Fra passato e futuro

di Francesco Paolo Occhiogrosso

Da Bari la proposta di un’adozione “mite”

L’adozione mite vuole essere una risposta per i casi di quei bambini definiti “nel limbo” cioè da una parte legati alla famiglia di origine e dall’altra alla famiglia affidataria.
Quando parliamo di affidamento dobbiamo operare una scissione e distinguere l’affidamento familiare temporaneo previsto dalla legge e l’affidamento che invece appartiene alle zone grigie, per i quali già dall’inizio i servizi sanno che molto difficilmente, malgrado l’impegno che porranno nella realizzazione della attività di recupero, si potrà realizzare davvero un rientro.
In questo contesto si inserisce la soluzione di un’adozione mite.
La prima idea dell’adozione mite è nata a Bari nel giugno del 2003 sulla base del parziale insuccesso della legislazione sull’affidamento familiare ed anche per l’esigenza di procedere più decisamente verso la deistituzionalizzazione,  la Puglia è infatti una delle regioni tra le poche italiane che hanno ancora minori in istituto.
I presupposti sono questi: il numero dei bambini adottabili tende a diminuire a conferma delle situazioni di abbandono; mentre, invece, gli aspiranti adottandi sono molti, anzi il loro numero è crescente; contro le 250 domande il numero  delle adozioni legittimanti  non superano le 30/35 l’anno e, quindi, rimane una larghissima fascia di persone che non ottengono l’adozione; infine nel 58% dei casi non si tratta di affidamenti familiari puri ma sono affidamenti familiari che celano delle adozioni di fatto, cioè dei legami affettivi che non sono da adottabilità piena ma che comportano l’incapacità della famiglia di origine di reggere questo rapporto. Quest’ultimi sono appunto i bambini del limbo, i bambini che abbiamo detto sono in parte figli della famiglia di origine ed in parte figli dell’altra famiglia.
Quando ci siamo trovati di fronte  ad affidamenti familiari che duravano da cinque, sei anni, abbiamo chiamato le coppie affidatarie ed abbiamo suggerito loro di fare una domanda di adozione. Ma in non pochi casi ci siamo trovati di fronte ad un rifiuto perché l’impegno che la famiglia aveva posto era solo all’affidamento familiare e non l’adozione.

La sperimentazione

Sono ormai oltre 200 le persone che hanno fatto domanda di adozione mite in questi tre anni di sperimentazione. Tra queste facciamo una comparazione, selezioniamo la coppia migliore e la proponiamo, con verifica e controllo dal pubblico ministero, perché l’abbinamento avvenga con la coppia migliore possibile o il singolo, se si è creato un legame particolare di questo genere, ed in questi casi prospettiamo alla famiglia la prospettiva di realizzare l’affidamento familiare giudiziario che seguiamo per il tempo necessario. Perché facciamo la comparazione? Per evitare quello che è stato oggetto di varie lamentele, cioè quello che spesso i tribunali, vedi Venezia, vedi Milano ecc…, per procedere all’affidamento preadottivo sottraggono i bambini dalla famiglia affidataria in cui hanno vissuto già qualche anno per darlo ad una nuova famiglia. Noi riteniamo che questo non sia un modo positivo di agire, riteniamo che debba essere garantita la continuità affettiva, ma per essere certi che quella coppia sia la migliore possibile chiediamo ai servizi collaborazione. Ma come diciamo anche nel protocollo di intesa il nostro fine non è quello di fare l’adozione, il nostro fine è quello di progettare, di prevedere un progetto per il futuro del bambino, quando ci accorgiamo che questo non sia avvenuto, che sia carente ed insufficiente, ci poniamo il problema di quale futuro si debba dare al bambino.

Acquisire leggittimità

Quali sono gli effetti di questa adozione non leggittimante? Sono quelli che può essere pronunciata non solo a favore di una coppia ma anche di un singolo senza nessun limite di età, si realizza con il consenso degli adottanti e poi non interrompe il rapporto di filiazione, ma aggiunge una doppia condizione. D’altra parte quello che mi porta a pensare a favore di quest’adozione è anche la considerazione che essa è cosa diversa dall’adozione legittimante, quindi non copre lo spazio dell’adozione legittimante, e d’altra parte non stigmatizza la famiglia di origine con un decreto di adottabilità nell’ambito del quale dovrebbe essere necessariamente etichettata come inadeguata, incapace ed indegna di essere famiglia, ma aiuta, invece, il cammino verso una giurisdizione di conciliazione che è il presupposto verso cui ci poniamo. Dall’altra parte garantisce il diritto di difesa della famiglia di origine sia con la possibilità di un contraddittorio che esiste sempre sia con la possibilità di un’impugnazione che quando è necessaria venga fatta. In conclusione voglio indicare questo dato che in questi 34 mesi, circa 3 anni di sperimentazione, grazie a questo tipo di intervento sono rientrati in famiglia 37 minori, sono stati 94 quelli collocati in affidamento familiare, 64 sono stati i minori adottati con adozione legittimante e 265 sono state le domande di adozione mite. Di quelle 64 la metà sono state adozioni consensuali. >




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