuno, mancanza di rispetto per gli insegnanti che se eccessivamente severi si meritano il benservito da genitori super-protettivi, modo di vestire che esprime pienamente la libertà di pensiero. Ma possiamo limitarci a fare una disamina delle cose che non vanno e che funzionano nella scuola italiana senza mai venirne a capo veramente forse perché non centriamo il cuore del problema principale.

Se ripenso alla mia esperienza di alunna mi rendo conto che nel percorso scolastico ho dato molto e imparato tanto ogni qualvolta ho intrapreso con i professori di turno relazioni autentiche. Ogni qualvolta un professore si è preso cura di me, cioè si è pre-occupato della mia crescita e del mio desiderio di apprendere cose nuove anzi è stato responsabile proprio di aver acceso in me il desiderio di imparare. Come ad esempio la mia maestra Maria, in quarta elementare volle che partecipassi ad un concorso di poesia. Non mi ero mai cimentata in quella materia ma con amore lei, che amava la poesia, insistette perché prendessi parte a quel concorso tra i plessi scolastici della mia città. Ricordo che mi impegnai molto, spinta soprattutto dalla fiducia che la maestra riponeva in me. E poi gli eterni battibecchi con il prof ateo di filosofia al liceo che in ogni modo cercava di scardinare le mie certezze nella fede, con il risultato di obbligarmi a testimoniare con la vita quello che dicevo con le parole. Contemporaneamente alla scuola, ricevevo in famiglia e poi nell’ambiente della mia parrocchia la stessa cura da parte dei miei genitori e del mio parroco.

Ho fatto riferimento direttamente alla mia vita perché da adulta riconosco di avere avuto educatori che si sono presi cura del mio sviluppo come persona. Educatori non preoccupati delle prestazioni ma delle relazioni. Il monito più grande va senza dubbio a noi genitori. Lo stress da primo della classe o dalla parte opposta il disinteresse completo per quello che un figlio fa a scuola, non permette ad un ragazzo di poter germogliare dando il meglio di quello che può. Poiché siamo molto latitanti nella relazione con i nostri figli non perché siamo assenti ma perché abbiamo smesso di essere per loro un punto di riferimento, incolparli o lodarli fino alla nausea per la scuola è l’unica cosa degna di nota dell’attività genitoriale che ci resta.

È tempo che ci riappropriamo del nostro ruolo e magari cerchiamo di costruire una seria relazione anche con i professori dei nostri figli che trascorrono con loro buona parte del tempo. Il metodo educativo e i valori di cui si fanno portavoce devono interessarci. Se aggiungiamo anche il fatto che il mainstream del pensiero dominante è entrato nelle proposte formative attraverso il placet del Ministero dell’Istruzione, senza il nostro permesso e senza la nostra opinione, forse il problema diventa davvero serio. Se poi in un istituto di scuola superiore si preferisce togliere le porte davanti ai bagni per evitare prestazioni sessuali durante le ore di scuola invece di indire un’assemblea con i genitori per parlare del problema, comportandosi spesso e volentieri come struzzi, allora la situazione è grave. Nessun allarmismo, si dice tra le pagine di questo dossier ma neanche un beato nostalgico “Oggi i tempi non sono più quelli di prima”. Le tecnologie, i nuovi media possono costituire una risorsa inimmaginabile, a patto che si torni ad educare. Tutti.

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